sabato 21 dicembre 2013

Risalire

Non è difficile scendere sul fondo del pozzo, difficile è fare le dovute considerazioni per razionalizzare al meglio i passi successivi, che potrebbero far valutare correttamente le possibilità di risalire.
Il problema più articolato non è tanto dato dalla profondità del pozzo e, quindi, dalla distanza fra la i due punti di appoggio, quello basso e quello alto, il problema, dicevamo, è dato dal valutare con la necessaria precisione quanto sia ripida la via del ritorno e se ci siano i dovuti punti di appoggio che ci consentano di fare il percorso inverso.
Credo che sia per questo motivo che i nostri nonni affermavano che per cadere ci vuole poco, per rialzarsi ci potrebbe volere tutta la vita.

venerdì 20 dicembre 2013

Fondo

Il fondo è un concetto astratto, subordinato alla filosofia dell'inesistenza, assimilabile alla fine che non c'è mai, tanto da dubitare che abiti veramente lì, nello stesso fondo del fondo.
Il fondo assume forma e sostanza sono nel caffé, in tal caso diventa plurale e oggetto di lettura, ispiratore dl pluralismo di fondo. 
Spesso il fondo è in materiale scavabile, fra due punti di uno stesso fondo esistono infinite pale. Stabilire confini al fondo è praticamente impossibile.
Se pieno d'acqua, a fondo si affonda, col fioretto si "a fondo".
In fondo anche il fondo non è così fondo come si vuol far credere, a volte lo è di più, a volte di meno. Questa peculiarità incommensurabile, lo rende astratto....
Fondo è anche il presente indicativo della liquefazione dei metalli..... voce di una lamentela sociale per il passaggio da uno stato all'altro, senza che quseto comporti cambiare cittadinanza.
Non degni di nota sono coloro che affermano di aver toccato il fondo, il fondo non si tocca, fra la mano e il fondo sono presenti infiniti punti. 
Ma, in fondo, se si vuole veramente sopravvivere è meglio riferirsi a uncioccolato fondente, piuttosto che a un dubbio fondante.

martedì 17 dicembre 2013

Visioni cosmiche


Esistono forme di vita anche più in là del mezzo metro che ci circonda....

lunedì 16 dicembre 2013

Preavvisi

Ho visto un uomo che moriva per amore..... glielo avevo detto di starne alla larga...

Sincerità

Mi piacerebbe conoscere quel cretino che ha stabilito che la sincerità sia annoverata fra le virtù.
Come tutte le caratteristiche comportamentali, anche la sincerità ha una lama doppia, che rischia di portare tagli alla nostra anima, oltre che alla nostra vita.
La sincerità è un mito strettamente correlato a un altro mito fortissimo della nostra decadente società: il mito della verità. Pare che tutto ciò che appartiene a queste due categorie sia bene.
La netta divisione fra bene e male e le categorie accataste quando all'una, quando all'altra, quando non agli esatti contrari, che però passano per entità negative, poichè contrapposte a quelle benevole, tale divisione, dicevamo, rischia di generare integralismi che sono indegni dell'essere umano.
Oltretutto, la sincerità vanta la presunzione di descrivere la verità, come se si trattasse di un bene assoluto la cui univocità è indiscussa e indiscutibile.
Come sanno ormai anche i bambini, la verità è un fatto talmente soggettivo che anche nella giurisprudenza si parla di verosimile, poichè la raccolta degli elementi che la compongono non risponde mai a parametri assoluti.
La sincerità è quindi una categoria che mina la verità con la propria interpretazione di ciò che appare, contrapposto a ciò che è, ma non si sa.... o quanto meno non si può decifrare in senso assoluto, ma solo relativo.
Non che gli antagonisti godano di privilegi migliori, ma in questo momento il focus è orientato verso il falso bene generato dalla sincerità.
Non è un caso che fin da epoche remote, si invitava a fare esercizio comportamentale cum granu salis, a definire l'impossibilità di un approccio perfetto, peculiarità riconducibile solo agli dei, che non avevano fatto dono della perfezione ai mortali.
Con buona pace dei buoni sentimenti, dovremmo prendere atto che la verità è sempre relativa e che di solito facciamo nostra quella che sentiamo più vicina, ma solo perchè risponde meglio alle nostre esigenze del momento..... col mutare delle esigenze anche le verità si adeguano.

Uno e più.

Chi non è mai restato affascinato dagli echi monodiaci del canto gregoriano è un babbeo.
In realtà la spiritualità correlata al'andamento dell'unica linea melodica di queste preghiere in musica coinvolge l'ascoltatore con la sua semplicità tematica e lo avvicina a schemi che sollevano lo spirito oltre la normale soglia delle miserie umane, per nutrire con pascoli più lussureggianti l'anima.
L'uno è fatto così, avvicina alla meditazione, alimenta il pensiero alto e la capacità di elaborarlo.
Ma poi l'uomo creò la polifonia, la lode a Dio a più voci, ciascuna che seguiva una sua propria linea, che realizzava una perfetta armonia, impastandosi con le altre voci, portando godimento al corpo, oltre che nutrimento allo spirito.
Laddove le singole note tutte uguali per tutte le voci che componevano il coro, incoraggiavano la preghiera per il fine comune, allo stesso modo la polifonia mascherava da preghiera un sordido desiderio di piacere individuale, mediante accoppiamenti illeciti di voci, taluni contro natura. 
Un appetito che non fu più possibile saziare e che, anzi, generò composizioni sempre più ardite a quattro, cinque, sei e più voci..... una vera orgia di suoni, lasciva e peccaminosa.
La polifonia ha invaso le orecchie e i cuori di tutti col suo fascino di sfida di un ordine immutato nei secoli, che si era ritenuto, fino ad allora, immutabile.
Il fascino delle deviazioni che concorrono comunque a un risultato finale degno, forse ha allontanato l'umanità da quel dio assoluto, ma forse (e dico forse) ha posto l'uomo in una posizione molto più vicina alla propria essenza, fornendogli un metodo in più per conoscersi e capire che non esiste una sola strada.



domenica 8 dicembre 2013

Parametri

Se il vuoto è ignoranza, il pieno è un lusso.

Dei buoni sentimenti.

Perchè non le credo?
È una buona domanda, me lo sono domandato spesso anche io.
Ma la risposta è semplice: perchè non è un maschio.

Il gioco è un azzardo

Le anfrettamine gli avevano accelerato il cuore oltre il limite consentito dalle leggi della California e lo avevano costretto a emigrare in Nevada, un esodo d'azzardo, in fretta e furia, non avendo con sé denari sufficienti per pagarsi un appartamento, era costretto a vivere nella sua roulette.... le carte si erano tutte scombinate. Lasso giaceva l'asso...
Sette o undici non faceva differenza alcuna, la verità era diventata scottante e ustionava tutte le fredde bugie, mal celate e ben mostrate.  Per troppo tempo il fuoco si era preso cura di lei.... la febbre era un saliscendi imprevedibile, in modo irregolare si affacciava nelle varie parti del corpo, ai piedi scendeva, in bocca saliva.
Tutto era uno, due, tre e quattro, solo alcune volte la tessera era anche stella.
Più spesso la solitudine era pronta sullo zero e non c'erano piatti per nessuno, né pari né dispari, rossi o neri.
Tutto era alternativo, anche la corrente.alternata.
Quei tempi passavano, all'imperfetto, ma passavano. Tutto era indicativo della situazione, più raramente congiuntivo, se non quando confezionava i pacchi postali da spedire.
Le congiunzioni nasali si giocavano su sinusoidi e sinusiti, ma nulla poteva essere immediato se non l'imperativo.
In fondo era nascosto tutto lì, il Re era nudo e doveva essere maggiore.

lunedì 25 novembre 2013

Le battaglie e la civiltà.

No alla violenza sulle donne? Certo, che ovvietà.
Mi incuriosisce sapere a quale violenza vogliamo dire di sì, a quella sui bambini? A quella sui diversi? A quella sui lavoratori? A quella sui cittadini onesti? A quella gratuita nelle strade? A quella demenziale negli stadi? A quella su pacifici manifestanti? A quella sui deboli? A quella sugli oppressi? Quella sugli ebrei? Quella sui neri? Quella sui poveri? A quella sugli uomini?
Quale violenza vogliamo approvare, ne esiste qualcuna?
Quella delle banche? Quella dei corrotti? Quella dei prepotenti? Quella dei potenti? Quella degli estremisti benpensanti? Quella degli esportatori di democrazia? Quella delle "forze dell'ordine"? Quella dei controllori della pace? Quella delle Chiese? Quella dei manipolatori dell'informazione? Quella dei fomentatori di futile odio? Quella dei razzisti? Quella di chi non ha altro modo per affermarsi.... ?
Forse (sottolineo forse) una esiste, ma pochi desidererebbero esercitarla, ci potrebbe essere il rischio concreto di diventare persone libere, la libertà è molto violenta, e la violenza va condannata in tutte le sue forme e manifestazioni.

giovedì 14 novembre 2013

Orizzonti nuovi

Avevamo parlato tutto il pomeriggio dei grandi temi della vita ed eravamo volati così in alto che avevamo dovuto comprimere la stanza. L'amore può convivere e sopravvivere come attributo del possesso? Viene prima la libertà o la libertà è un elemento che va modulato a seconda delle situazioni? In estrema sintesi la libertà è un diritto alienabile? E la passionalità è una valida attenutante per fare senza pensare? Chissà quanti prima di noi si sono avventurati su questo stessi sentieri, senza trovare la meta, la troveremo? Possibile che non abbiamo un'idea chiara di quello che vorremmo identificare come Dio? Ci somiglia, non ci somiglia, cambia col nostro cambiamento....?
La guardai con aria interrogativa.
"Appunto!" disse lei con lo sguardo assente, quasi annoiato, mentre temperava una matita.

venerdì 8 novembre 2013

Risposte riposte

Abito qui da quindici anni e non ho preso cattive abitudini, neppure quando ti ho conosciuto, anche se ne avrei avuto motivo. 
Pensa a come sono stato bravo e forte, equilibrato e assennato, mai e poi mai mi sono lasciato andare.
Ma tu hai qualcosa di diverso, mi hai colpito e voglio vederti,  voglio incontrarti per caso e far finta che non ti aspettavo da almeno quattro ore. Voglio che tutto sia fortuito, in fondo è più semplice di quanto non sembri a prima vista, meglio un colpo d'occhio che un colpo al cuore.
Di solito questa è l'ora in cui passi e io ho deciso, mi sono pettinato e ho messo su il mio sorriso migliore.
Ora è la volta di un gesto semplice, apro la porta....... abiti di fronte a me.......abiti?
Cazzo è la porta della cabina armadio.

lunedì 4 novembre 2013

Semantica

Il dubbio è: continuo a camminare e vado all'appuntamento o torno a casa a farmi una doccia e a cambiarmi? Arrivo all'ultimo angolo, quello che viene prima del punto di non ritorno e mi chiedo se una doccia valga una messa. Non capita tutti i giorni una sgnacchera come, come..... come....... com'è che si chiama?.... o cazzo... mi sono dimenticato..... Eppure mi aveva veramente colpito.... ero rimasto folgorato.... un disastro.... un vero disastro..... 
Telefono a Rachele, mi pare che ero con lei, quando abbiamo incontrato Cosa..... accidenti....
"Rachele? Ciao sono io, come si chiama quella tizia che abbiamo conosciuto l'altra sera?.... come quale tizia? quella bella ragazza con quel vestito nero.... Quale altra sera? l'altra sera, quando siamo usciti insieme e siamo andati al ristorante a mangiare..... come quale ristorante quello dell'altra sera.... siamo usciti insieme sempre nelle ultime dieci sere?..... e non ti ricordi quella ragazza e neanche quella sera?..... Non mi sei di molto aiuto, però.... io contavo su di te.... sì va be', ci vediamo stasera al solito posto".
Ecco fatto.... fregato.... la sgnacchera resterà solo un ricordo irrealizzato finchè durerà e, dati i presupposti, non credo che durerà molto..... probabilmente non mi aveva colpito il nome.

Era il tempo

Era il tempo delle castagne e me ne rifilò una, ben assestata, in piena faccia.... meno male che non c'era il riccio..... sarebbe stato seccante.

martedì 29 ottobre 2013

Le briciole

Non poteva contentarsi delle briciole, sarebbe stato contrario al suo modo di essere.
Molti si sarebbero comportati diversamente, ma lui no, lui non si sarebbe piegato e avrebbe rifiutato le briciole che gli venivano offerte, sino al sacrificio estremo, che non tardò ad arrivare.
Non furono tanti gli eroi testimoni della propria coerenza, durante la grande carestia del 1570, la penuria di pane e le conseguenti briciole decimò in modo drastico tutta la popolazione.

Le ragioni della ragione

Era stato tutto il giorno nel bosco a cercare una ragione. Era tornato con cinque chili di funghi e una gerla di castagne.... qualche corbezzolo e alcune sorbe, niente altro che i frutti del bosco, perfettamente intonati alla stagione.
Era tornato a casa, che il buio aveva già occupato il cielo e buona parte della terra, faceva molto freddo, e allora aveva deciso di disegnare un camino acceso sulla parete nord della cucina, così, giusto per riscaldarsi. In principio gli era sembrata un'idea stupida, ma poi si era detto perchè no? e aveva finito il suo disegno con un bel fuoco, che solo per miracolo non gli aveva bruciato i pennelli imbevuti di colore e trementina.
Si era seduto per cenare, con poca voglia..... d'altronde avrebbe dovuto prendere in considerazione di cucinare qualcosa per poterla, poi, mangiare. Quel giorno aveva deciso che non avrebbe cucinato, né mangiato. Sembrava incredibile come una giornata, che qualsiasi altro compaesano avrebbe trovato strepitosa, lo gettasse nello sconforto più profondo.
Altri giorni quelli in cui avrebbe affrontato la cosa pulendo i funghi per poterli cucinare con dell'ottimo riso o della polenta e avere così una sontuosa cena, da accompagnare con del vino rosso, di quello buono.
Quella sera era andata diversamente e aveva avuto la malasorte di trovare tutto, all'infuori di quello che cercava. Evidentemente nel bosco non c'erano ragioni, per lo meno non quelle che cercava lui.
Il problema che si poneva adesso era ben serio: restare e continuare a cercare nei boschi limitrofi o mollare tutto e tornarsene in città, a continuare quella vita demenziale in cui la ragione ha un impatto tanto marginale da sembrare quasi inesistente.
Lì per lì, gli sembro che la soluzione migliore fosse tornare al caos cittadino, mica poteva mangiare solo funghi, castagne e roba simile.... poi si soffermò sul pensiero dominato esi rese conto con rammarico che non aveva una risposta pronta. In compenso aveva della pancetta affumicata nella dispensa. 
Decise che era la sera buona per cercare anche senza trovare e, infatti, non trovò......ma dovette prendere atto che non fu una buona scelta, il suo equilibrio interiore non aveva retto e si era trovato costretto in un letto di contenzione di un vicino casolare abbandonato.... senza farsene una ragione.
Come sempre succede in questi casi, di lui restò solo un fascicolo striminzito negli archivi della polizia locale, di tutto il resto, nulla restò e la ragione fu ritrovata in un cassetto dello scrittoio del nonno, lui si che aveva sempre ragione.



domenica 27 ottobre 2013

Il nulla opposto

Ormai venivano turisti e curiosi da tutto il mondo.
Il ponte sospeso nel vuoto era diventato elemento di attrazione e di crescita della piccola industria turistica che alimentava le popolazioni delle due sponde mancate.
Un ponte gettato fra due nulla, che non collegava le rive opposte, ma stava lì, sospeso nel vuoto, a testimoniare l'incapacità di dialogo delle due avverse comunità.
Un miracolo dell'ingegneria dell'incomunicabilità, che aveva preso il sopravvento da qualche anno, sul normale buon senso.
Mi avevano chiesto se avessi voluto salire sul ponte, per una visita e qualche foto da pubblicare.... declinai con cortesia, le incomprensioni non mi appassionano, tanto meno l'incapacità di dirimerle. 
Dopo due ore, il monumento alla stupidità era solo un ricordo sbiadito.
 

Comprendere e approvare.

Arrivarono i giorni in cui cercava approvazione, la comprensione non gli bastava più.
Il fatto è che non la trovava...... e questo stava diventando un macigno sulla sua coscienza.
Poteva anche essere che tutta la sua vita fosse stata basata su presupposti incondivisibili dai più e che, quindi, dovesse rivedere le sue posizioni, o soccombere sotto la mancanza di approvazione a cui tanto anelava.
Sono brutti momenti, quelli in cui siamo noi a richiedere  il giudizio altrui, invece della solidarietà intellettuale, come si è sempre fatto, l'essere umano ha momenti di debolezza in cui la solitudine diventa una compagna di viaggio meno gradita.
Gli altri giudicano comunque, anche nei momenti in cui non siamo in grado di alzare le spalle.

Libertà

Seguivo il filo del pensiero e aggomitolavo diligentemente quello del percorso lasciato alle spalle. Avevo già numerose matasse nei cassetti della memoria, ma non avevo ancora deciso come utilizzarle. La cosa che mi avrebbe divertito di più sarebbe stata una di quelle coperte patchwork, che tanto andavano di moda nel periodo in cui il mio assetato cervellino vuoto ha incontrato il flower power.
Strano incontro, ero convinto che gli schemi che conoscevo fossero gli unici esistenti, e scoprire che non era così aveva turbato i mei sogni giovani....
Avevo dormito in riva a uno dei tanti laghetti che arredavano il parco, ed ero stato svegliato da lei. Si era infilata nel mio sacco a pelo, chiedendomi se fossi stato io a suonare le campane la notte precedente.... non avevo idea se fosse un'allusione, una cretinata o cosa, ma sembrava che cercasse veramente il misterioso suonatore di campane, quindi, fra le altre cose, le risposi che non ero io, almeno così credevo.
Una volta appurato che non ero io il campanaro notturno, sparì e non ci siamo più incontrati.
Dall'altro lato del laghetto due anziani "babbi dei fiori" (troppo in là con gli anni per esserne figli) giocavano a scacchi, accomodati su due tanto fatiscenti, quanto sontuose poltrone di pelle, incuranti di tutto quello che succedeva intorno, in particolare del volume sonoro provocato dalle grida dei giochi di una nidiata considerevole di loro cuccioli e loro aggregati.
La collettività era bene organizzata nell'improvvisare una società in perenne mutamento.
Mi ero nascosto all'ombra di me stesso, perchè non avevo ancora strumenti sufficienti per muovere anche un solo passo.... in pochissimo tempo l'unica realtà che conoscevo era stata affiancata da altre "verità", che mi portavano su un territorio di scelta che io, non essendo stato educato a tale opportunità, vedevo con un po' di timore.
È stato così che ho scoperto che le cose non le conosci, a meno che non le incontri, o (meglio) ci sia chi te le prospetta. Nel contempo, ho afferrato un concetto di base: solo pochi eletti sono disposti a rinunciare ai propri convincimenti, in presenza di una prospettiva terza che si possa considerare migliore dopo averla vagliata con la dovuta attenzione; i più restano rinchiusi nei propri recinti, a difendere ottusamente principi e valori che essi stessi per primi non sono stati in grado di capire e accettare, concentrati com'erano nel fruizione dei circenses offerti dal despota di turno.
Questa è l'amara realtà, la lbertà assoluta è un mito, ma esistono diverse modulazioni di questo mito che sono attuabili, bisogna scegliere quale. Quella collettiva, soddisfa esigenze molto aperte e ne chiude alcune  individualistiche; quella individuale, che non avrebbe controindicazioni di sorta, se fosse regolata da una vera attenzione ad alcuni aspetti della collettività, ma quest'ultimo aspetto è piuttosto complesso, tanto che si vive in un mondo che anela a rigorose leggi che limitino qualsiasi cosa, che valgano (ovviamente) per gli altri e non per noi..

martedì 22 ottobre 2013

La via maestra

Mi aveva indicato in modo chiaro e con parole semplici, quale fosse la via maestra.... ma io, semplicemente, non l'avevo saputa seguire, quasi mai si riesce a fare ciò che è giusto o ciò che si vorrebbe. I sentieri delle vicende che generano la voglia di consigli (tanto per non prendersi fino in fondo le proprie responsabilità), sono più spesso battute dai passivi, che non dagli attivi... questione di tempi.

Constatazioni

La strada era bagnata, aveva piovuto tutta la notte.
Ero stato a letto perchè non avevo avuto alcuna voglia di uscire con l'ombrello.
Per la verità, non avevo avuto alcuna voglia di uscire neppure senza ombrello.
Insomma, non mi ero mosso di casa e avevo deciso che quella notte la pioggia avrebbe fatto a meno di me.
Ancora non lo sapevo, ma gli avvenimenti di quella sera cambiarono per sempre la mia vita, facendole prendere una direzione che era del tutto inaspettata.
È strano, le cose succedono sempre quando prendi tutte le misure affinchè nulla accada.
Quel pomeriggio, prima che piovesse, la strada era bagnata lo stesso. Questo particolare non mi era sfuggito, tanto che mi ero domandato: "ma come? non piove, non ha piovuto e la strada è bagnata lo stesso?.... ma quale malefico sortilegio è mai questo?"
Nonostante avessi la domanda, non avevo la risposta. La strada era bagnata e tanto doveva bastare. 
Fu per questo che quella notte piovve sul bagnato, ma nessun altro se ne accorse,  a parte me e la mia vita, che era cambiata senza che mi rendessi conto di quello che era successo, proprio perchè il piovasco mi aveva distratto, almeno nell'immediato.

sabato 12 ottobre 2013

Tormenti da filosofie alimentari.

L'ultima foglia era caduta, ma non c'era nessun albero e nessun autunno. Stavo preparando l'insalata e avevo spezzettato con cura e rigorosamente con le mani le foglie di lattuga, accuratamente lavate, prima di preparare la vinagrette per il condimento, lasciando che ogni singolo pezzetto cadesse nella ciotola di cristallo che avevo scelto. 
Già, mi ero ridotto a fare l'insalata, perchè si era esaurita la vena sanguigna della carne e avevo dovuto accomodarmi su posizioni vegetariane, seppure con un certo sussiego, non privo di alterigia.
D'altronde, il colesterolo e i trigliceridi non mi avevano lasciato scampo e volevo evitare (almeno per il momento) la fine di Little Tony, un noto cantante italiano, ucciso dai fermenti lattici vivi del suo yogourt miracoloso preferito e da un cedimento strutturale delle fibre coronariche.
A causa di questo spauracchio, i cibi proteici avevano subito una drastica riduzione; gli acidi urici e la prospettiva dolorosa e demodé della gotta, mi aveva indotto a moderare l'ingestione di proteine più o meno nobili, a vantaggio di altri, meno aggressivi per le pareti del mio stomaco e per il lavoro frenetico del mio metabolismo.
Il mio senso cromatico ne era uscito a pezzi, esattamente come le foglie di quella malcapitata lattuga, ma non ci sarebbe stato alcun condimento consolatorio e la mia dedizione al colore sarebbe appassita miseramente, senza che il risultato del mescolamento dell'olio e dell'aceto balsamico potessero lenire il dolore tormentoso di una decadenzza senza fine.
Dall'altra parte del tavolo c'era il muro che separava la cucina dalla sala da pranzo, un muro che sembrava incrollabile, come la fede che mi aveva sostenuto nell'amaro passaggio al cibo vegetale. Un calice imbevibile era stato appoggiato alle mie labbra dissacrate e inclinato in modo che il contenuto liquoroso potesse scorrere fin dentro la bocca e poi inarrestabile fino alle viscere, lasciando un amaro alone indelebile  nel ricordo delle mie malcapitate papille.
Erano quei momenti in cui la domanda topica sul senso della vita si svilisce nel significato, fino a ridursi a un'attestazione di indifferenza fra il respirare e il cessare definitivamente tale attività, per lasciare spazio all'armonia dell'universo
Avevo tolto gli specchi, non era possibile mantenere il decoro dell'essere umano di fronte ai continui ostacoli che la natura inventa per complicare la vita e ricordare ai mortali di avere un termine nel vuoto a perdere biodegradabile che costituisce la carcassa della loro anima.
Decisi che una mera insalata di lattuga non avrebbe avuto l'influsso consolatorio che andavo cercando, il rosso poteva essere ben rappresentato dai pomodori e dai ravanelli che, oltretutto, una volta tagliati avrebbero costituito una macchia di bianco rosato, che avrebbe arricchito la tavolozza vegetale.
A quel punto il giallo fu distribuito da peperoni e mais, mescolati accuratamente, in modo da dare una varietà in chiaroscuro al monocromatismo, reso lucido dal condimento, il bianco con riflessi verdastri dei cetrioli e il grigio bruno delle olive completavano il ventaglio di colori necessario a non farmi sentire già morto.
Il momento del condimento durò diversi minuti, come se mi aspettassi che i vari colori si fondessero, perdendo la peculiarità di ciascuno, per creare una nuova realtà, ma è ovvio che così non avvenne.
Apparecchiai e misi il frutto della mia fatica a tavola. Mi sedetti a mangiare e, boccone dopo boccone, la tristezza del vegetariano si impadroniva delle mie cellule nervose. Perchè avevo fatto quella scelta? Non volevo uccidere animali per nutrirmi, o avevo, piuttosto, una paura fottuta di veder finire i miei giorni per una definitiva ostruzione arteriosa?
Non avevo nei miei orizzonti la banalità delle posizioni animaliste di maniera, d'altronde che piacesse o meno, madre natura mi aveva dato in corredo quattro splendidi canini, che mi identificavano "anche" come carnivoro e mi aveva tolto ogni senso di colpa nel sopprimere un esemplare animale al fine di nutrirmi.
All'improvviso mi apparve del tutto evidente che la filosofia vegetariana era lontana da me anni luce e che per nessun motivo avrei potuto soggiacere senza dolore alle sue regole, ma, purtroppo per me non avevo voglia di andare a comprare della carne, avevo fame.
Abbandonai per un istante l'insalata multicolore, presi il pane pugliese dalla dispensa, le salsicce di lardo di Colonnata dal frigo e la forma di pecorino sardo dal ripostiglio. Con la tavola così imbandita, anche l'insalata assunse sembianze più simpatiche e di cntorno, cedendo (non so quanto volentieri) il ruolo di protagonista, per assumere quello più congeniale di comparsa.
La mia deriva vegetariana aveva concluso la sua parabola, lasciando di nuovo il passo a una concezione onnivora che mi soddisfece pienamente non appena addentai la fetta di formaggio che avevo appena tagliato.


venerdì 11 ottobre 2013

Il duro lavoro

Stavo lavorando con scalpellino e mazzuolo da circa 3 ore. In tutta la mia vita non avevo mai visto tante incrostazioni calcaree.... d'altronde la pulizia dei denti di Filippo era toccata a me.
Non sto a parlarti dell'aria acida che fuoriusciva dalla cavità orale, ma l'arcata dentale te la devo proprio raccontare, un paio di tonnellate di avorio disposte in modo non ordinatissimo, piuttosto usate, a giudicare dalle incrostazioni che stavo rimuovendo.
Avevamo montato un piccolo ascensore, assicurato da doppie corde, che potesse contenere una persona... me, per l'appunto, senza altre misure che potessero garantire la sicurezza. Per comodità avevo cominciato dai molari, perchè sapevo che sarebbe stato lì il lavoro più lungo. Avevo già mandato giu almeno 15 secchi di residui calcarei e non ero ancora arrivato ai premolari.
Avevo anche chiesto aiuto, ti puoi immaginare con quale risultato, il boss non voleva spendere e, comunque, i miei compagni di lavoro si guardavano bene dal proporsi per sveltire quell'agonia fetida che mi stava facendo lentamente soccombere.
All'inizio della quinta ora ero verde in volto, coi crampi alle mani e con 34 secchi di detriti scaricati. I premolari erano un ricordo, toccava ai canini e agli incisivi.
A parte lo schifo del reflusso gastroesofageo, Filippo stava tranquillo e questo facilitava un poco il mio compito, seppure ti debba confessare che oltre sei ore a respirare miasmi acidi, mettono a dura prova chiunque, persino me.
Quando finisco con gli incisivi, monto nel cestello per tornare giù.... i secchi sono stati in tutto 41... una faticata bestia, ma alla fine tutto era concluso.
Ero salito con le prime luci del giorno ed eravamo quasi al tramonto, dieci ore in una situazione che definire schifosa non rende appieno l'idea, ma era l'unico lavoro che avevo trovato e tu sai quanto ne avessi bisogno.
Il boss mi apostrofa: "Dove cazzo credi di andare?", "A dormire, boss, tutto quell'acido respirato, mi ha tolto anche la voglia di mangiare." rispondo mentre mi levo la tuta impermeabile.... "E l'arcata di sotto?" fa lui sputando un po' di tabacco del sigaro puzzolente che biascicava costantemente spostandolo da un angolo all'altro della bocca.
"L'arcata di sotto falla fare a qualcun altro o la facciamo un altro giorno".
L'espressione del volto non era rassicurante, e un rossore tendente al violaceo stava salendo velocemente dal collo a colorare tutto il viso.... era l'espressione che precedeva lo sbotto.
"Torna immediatamente sù a finire il lavoro" sbraitò con un livello di decibel che mi fece sanguinare un orecchio. 
Ero troppo stanco per stare a discutere, non sarei tornato nell'antro del vomito incipiente per tutto l'oro del mondo, volevo solo dormire. Senza dire una parola gli piantai lo scalpello nel mezzo della fronte con un movimento rapidissimo e un colpo secco del mazzuolo, lasciandolo a bagnomaria nel suo stesso sangue, e me ne andai verso casa a fruire del mio meritato riposo.
Non ero pentito per niente di aver messo fine in modo definitivo a quella fastidiosa discussione, lo sai che non sopporto le persone che urlano e poi non avevo la forza di parlare, ero veramente troppo stanco. Peccato che, avendo soppresso quello che mi pagava, ho perso il lavoro
Domani andrò al centro per l'impiego a cercare qualcosa da fare.

domenica 6 ottobre 2013

La fuga dai punti di fuga (prospettive concorrenti)

La concentrazione di archi in uno spazio ridotto a poche decine di metri, era la caratteristica di quel corridoio, tanto che tutti gli aspiranti artisti vi si recavano per mettere alla prova la loro capacità, nel rappresentarlo, di dare profondità a una prospettiva bidimensionale manichea.
La vera forza di quel corridoio stava nella sua capacità di illudere chiunque che la mano potesse in qualche modo riprodurre in maniera perfetta quello che gli occhi riuscivano a creare nel canovaccio della mente, il senso della tridimensionalità nella visione assumeva sembianze talmente credibili, quali quelle che solo l'immersione totale nella realtà può dare.
Mi trovavo là per gli stessi motivi per cui c'erano andati tutti gli altri, vedere da vicino quella realizzazione dell'Uomo, capace di trasformarsi in astrazione delle geometrie concrete, secondo dei criteri che erano ancora tutti da individuare.
Ero seduto in terra da quasi due ore e ancora la mano non era riuscita a sostituirsi agli occhi. Avevo gettato via almento una quarantina di fogli e impiegato una decina di matite diverse. Il risultato non mi aveva entusiasmato nemmeno un po'.
D'altronde, a differenza di tutti gli altri, il mio obiettivo non era quello di rappresentare la realtà, ma di riprodurla in modo tale che che le due opere, la realtà e la mia, fossero perfettamente sovrapponibili. Come se il creato fosse duplicabile e io fossi una sorta di clone di Dio.
Non riuscendo in risultati accettabili, dovetti uscire dal mio corpo e spostarmi di una decina di metri, per osservare i miei patetici tentativi da un'angolazione che, nella mia testa, aveva la particolarità di farmi vedere la scena con un ottimo margine di oggettività. 
Nulla da fare, la visione, per quanto molto migliorata, non era all'altezza delle aspettative e in più c'era il problema che l'osservazione esterna di me, creava uno scompenso di considerazione fra quello che mi sentivo di essere e quello che vedevo con gli occhi dell'anima dall'altra angolazione. Uno scompenso forte, quasi destabilizzante, che, con un termine molto di moda oggigiorno, potremmo definire lo spread fra il soggettivo e l'oggettivo a tutto vantaggio della primo parametro sul secondo, con le inevitabili alterazioni speculative del mercato dell'autoconsiderazione.
Avrei potuto restare là, seduto per ore intere, a osservare il rincorrersi dei punti di fuga in contrapposizione alla mia staticità... ma non era quello che mi avrebbe mi avrebbe risolto la giornata e, forse, non era nemmeno quello che stavo cercando quel giorno grigio.
Stare fermo avrebbe solo aggiunto ombre, laddove c'era già poco sole... e, paradossalmente, mi sembrava una buona idea, tutto sommato.
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lunedì 30 settembre 2013

Il catalogatore

Troppi giorni passano nella confusione più totale, le cose passate, le esperienze trascorse, si ammassano alla rinfusa e non si sa di preciso cosa sia successo e cosa no. Ho ricordi sul divano, dentro la dispensa e persino nel mobiletto del bagno, fra un colluttorio e un bagnoschiuma.
Faccio il caffè e, aprendo un cassetto per prendere un cucchiaino, saltano fuori anche da lì dentro. Vero che non si può essere schiavi dell'ordine, ma una confusione così sistematicamente casuale è un caos disarticolato, niente a che vedere col caos creativo che porta avanti l'universo.
Il tempo è una convenzione, ma scandisce l'ascesa e il decadimento del corpo e dello spirito. Nessuno può sottrarsi alla vita e alle sue leggi e per tutti arriva il momento di mettere ordine nella propria testa, o almeno di provarci seriamente.
Strani pensieri mi affollano la testa in questa mattinata di fine estate e tutto è scaturito da un incidente di percorso che mi aveva sbattuto contro un muro di come e perchè...e posso assicurare che non è meno doloroso di quello di mattoni.
Le certezze sono diventate variabili, una per una, e si sono mischiate come le carte dopo una mano di poker.
Sarebbe facile poter aprire un libro di ricette della vita e seguire passo passo le istruzioni per affrontare il momento in cui occorre mettere ordine nelle cose e capire dalle diverse esperienze a quale punto si è arrivati, ma non è mai stato pubblicato un Artusi di questo genere e recenti informazioni mi convincono che, forse, non è mai stato neppure scritto.
Decido di bere quel caffè appena fatto, ero andato verso la cucina, convinto di poterlo preparare senza intoppi. In effetti, era stato proprio così, la moka era pulita, il barattolo della polvere era al suo posto e c'era persino un cartone di latte che mi guardava con interesse dal frigo. La realizzazione non aveva avuto contrattempi e la tazzina con il liquore fumante è adesso nella mia mano, in attesa di essere portata alla bocca.
La questione da risolvere con maggiore urgenza è che non ho gli scaffali adeguati dove riporre le idee, le parole, le esperienze e persino i sentimenti. Solo due grossi contenitori, quello del bene e quello del male, che sono già qualcosa, quanto meno hanno il primo importante contribuito a un grande immenso discrimine iniziale, ma al loro interno il disordine era totale.
Come fan convinto del "fai da te" ho deciso di procurarmi le attrezzature necessarie a una specie di Ikea dello spirito, per rendermi conto con un certo stizzito disappunto che in questo genere di sistemazioni il "bricolage" non è di nessun supporto, occorre fare intervenire gli "specialisti", perchè sia l'infrastruttura che il lavoro di sistemazione richiedono l'intervento di persone esperte che abbiano dimestichezza con entrambi gli aspetti, quello realizzativo e quello di collocazione, poichè non esistono teste uguali e quindi ogni singolo evento è un lavoro da svolgere su misura.
Mi sento spaesato, mentre sorseggio un normalissimo caffè, decido allora che addentare un biscotto potrebbe essere il toccasana che può risolvere la mattinata. Sono le nove in punto.
Alla fine il gesto è automatico, prendo il telefono e compongo il numero del servizio informazioni. "Avrei bisogno di un catalogatore della psiche" dissi con affabilità alla gentile signorina.
"Ha già un nominativo?" risponde lei
"No, me ne dia uno, tanto credo che uno valga l'altro"...
"Non è proprio così, signore, esistono diverse categorie di catalogatori, dipende dal lavoro che occorre svolgere.... ha già creato l'ambiente adatto alla sistemazione dei dati?"
"No, purtroppo no. Ho solo due grandi contenitori di confusione, ma niente di più"
"Capisco, quindi l'intervento è piuttosto complesso e richiede anche la creazione delle scaffalature necessarie, un catalogatore falegname potrebbe fare al suo caso, ma anche un catalogatore carpentire metallico, in quel caso il lavoro sarebbe più duraturo ma meno duttile."
"Faccia lei...."
In quel momento esatto, mi rendo conto che sto affidando il mio equilibrio futuro a un'operatrice di call centre.... devo essere impazzito.
"Anzi, lasci perdere, richiamerò quando avrò le idee più chiare,. Buona giornata"
Non attendo neppure la risposta al mio saluto e attacco il telefono.
Devo pensarci su. Decido che una camminata aiuterebbe a intraprendere una strada, piuttosto che un'altra. Mi metto addosso materiale leggero da jogging e mi avvio verso la porta.
Sto chiudendo dietro di me il cancello, quando mi si para davanti un signore con la barba folta, un sorriso accattivante e una valigetta d'alluminio in mano.
"Buon giorno, sono il catalogatore."

domenica 15 settembre 2013

Intenso

Mi girai di scatto e la vidi. Era quella che avremmo potuto definire un bel tipo e mi guardava intensamente. Con quegli occhi scavava dentro di me alla ricerca di qualcosa e teneva la bocca leggermente pronunciata... dev'essere per quello che le dissi, agitando la mano destra con le dita raccolte: "che cazzo vuoi?".

martedì 10 settembre 2013

Dopo....

Dopo l'amore, accaldata, riversa ansimante sul letto, lei mi diceva sempre "Che meraviglia, mai con nessun altro come con te"..... doveva essere vero, perchè lo diceva a tutti.

lunedì 9 settembre 2013

La versione di lei.

Era una mattina come tante altre ce n'erano state, ma quella era particolare perchè Pino venne da me con un pianto incipiente.... "Capisci che mi ha lasciato?"
Certo che lo capivo, aveva lasciato me prima di lui perchè doveva pensare alla carriera, ma lui non lo sapeva (o almeno così credevo) e non sapevo se questa cosa mi generava goduria oppure no.... ma a vederlo in quello stato forse no..
"Certo che ti ha lasciato, cosa ti aspettavi? che restasse con te in eterno? Lo sai che te la ha data per un solo motivo, ottenere il posto che occupa.... è fatta così".
Era proprio disperato, prostrato. Lo capivo, Lei era un trofeo che si metteva malvolentieri sullo scaffale, era molto meglio il periodo in cui lo si poteva esibire con l'orgoglio tutto maschile, tanto vuoto, quanto perseguito dai più.
Avevo ben vivo nella mente il ricordo dei due anni passati insieme, un connubio perfetto di sesso e parole e mai parole banali. Questo era stato il nostro incontro. Una Shao Yang in piena regola, agguerrita in tutti i campi del tatticismo muliebre, assolutamente perfetta. 
Ma Pino era tutt'altro che rassegnato "Si stava bene, mi rendo conto che una così era molto al di là delle mie aspettative, ma eravamo felici insieme". Evidentemente quando si è coinvolti direttamente, sfugge l'uso politico che alcune femmine fanno dei loro orifizi e della loro abilità amatoria (mi verrebbe da dire moltissime, ma per il momento diamo il beneficio del dubbio).
Pat aveva le conoscenze e l'abilità di far valere la sua supremazia al fine di ottenere ciò che voleva, questo era l'amaro particolare che sfuggiva a Pino (naturalmente).
"Guarda che ho sofferto anche io quando è finita con me, ma ti assicuro che poi passa..." Non avevo altro modo per consolarlo che accennargli il fatto che esisteva chi c'era passato prima di lui e ne era uscito, magari con qualche acciacco, ma ne era uscito.
"Lo so, ma tu non ci sei mai stato a letto, mi ha detto tutto, cosa credi?.... il vostro era un semplice rapporto spirituale, come si dice? platonico, con me, invece......"
Già, con lui invece....... quante cretinate si era bevuto? magari l'aveva convinto di essere stato il primo e l'unico e lui, povero scemo, si era sentito onorato di quella fortuna che (immeritatamente) il cielo gli aveva assegnato. 
Potevo far crollare il suo castello di vanagloria? No davvero, ho preferito restare incastonato in un rapporto platonico, così come la versione di lei mi aveva affidato al suo immaginario.

L'analisi

L'infermiera lo aveva squadrato sommariamente, con l'aria distratta che hanno tutti coloro per cui intervenire sulle persone è diventata una routine. Lui l'aveva invece osservata bene, nei minimi dettagli, come tutti quelli che si trovano di fronte alla persona da cui dipende il buon esito di qualsiasi operazione.
In realtà, si trattava di un banale prelievo, niente di speciale, un ago in una vena del braccio e un'aspirazione per riempire la provetta. Una procedura standard che a seconda della parte del tavolo ove si sta assume valore ordinario o straordinario.
"Scopra il braccio" era stato l'invito assente, detto senza alcuna variazione nel timbro e nel tono. Ma gli occhi cambiarono espressione, come lesse la prescrizione e, mentre lui si sedeva col braccio bene in mostra, lei afferrava il telefono per chiedere conferma se avesse compreso bene. Ottenne la conferma e le istruzioni puntuali di come avrebbe dovuto operare. 
Lo guardava con occhi diversi, adesso, ma lui non se ne accorse, tanta era la tensione per quello che è considerato da tutti una banalità nell'accertamento annuale dello stato di salute.
Lei gli avvolse il laccio emostatico intorno al braccio e lo legò in modo da produrre quel gonfiore dei vasi, che le avrebbe facilitato l'introduzione dell'ago.
La punta dell'ago, col taglio rivolto verso l'alto, penetrò la pelle con una certa facilità e si introdusse nella vena che lei aveva scelto. Lui le sorrise, aprendo la bocca carnosa. I denti sembravano ancora più bianchi in contrasto con  la pelle scura. Lei ricambiò il sorriso tiepidamente, sciolse il laccio emostatico, finì di riempire la provetta e coprì il foro d'entrata dell'ago con un batuffolo di cotone umido, mentre estraeva la siringa.
Mise un cerotto e versò il sangue in due provette con strane sigle.
Lui si alzò e si ricompose il braccio, coprendolo con la manica della camicia e la salutò.
Lei sorrise e ricambiò il saluto, era la prima volta che le capitava di fare il prelievo a un nero ed era come meravigliata nello scoprire che il suo sangue aveva lo stesso colore di tutti gli altri campioni che prelevava quotidianamente da diversi anni, da quando lavorava lì. 
Il disorientamento era semmai dovuto alla richiesta del medico curante del nero, atta ad accertare se nel sangue di Alì vi fossero tracce di musica o di ritmo... o di entrambi.


venerdì 6 settembre 2013

Ma ci interessa davvero?

Era la terza strada a destra, era quella che non prendeva mai nessuno, quella che veniva sistematicamente ignorata dai locali, per le folle di media che diramavano nel mondo le immagini di quella bizzarria..
Non che fosse brutta o pericolosa, anzi tutt'altro, era una bella strada incorniciata fra pratini all'inglese e alberi di tiglio, belle case tutte uguali, nella migliore tradizione del luogo comune britannico.
Era "la" strada che caratterizzava al meglio il "british way of life", nel modo preciso in cui se lo immaginano coloro che britannici non sono.
Nulla di male a destinare un pezzo del proprio territorio al sostegno del luogo comune, quello che alimenta le differenze fra i popoli. Nulla di male a dare di sè l'immagine che gli altri pretendono, perchè l'ignoranza ha modellato dei criteri di riconoscimento, che la conoscenza non avrebbe neppure sfiorato. Ma è arcinoto che la realtà difficilmente supera la fantasia, quando quest'ultima sia bene coltivata.
Comunque sapevo che era la terza strada a destra e sapevo che non l'avrei percorsa, sapevo che avrei girato lo sguardo per osservare da un punto privilegiato quello che non è, ma che appare nell'immaginario offuscato dei cultori dell'ignoranza, il trionfo di quello che si dice, contrapposto a ciò che è veramente.
Non potevo perdere quell'occasione, era una delle poche che mi si era parata dinnanzi in quell'ultimo scorcio di primavera, quando il tepore cominciava  ad accompagnare con una certa regolarità i miei passi.
Ora posso dire che non la persi. Mi incamminai con la mia solita andatura, un po' lenta, un po' caracollante e, passo dopo passo, mi avvicinavo, lentamente ma inesorabilmente, all'intersezione della terza strada con la via principale..... il primo ramo di tiglio si affacciava curioso dall'angolo della prima casa.... una questione di primati.
Il moto rettilineo ha il pregio di portare il soggetto dell'azione sempre avanti sulla linea rappresentata dalla strada principale. La scelta non è complessa, vai, ti fermi; vai e ti fermi. Un codice binario dello spostamento, che non genera alcun conflitto interiore, se non quello della facile decisione che corre fra il sì e il no.
Il mio no arrivò non appena mi trovai nel bel mezzo dell'intersezione e interruppi con disinvoltura il movimento degli arti inferiori, per passare a una torsione del capo nella direzione della strada fasulla.
Era esattamente come me l'ero immaginata, uomini con ombrello e bombetta, tavole imbandinte con fette di pane tostato e jam volontà. Taxi d'epoca e cabine telefoniche rosse. Una goduria per lo sguardo e un riposo indicibile per il cervello che non si doveva sobbarcare di parametri anomali rispetto a quelli conosciuti.
Neppure per un istante mi venne in mente di girare la punta delle scarpe, ma gli occhi non potevo non girarli.
La domanda che ora dovevo farmi era se mi interessava o meno il luogo comune. La risposta reattiva era no, non mi interessava. È anche vero che vivo nel mondo dove vivono tutti gli altri, e gli "altri" si cibano quotidianamente di luoghi comuni, fino a farne una componente quasi religiosa della propria esistenza.
Insomma, per farla breve, dovevo conoscerlo, anzi, riconoscerlo e quella era una bella occasione per imparare a usare la testa, senza sprecare energie superflue, da impiegare in modo più consono in. altre attività.
Il viale principale sfociava nell'arteria nevralgica di Londra, fra le due giugulari e le vene varicose che il progresso aveva lasciato in scomoda eredità.
Mi fermai seduto su una panchina sulla sponda del Tamigi e mi chiesi con insistenza se ne fosse valsa la pena. Ero un po' infastidito dall'insistenza della domanda, ma mi risposi lo stesso e la risposta fu "sì", ne era valsa la pena anche se (forse) non a tutti interessava.


mercoledì 28 agosto 2013

Sono solo parole.

Ma come parli?..... urlava Nanni Moretti alla ricerca di un corretto e diffuso utilizzo della lingua italiana.
Già, ma come parliamo e soprattutto siamo certi che la rifinutura dei significati e la richiesta di un cesello sempre maggiore, ci porti a una maggiore comprensione?
Che sia questo il mistero della biblica Babele: la parola.
I concetti fondamentali sono semplici e richiedono poche parole, per lo più dai significati allargati, ma universalmente riconosciuti come tali e così applicati alla vita quotidiana.
Lo svilupparsi delle civiltà, il raffinarsi di alcune società ha portato a quello che molti hanno definito un arricchimento della lingua, che ha sconvolto, se non sradicato la semplicità semantica degli antenati.
Anche il linguaggio, uno dei principali strumenti di comunicazione fra gli esseri, ha subìto una trasformazione che lo ha portato a essere appannaggio di pochi, quei pochi che avevano acquisito con gli studi, gli strumenti necessari per una corretta decodifica.
Le civiltà pastorali, nella loro semplicistica essenzialità, suscitano l'invidia di chi, come noi, deve barcamenarsi in fiumi di parole costantemente in piena logorroica. Nessun argine di buon senso può contrastare le esondazioni di chi si è trovato a gestire un potere, senza avere delle adeguate istruzioni per l'uso.
Ha ragione Moretti, le parole hanno un significato, per usarle con compiutezza occorre conoscere sia le une, che l'altro. Spesso e sempre più frequentemente così non è e l'ignoranza prende il sopravvento col suo bagaglio di isopportabile arroganza e prepotenza che è diventata la norma delle relazioni sociali dei nostri giorni. 

martedì 20 agosto 2013

Solidi

La sua vita era trascorsa nella grande megalopoli per sua scelta. Non aveva mai sentito il bisogno della natura, di tornare alla terra. La grande città era la sua dimensione ideale, fatta di plastica, finzioni e velocità.
Ci si era adagiato in modo naturalmente artificioso, quasi che la vita fosse quella. 
Non mancavano donne, aperitivi mondanità a pacchi..... simboli di potere e trofei da esibire. 
I bisogni primari, secondari e terziari erano soddisfatti da una rete commerciale in grado di fornirti sia il ciuccio che la bara. Tutto era perfetto, tutto a disposizione, tutto circoscritto a quel perimetro abitato.
La rete e i libri costituivano il retroterra conoscitivo di quanto era al di fuori. Tutto era sotto controllo e rigidamente vagliato salvo il fatto che il tronco di piramide non era una pianta.

lunedì 19 agosto 2013

Volo

Volava molto velocemente e troppo radente sulla foresta in fiamme, ancora una volta troppo vicino al fuoco.... nessuno si meravigliò quando il fuoco si spense perchè gli mancò il respiro.

giovedì 15 agosto 2013

Solitudini.

E fu la volta che gli parve che la solitudine potesse essere debellata. Ci pensò con l'avventatezza che lo contraddistingueva, mentre le ali dell'aereo fendevano nuvole e cielo.
Già, come in molti umani la paura della solitudine diventa terrore quando ci si trovi a passare la vita senza una compagnia fissa, che condivida la casa e le incombenze quotidiane, quasi che il termine condivisione costituisse la panacea allo status reale e profondo in cui la solitudine ci relega.
La solitudine era l'incubo delle sue giornate migliori e il conforto di quelle peggiori.
Avrebbe camminato per mesi in cerca di una soluzione, eppure la soluzione non c'era, e non c'è, perchè il problema non esiste, la solitudine fa parte dell'essenza dell'essere e non può essere vinta, ne sconfitta, né lenita dalla compagnia di altre solitudini.
Lottare contro la solitudine è come lottare contro la morte, si sa che se ne esce sconfitti e che la battaglia è senza speranza, perchè la solitudine fa parte di noi e nessuno si può ribellare a ciò che è, chi lo fa paga un conto salato, poichè si è illuso di poter cambiare la propria essenza profonda.

Dita

Chi ha (come diceva De Andrè) il dito indice più lungo del dito medio, può infilarsi in quel posto quello, non siamo soliti avere preclusioni sull'argomento, anzi, siamo di ampie vedute.

mercoledì 14 agosto 2013

Il mondo falso e quello profano.

Diamo per acclarato che le famiglie del Mulino Bianco esistono solo nelle pubblicità. 
Tutto si basa su fondamenta fragili se non inesistenti. La riuscita di una coppia è un evento puramente casuale, determinato da fattori che ai più sono imperscrutabili, poichè predisposti solo dallo stato d'animo individuale del singolo componente della coppia verso il formarsi della stessa (In pratica se ha voglia o meno di caricarsi di quest'onere).
Chi crede nella vita di coppia sulla base di canoni quali l'amore, la complicità e tutto questo genere di cretinate e corbellerie, è libero di farlo, ovviamente, così come è libero di trovarsi a dover cambiare partner piuttosto spesso, data la rapida caducità dei riferimenti che ha scelto per costituire il fondamento del proprio rapporto di coppia. 
A rincarare la dose, contribuisce il fatto che il termine amore viene spesso confuso col termine attrazione, quello che anni fa Alberoni aveva intelligentemente indicato come innamoramento, sentimento in cui il confine con la curiosità è esteso a tal punto da costituire una sfumatura quasi impercettibile per aree inaspettatamente vaste.
Eppure, nella visione maggiormente diffusa e popolare, pare che la promiscuità sessuale sia il fattore più inviso a una società falsamente laica, formata da bacchettoni insopportabili, aperti solo a parole a un proliferare di incontri che non minano, né dovrebbero la vita della coppia originaria, ma che sono vissuti come minacce all'unicità del legame sancito dalla sacralità della coppia.
Ma il sesso costituisce il discrimine fra la qualità dei rapporti e dei sentimenti, gli amici non "consumano", gli innamorati sì. Il sesso è l'ingrediente che altera in modo irreversibile i rapporti. Due amici che fanno sesso e che in più hanno una loro normale vita di coppia, sono additabili al primo momento conveniente al pubblico ludibrio.
A pensarci bene, questo è un problema legato maggiormente al collocamento della femmina nella società, che non alla sfera dei rapporti interpersonali.. Già dal termine "matrimonio" (comprare una madre) si capisce come il fattore proprietà prenda possesso del normale incontro fra due persone. La femmina è proprietà del maschio che la ha comprata per assicurarsi la prosecuzione della sua specie, con tutto quello che ne consegue nella ordinaria quotidianità.
Appare in tutta evidenza come oggi questo schema sia antiquato e superato dai fatti, seppure ancora oggi la maggior parte dei rapporti sessuali vengono vissuti come atti di possesso, tanto da essere descritti in modo tale anche dalla medicina, dalla psicologia e dalla letteratura. Le femmine si danno e i maschi prendono. Non c'è che dire, un bel presupposto per la parità dei sessi millantata da tanti sedicenti rivoluzionari de noantri.
La "fedeltà" sessuale è diventata il parametro irrinunciabile di una società che si sta dissolvendo e che si attacca, arrancando, a criteri arcaici, secondo lo spirito del "si stava meglio quando si stava peggio", favorendo così un moto reazionario e arretrato dei rapporti fra le persone, su criteri falsi e bugiardi. 
Non esistono più, dunque, dedizione, attenzione, sostegno, affetto, pazienza, quegli elementi, cioè, che rendevano le coppie noiosamente solide. Solo passione e morte, bruci la fiamma finchè ci sia combulente, dopo di che si spenga per tornare a bruciare altrove..
La più diffusa critica è che il rispetto del proprio partner è in antagonismo col celebrare incontri diversi. Vero, forse una visione maggiormente monastica della propria vita sessuale contribuirebbe a diminuire la percentuale di separazioni, ma è pur vero che gli incontri avvengono e che non per questo si debba ogni volta cominciare da zero.
Ma qui intervengono fattori nuovi, la donna vive spesso l'atto come donazione per amore, sentimento viatico di assoluzione a un atto che sarebbe altrimenti visto dai più come assimilabile al meretricio e quindi condannabile agli occhi della società tutta.
Il maschio è per orribile definizione "cacciatore", portatore di un organo esterno penetrante, che assolve la sua funzione quando la femmina renda disponibili gli accessi del proprio corpo. Il circolo vizioso è tutto qui,
L'atto sessuale è stato caricato di responsabilità che non aveva e non avrebbe dovuto avere, ma siamo fatti così, rendere complicate le cose semplici è una delle nostre attività preferite, oltre a quella di giudicare e pensare che le regole valgano solo per gli altri e non per noi, innescando così una spirale di insopportabile ipocrisia nella quale siamo immersi fino al collo.

martedì 13 agosto 2013

Equivoci

"Sono dentro di te" disse lei, mentre lui pensava l'esatto contrario.

giovedì 18 luglio 2013

E le cose scorrono.

Diceva John Lennon che la vita è ciò che accade mentre sei impegnato a fare altro. Migliaia di perle sono state spese per esaltare la fugacità della vita e incentivare il "Carpe diem", ma con scarsi risultati.
L'essere umano è tendenzialmente conservatore e preferisce passare il tempo a rimpiangere, piuttosto che assaporare quello che, sia pure in modalità ogni volta diversificate, la vita offre.
Come se ci fosse una perniciosa attrazione verso la tristezza.
Vero è che l'allegria è uno status che perdurando nel tempo conduce alla follia, ma è altrettanto vero che l'idea bohemienne della malinconia come motore del sentimento creativo è una bufala che ci hanno rifililato le nostre devastanti eredità ottocentesche.
È per questo che la spirale negativa prende il sopravvento. Non sappiamo adattarci ai cambiamenti e qualunque cosa buona provenga da essi è da considerare peggiore delle precedenti e, quindi non degna di nota.
Eppure la vita è fatta di cambiamenti continui e forse, dico forse, sarebbe opportuno studiare una strategia per assaporare l'attimo fuggente, ogni qual volta questo si presenti, sotto qualsiasi forma, ma se lo facessimo, come potremmo crogiolarci nel brodo delle nostre malinconie?

mercoledì 10 luglio 2013

La normalità.

Tutti mi dicono che sono tornato alla normalità.
Bene, torniamoci, ma è normalità questa?
Da un ventennio esatto abbiamo un delinquente al comando della Nazione, che non vuole rispondere dei propri crimini perché eletto dal Popolo e, per tale motivazione, non giudicabile ai sensi delle vigenti Leggi.
Bizzarro Paese, dove da anni si sostiene che se tutti dessero il proprio contributo secondo quanto previsto dalle regole, saremmo l'oasi più felice del mondo. Ma si sa che la felicità non è di questo mondo e quindi, si ruba ai poveri per donare ai ricchi.... ma che geni quei Magnus e Bunker.
Se uno non si informa per un mese e mezzo non perde alcunchè.... non è cambiato nulla, soliti discorsi, solite facce da delinquenti, con contorno di nastri rosa con facce da meretrici d'alto bordo.
Peccato, sono stato in una terra poverissima, molto più di noi, in cui i funzionari pubblici facevano il loro dovere, altrimenti la popolazione si sarebbe fortemente arrabbiata. Noi non riusciamo nemmeno a sistemare un marciapiede rotto.
Sempre lo stesso spettacolo, dare le colpe e prendersi i meriti. Forse è per questo che non sono mai stato amante della normalità.

domenica 23 giugno 2013

I fuochi di Beltane

E cosi' la tradizione druidica sopravvive fino a noi, il paganesimo si veste di religiosita', ma conserva intatto il suo spirito.
La tradizione celtica poneva i fuochi di Beltane fra l'equinozio di primavera e il solstizio d'estate, ma noi (che siamo piu' pratici) l'abbiamo abbinata a San Giovanni che, putacaso cade due giorni dopo il solstizio d'estate.
I fuochi di San Giovanni sono una tradizione pagana molto sentita in alcune zone.
Mia nonna era comare di San Giovanni del dottor Peppinu Donadu, avevano saltato insieme il falo' di Beltane (anche se loro non lo sapevano) e si erano uniti per la vita di una senso forte di amicizia e rispetto che li ha accompagnati fino alla fine dei loro giorni.
Strane avventure su un sentiero che vive a meta' fra la credenza popolare e la fede cristiana.
Oggi mi trovo a Santiago de Compostela, meta nevralgica del pellegrinaggio Cristiano e Cattolico, per la fine del mio Camino. È stato del tutto casuale, assolutamente non premeditato,  ma il fatto e' che oggi e' anche il 23 giugno, la vigilia di S.Giovanni e le strade di Santiago si popolano di gaitas, di tamburi, di streghe e figure della credenza pagana. Strano contrasto, ma del tutto armonioso in questo tempio della fede.
Forse anche l'apostolo Giacomo non considera i fuochi pagani un pericolo per la fede dei numerosi seguaci che in suo nome hanno affrontato i durissimi dolori del percorso che conduce alla sua tomba.

lunedì 10 giugno 2013

Pensieri sul tre

E' probabile che i cammini antichi, fatti alla maniera antica, quando si dipendeva poco dalle proprie volonta' e molto da quelle altrui, stimolino pensieri che in momenti normali dell'ordinarieta' quotidiana non sfiorerebbero neppure l'anticamera del cervello.
In verita', un po' l'eta', un po' le tante rispòste senza domande appropriate, sta di fatto che dopo una camminata che non l'avrei fatta in un  anno, sono a chiedermi, ma sono io che sto cercando Dio o e' Dio che sta cercando me? E in entrambi i casi,  perche' siamo sempre ricorsi a rappresentazioni che hanno fatto nascere gli equivoci della numerologia e del mistero?
In verita', la tesi che non ci sia un Creatore, ma un Trasformatore e che tutto sia rappresentato da Lui e che tutto lo rappresenti, mi sembra affascinante. Se ciascun insignificante essere umano avesse la consapèvolezza della propria inutile esistenza fuori da questa logica, probabilmente saremmo un bel passo avanti, in quello che potremmo identificare come un nuovo atteggiamento nei confronti della vita in tutte le sue manifestazioni, morte compresa.
L'esempio e' talemente banale da risultare sacrilego, ma anche Gesu' Cristo si avvaleva spesso di semplici immagini acche' i piu' capissero.
Vediamo come dare seguito alla teoria con il famoso detto dell'uovo e della gallina. Certo, se l'uovo non e' stato fecondato, la gallina ha il diritto di priorita'. Gia', ma la gallina non puo' fecondare per partenogenesi....e allora entra in ballo la terza figura, il gallo.
Appare di tutta evidenza che nella logica della trasformazione, i tre elementi sono ciclicamente fondamentali e ciascuno di essi irrinunciabile.
In sintesi, il senso del divenire ha significato solo se il Divenire e' conclamato e perche' lo sia c'e' necessita' di compartecipazione creativa e consapevole, non tanto al processo generativo come creazione, ma a quello di trasformazione, due componenti dello stesso cosmo si fondono in altro, alimentando il mistero della Vita e della Trasformazione.
A questo punto direi che e' molto meglio meglio che smetta di bere acqua, che mi pare porti a lidi troppo complessi; la birra e' forse piu' indicata, e in fondo le notizie sul calciomercato non sono cosi' dannose alla salute.

sabato 1 giugno 2013

Creature e creatori

Dimitri, grande musicista e persona di spirito profondo, ebbe a dirmi che se c'e' la creatura, c'e' per forza anche il creatore, secondo le autorevoli dichiarazioni di un famoso rabbi della religione ebraica.
In effetti la tesi e' inoppugnabile, se esiste qualcosa di creato, ci sara' pure qualcuno che lo ha creato.
Si pone l'annoso problema se e' nato prima l'uovo o la gallina, ma il rischio di banalizzare tale affermazione scendendo su un terreno cosi' popolaresco e' fuori luogo.
Altrettanto autorevoli parti della filosofia, affermavano che Dio e' una creatura dell'uomo (avvalorando la tesi che ci sia un creatore e una creatura) per le problematiche che ancora non riesce a capire con la scienza e l'intelletto. Tesi rispettabile, ma che non ci consegna elementi di verita' profonda infatti l'ignoranza dell'uomo non e' un parametro costante, ne consegue che neanche Dio lo e'.
In verita', la scienza nei suoi massimi esponenti ci consegna la verita' che nulla si crea nulla si distrugge e tutto si trasforma. Questo significa una verita', e cioe' che Dio non esiste in astratto, ma e' componente essenziale del tutto in continuo divenire.
In questa logica non e' blasfema affermare che ognuno di noi e ognuna delle cose che ci circondano sia Dio e nel contempo Dio sia ciascuno di noi e ogni singola cosa che ci circonda.
Da ultimo mi diviene inappropriato il termine "Creato", forse il "Divenire" e' piu' consono.

martedì 28 maggio 2013

Le cose essenziali

Ci vogliono anni o esperienze particolari per capire cosa sia essenziale e cosa no.
Nei casi critici, e' essenziale procurarsi il cibo, trovare un riparo per dormire, avere addosso indumenti asciutti per non prendersi malattie e avere la possibilita' di lavarsi per lo stesso motivo.
Insomma, quanto sia essenziale il SUV o incontrare quella determinata persona, assumono prospettive diverse, cosi' come il telefonino di grido o lo stipendio che si percepisce.
Difficile a capire, ma l'essenziale e' cercare di conservarsi in buona salute e in buona presenza di spirito. Quello che i piu' delegano a terzi e' di fatto un'esclusiva prerogativa nostra, mantenersi vivi. A morire ci vuole un attimo e in quel momento non siamo piu' di peso a noi stessi, ma demandiamo ad altri lo smaltimento rifiuti. Ma fino a quel momento non e' possibile essere di peso agli altri per non gravare sulla nostra incapacita' gestionale di noi stessi.
Pesi di tutto il mondo, unitevi e andate a fanculo.

mercoledì 15 maggio 2013

Musica e denaro.

Una vera e propria categoria devastata quella dei musicisti che non hanno successo, avvinghiati al vittimismo e con l'anchilosi al dito indice, puntato verso tutti quelli che sono ritenuti i responsabili delle loro tristezze, a torto o a ragione. Mai uno specchio, una traccia, per quanto labile, di autocritica.
"Non fate studiare musica ai vostri figli" recita il titolo sciocco dell'ultima geremiade curata da un musicante  pieno di disappunto per il mancato riconoscimento in denaro del proprio valore.
Già, perchè a questo siamo. La musica non è un'arte, una disciplina, un moto dell'anima, un conforto, un rifugio dello spirito, no, per questa evoluta genia la musica è lavoro, impiego, che va riconosciuto in denaro sonante (dato l'argomento).
Il leit motiv è sempre lo stesso: ho studiato, sono un bravo esecutore, devo essere pagato, voglio che la musica sia il mio lavoro, siano soldi, siano entrate, sia ricchezza, sia sostentamento.
Comincia qui la creazione delle liste dei colpevoli, che, come dicevamo, sono sempre gli altri.
Come non rendersi conto che il peccato originale risiede nel voler fare dell'arte un mestiere. L'artista della musica non sarà mai un manovale artigiano, un musicante affamato di stipendio, ma seguirà la sua passione fino a che riuscirà a respirare, se poi questo gli porterà anche di che sfamarsi, meglio, molto meglio, ma non sarà mai la prima esigenza, né argomento di lamentele.
Tuttavia il nostro arido musicante individua il bieco colpevole: la schiatta odiosa è quella dei gestori di locali che disdegnano di corrispondere un obolo adeguato al professionista che si presenta per dare sfoggio della sua maestria, preferendogli talvolta artigianucoli improvvisati, che sostituiscono i veri musicisti con diavolerie elettroniche e chiedono una parcella assai inferiore.
Povero musico, frustrato dalla concorrenza sleale di semiprofessionisti, che magari hanno studiato svariati anni, ma si sono dedicati ad attività diverse.... e affrontano la musica come passatempo, quando non come entrata integrativa delle loro magre sostanze.
Povero musico, snobbato da un mondo perfido che vede la musica come riempitivo.... già, come riempitivo, come sottofondo.
E non si incazza perchè si suona la musica negli ascensori, nei ristoranti quando non nei cessi pubblici; no, lui si incazza perchè ha studiato per fare questo mestiere e un mondo organizzato in modo da non soddisfare questo bisogno elementare è un mondo che non merita nulla, poco importa l'uso improprio che si fa della musica.
Che questo mondo meriti poco, per motivi diversi da quelli del nostro amico, lo condividiamo sentitamente. Un mondo popolato da chi non apprezza l'arte (se non in misura ampiamente minoritaria) e non la colloca nello spazio che merita la cultura in una società evoluta, è un mondo che dovrebbe scomparire senza lasciare traccia e di cui non si sentirebbe la mancanza.
Ma da qui a esortare l'allontanamento dei fanciulli dallo studio di una qualsivoglia forma di espressione dell'anima, perchè non darà loro da mangiare, richiama alla mente l'infelice frase di un ministro della Repubblica, riguardo alla relazione che esiste fra arte e procacciamento del cibo.
Lasciate che i nostri figli studino la musica e le arti in genere, forse non ne faranno una professione, ma l'arricchimento spirituale che ne trarranno nel corso della loro esistenza, sarà assai più remunerativo di qualsiasi altra insignificante valuta terrena.

sabato 4 maggio 2013

L'imbarazzo

È che, a volte, mi sento in imbarazzo.

domenica 21 aprile 2013

Le bugie ripetute.

A sentire lui, è l'altro che non ha voluto che collaborassero.
A senitre lui, tutto era preparato su di un piatto d'argento, ma l'altro non ha voluto sedersi a tavola.
A sentire lui, quello che abbiamo visto coi nostri occhi era menzogna, lui è il Verbo.
Ho ascoltato e ho sentito solo fandonie, negazione della verità che tutti hanno visto.
Ho ascoltato e ho capito che chi ha rovinato la cultura del nostro Paese con la subcultura delle sue televisioni, ha finalmente un degno erede, che come lui, ha imparato bene l'arte del ripetere bugie fin quando non sembrino mezze verità.


venerdì 5 aprile 2013

Arie di rivoluzione

Portare il cervello all'ammasso diventa un fenomeno preoccupante, quando anche le persone che avevi considerato attente e dotate di una buona capacità analitica, cominciano a avere orizzonti più opachi.
Mi rendo, tuttavia, conto che la mia affermazione si fonda su di un discutibile assioma e cioè, che io veda correttamente le cose, al contrario delle visioni oggetto delle mie critiche.
È, comunque, innegabile, almeno ai miei occhi, come i miei orizzonti siano più chiari e fruibili, a meno che non si voglia tornare sul soggettivismo spinto, affermando che la visione di ciascuno è ugualmente valida e degna di attenzione, annullando in un sol colpo secoli di dialettica filosofica.
È arcinoto che il dualismo fra bene e male passa attraverso infinite gradazioni ntermedie; annullare questo aspetto degli strumenti di analisi, vuol dire azzerare una qualsivoglia analisi dell'etica.
Forse è per questo motivo che le rivoluzioni si preparano con le parole, ma poi si fanno con le armi, la cui filosofia priva di sfumature, aiuta un radicale posizionamento degli speculatori sullo scacchiere del pensiero.



sabato 30 marzo 2013

È così.

Sembrava che quella superficie porosa e arancione non finisse mai. Tutta uguale fino all'orizzonte, tutta uniformemente caratterizzata da piccoli pori fino a che l'occhio poteva vedere.
La possibilità di sopravvivenza era valutata con unità di misura non apprezzabili. Eppure, mantenevo tutta la calma di cui c'era bisogno e continuavo il mio disagiato cammino nella stessa direzione.
È questo il bello delle località desertiche, non ci sono indicazioni e tu vai avanti verso il punto d'orizzonte stabilito, senza avere indicazioni o altro che ti distraggano dalla meta.
La noia è uniforme, ma anche il deserto lo è, ciononostante, non possiamo classificarlo come noia, né come portatore di questo insano stato della mente.
Detta così sembra banale, ma in realtà, le dimensioni sono marginali, che sia una galassia, o un sistema, o una stella o un pianeta, le distanze saranno sempre succubi della nostra capacità di percorrere ampi tratti in piccole scansioni temporali.
È così che il mio pensiero puntiforme percorre avventurosamente la porosa superficie arancione di un'arancia, alla ricerca delle tracce di una civiltà preesistente che, se è esistita, non può essere stata integralmente cancellata. 
La storia non si ripete, ma spesso ha svolgimenti la cui affinità lascia sconcertati.
 

domenica 17 marzo 2013

L'arte del dileggio

Ci siamo, Berlusconi è annientato, nonostante le sue televisioni i suoi giornali e i suoi saltimbanchi imbonitori, è finito, non farà ulteriori disastri all'Italia.
Bene, direte voi, è ora il momento che le forze più attente al sociale rimettano in ordine tutti i guai che il peronista di Arcore ha combinato. Sbagliato, miei cari, sbagliato. 
Non abbiamo, purtroppo, una forza socialdemocratica, quello che abbiamo è una sinistra malferma sulle gambe, sempre indecisa sull'intraprendere finalmente la retta via, per il timore di doversi assumere delle responsabilità.
Una sinistra che,nei momenti delle grandi decisioni, è sempre riuscita e riesce a sfilarsi, anche quando ha un vantaggio imprevisto, procurato dalla palese incapacità degli avversari..... 
Lo so, tutti pensano al povero Bersani, invece pensavo al "grande" Berlinguer che nel 76, momento di grandissimo fulgore del PCI, pensò bene di non forzare la mano e appoggiare "esternamente" un monocolore democristiano, pur di non esacerbare il tanto temuto "conflitto sociale".
La storia di irresponsabilità della sinistra italiana affonda, quindi, nel passato, anche piuttosto lontano, ma ora che i tempi sono cambiati e potrebbero cambiare anche le cose, il "comintern" non riesce a liberarsi del proprio retaggio di irresponsabilità e  invece di prendere in mano il potere e guidare questo povero Paese fuori del casino, organizza dal nulla una nuova campagna del dileggio, arte in cui la sinistra è maestra.
Non sazi dei venti anni venti di dittatura berlusconiana che il loro atteggiamento ci ha dolorosamente inflitto, ora la sinistra è scatenata contro Grillo, il nuovo mostro da abbattere, il Berlusconi dei poveri e dei derelitti, un saltimbanco da quattro soldi, alfiere di una rivoluzione improbabile quanto impossibile, all'insegna del nuovo e dell'essere diversi. 
La storia ci dice quanto questi eventi siano irrilevanti, perchè ben altre sono le forze che cambiano la Storia.
Ma i nostri "sinistrini", invece di pianificare una buona politica e prepararsi a gestire la Nazione, partono per la crociata anti-grillo, in modo da fare crescere nel popolo la compassione per il nuovo martire della ferocia fatta presa di culo.
Grazie a questo comportamento criminoso, si è consentito al Partito di Grillo di prendere il 25% dei voti italiani e poichè non basta, si continua nella finta demonizzazione del "nemico", al solo fine di farlo crescere esponenzialmente e allontanare in modo definitivo dall'orizzonte del Partito Democratico la terribile minaccia di dovere governare questo Paese.


lunedì 11 marzo 2013

Il percorso nuovo

Il filtro era molto artigianale, della garza adagiata su più strati all'interno dell'imputo e l'imbuto inserito nellimboccatura della bottiglia. Questa era la premessa manufatturiera alla prima realizzazione dell'infuso sardo per antonomasia: il mirto.
Maria Grazia e il suo ragazzo erano venuti dalla Sardegna con oltre quattro chili quattro di bacche. Un orgasmo intellettuale. Il resto era stato facile, la valutazione della più convincente ricetta e relativa attuazione.
In realtà, solo la teoria è facile, la pratica è più complessa assai, per cui ero addivenuto alla decisione di fare due versioni diverse dello stesso liquore, una da "signorine", un po' più morbida e una da  "veri uomini" ben piantata sull'importanza del tasso alcolico.
I tempi dell'infuzione erano stati opportunamente lunghissimi,tanto da consentire una larga documentazione sulle cose da fare e la relativa attuazione.
Una delle principali esigenze, generate dalla lettura dei dati, era l'acquisizione di un torchietto, attrezzo di cui avevo ignorato l'esistenza fino ad allora.
In realtà un manufatto ingegnoso, quanto semplice. Un contenitore con un ugello al proprio fondo, che contiene un secondo elemento cilindrico e bucherellato, a far uscire i liquidi. Un piatto collegato a una vite senza fine che entra in questo secondo elemento. Il tutto in un supporto che consente, tramite piatto e vite, di spremere (torchiare)  le bacche dopo l'infusione.
Tutto si era evangelicamente compiuto, restava la filtratura e l'imbottigliamento.
Il mirto gocciola dall'imbuto dentro alla bottiglia, sollevando le piccole corone brune col proprio peso.
Il profumo è intenso e il colore come di sangue di salasso. Mai avrei pensato che quelle piccole e insignificanti bacche macchiassero peggio dei carciofi e delle noci......
Ora il prodotto del mio artigianato da neofita era amorevolmente contenuto in ampolle di vetro, pronte a essere offerte ai palati curiosi.
Questo era il percorso nuovo, si aprivano nuove strade, laddove la vecchia vita non aveva saputo offrirne.

martedì 26 febbraio 2013

Il giudizio

Il giudizio, quando arriva, non fa sconti, è netto e per questa sua particolarità scontenta necessariamente qualcuno. Oggi è uno di quei giorni in cui il giudizio è arrivato e ha reso palese quello che tutti sanno circa le nostre particolarità, ma tant'è.
La folla dei delusi e degli amareggiati da un esito che non li ha soddisfatti, è imponente, ma  anche la folla dei contenti ed entusiasti dall'esito che li ha favoriti, è imponente.
È sempre stato così, sempre divisi in due, a darsi le colpe gli uni con gli altri per le cose che non vanno e a prendersi i meriti anche delle giornate di sole.
D'altronde è così, nella nostra cultura di popolo il bene comune non esiste, esiste solo il personale, il privato e quello che è pubblico è lì solo per essere depredato.
E così siamo arrivati alla fine e nulla potrà essere fatto e nulla potrà essere deciso. Il pareggio che scontenta tutti e accontenta tutti è servito in un'urna d'argento.
Ho sempre pensato che la democrazia fosse il peggiore dei sistemi di governo, perchè si fonda sulla circonvenzione degli incapaci sia d'intendere che di volere..... ma oggi sono portato a pensare di essermi sbagliato, la democrazia è senza dubbio quella bieca forma di sopraffazione dei più deboli, ma è altrettanto vero che non ci meritiamo altro.


venerdì 15 febbraio 2013

L'arte di scegliere.

Poche altre cose sono scivolose come la parola scegliere.
Scegliere, si sdrucciola sin dall'inizio e si arriva in fondo quasi certamente sdraiati.
Forse è per questo motivo che questo suono con un equilibrio così precario è stato assegnato un significato così profondo, come quello di stabilire una predilezione, convogliare le proprie preferenze su un'unica opzione, l'eletta.
Già, scegliere, scivolare verso una posizione, uscire dall'anonimato, schierarsi.
E si può scegliere solamente scivolando, rischiando (magari) di cadere, ma occorre schierarsi sul campo.
Scegliere, sciogliere la riserva, scivolare sulla decisione, la scelta è sciolta.


lunedì 11 febbraio 2013

Una risata ci seppellirà.

Una risata vi seppellirà, questo era il minaccioso motto del movimento di tutta la gioventù che tentava, con estremo affanno, di uscire dal piombo di quegli anni. Una risata che avrebbe compiuto il suo dovere dando morte invece che vita.
Chi ascoltava queste parole all'epoca, non sapeva le origini anarchiche della frase, legata ai bui periodi ottocenteschi di persecuzioni nei confronti del libero pensiero e viveva la frase come un arguto, quanto innocuo paradosso.
Oggi sappiamo che così non è, la risata ci sta seppellendo tutti. Tutto è legato al moto del riso, dello sberleffo, alla voglia di dileggiare tutto il dileggiabile e anche quello che deridere non si dovrebbe.
Non è spiegabile altrimenti il successo che lo sberleffo ha presso tutti i livelli della popolazione.
Si ride e si muore di derisione e niente  ferma la valanga ormai lanciata verso valle. Le frasi dei politici, quando non i politici stessi, vengono derisi, invece che essere avvallati o contrastati con i dovuti argomenti.
Insomma, pare che non ci sia altro da fare che nascondere la propria ignoranza sotto uno spesso strato di dileggio..... ed è quindi probabile che una risata ci seppellisca, ci seppellisca tutti, ma proprio tutti.
 

lunedì 4 febbraio 2013

L'arrivo dell'inspiegabile perchè.

E poi, così, senza preavviso, arrivò il momento di chiedersi il perchè. 
Aveva cercato di imparare a sue spese che le domande di cui non si conosce la risposta sono inopportune, ma i risultati, come si vede, non erano stati dei più esaltanti.
D'altronde la sua stessa patetica carriera scolastica costituiva un bel riferimento per chi avesse voluto avere le idee più chiare sull'argomento... così andavano le cose in quel freddo febbraio di qualche anno fa.
Rimaneva da chiarire quale spinta avesse ricevuto il perchè, per trovarsi protagonista di una domanda, peraltro del tutto inaspettata.
In realtà solo gli stolti non vedono ciò che deve essere visto e guardano altrove,  come se la risposta di fronte ai loro occhi avesse parvenze troppo semplici, tali da sminuire la considerazione in cui essi stessi tenevano la portata del proprio spirito.
In quella specifica vicenda, le cose erano andfate diversamente e la domanda si era infiltrata nei territori delle risposte date malvolentieri, quando erano date.
Guardando bene le cose da un altro angolo, veniva voglia di non considerare la domanda, né, tanto meno, azzardare una risposta che avrebbe avuto il senso di non avere alcun significato, se non quello di procrastinare ulteriormente l'incontro col perché.
Non erano quelli i giorni favorevoli alle diagnosi, quelli erano i giorni del freddo dell'anima e del gelo nei paesaggi che la mente, di volta in volta, incontrava.
Fu facile distrarsi e ignorare il perché, d'altronde, una risposta non data lascia aperti spazi verso vie di fuga che possono sempre far comodo a chi vuol farsi domande, ma non vuole darsi risposte.
Una vita ripiegata in più parti, in atteggiamento di preghiera, inginocchiata davanti al simbolo del potere e davanti a quello della sconfitta, una vita degna di essere ignorata, solo in parte.
Quando si passa la vita a cercare di restare nell'anonimato, può capitare di chiedersi il perchè non si rincorra la fama, non c'è risposta, il tempo è la nebbia che avvolge la vita dei più, che, in una visuale ridotta, scompariranno presto dalle pagine della cronaca, senza riuscire aconquistare quelle della storia. 


giovedì 17 gennaio 2013

Musica

Le vibrazioni emesse dalle note racchiudono in sè un mistero profondo e solo parzialmente conoscibile, che è il mistero stesso della vita e dell'Universo.
L'espressione è la caratteristica che si abbina spesso alle sequenze di note, come se fosse determinante ma che non le qualifica. Il suono si qualifica da solo, il succedersi delle note, la formazione in tempo reale della melodia non ha bisogno di altro.
Certo, tutto ciò che contribuisce a rendere più gradito all'orecchio l'evento musicale è bene accetto, ma deve essere chiaro che la composizione è bella per come è stata ideata, che poi venga eseguita bene è un optional che non può che fare piacere.
È la musica che offre l'intuizione della creazione, il suono del "principio", la frequenza, la vibrazione, la presenza avvertibile, ma non visibile di Dio.
È la musica che sonda gli stati emozionali ed emozionabili della nostra fragile struttura chimica, tramutandola in anima, in puro spirito, avvicinandoci così all'essenza stessa di Dio.
E se è vero che Dio ci ha creati a sua immagine, cosa più della musica ci si cuce addosso, ci irrora ogni minimo poro, ci avvolge come un velo invisibile di energia. 
Come può Dio negare sè stesso, negare e mortificare la sua radice profonda nelle vibrazioni delle frequenze che lui stesso ha stabilito.
Dio è musica e la musica è Dio e ognuno di noi è Dio, ma non tutti sono musica.
 


mercoledì 16 gennaio 2013

Variabile

"Variabile" è il termine che viene usato dai metereologi, per descrivere un cielo nuvoloso, parzialmente sereno, piovoso..... in tutti i casi, instabile. 
La realtà è molto, molto più immaginifica, tanto che cinquanta sfumature di grigio, così in voga di questi tempi, rischiano di essere limitative, quando si tratti di descrivere le gradazioni cromatiche che le nuvole offrono nello spettacolo del cielo "variabile".
In realtà la sceneggiatura prevede una indimenticabile tavolozza nelle tonalità del bianco e del nero, per quanto sfumati, con l'improvvisa e inaspettata irruzione di tutti i colori dell'iride, ben rappresentati da un arcobaleno ben intenzionato a mantenere gelosamente custodito il segreto del paiolo dell'oro.
Altre nubi stanno appoggiate morbide sui rilievi, quasi ad attendere il loro turno nello spettacolo e il diradarsi in due punti dell'orizzonte ci permette di avere l'esatta percezione del punto in cui nasce la tempesta.
"Variabile" è un lemma anonimo, sibillino, nasconde nel suo essere inosservato, un universo da esplorare, fatto di colori e di grigi, di luci e di buio, di nitidezza e opacità. Un universo di casuale e perfetta complementarietà, racchiuso in una sola parola.

martedì 8 gennaio 2013

Riunioni

Un tempo erano i camini e le aie, quando non le bettole dei vicoli del centro, i muti testimoni delle narrazioni che accompagnavano la vita dell'umanità. 
Poi la rivoluzione tecnologica ha separato le persone e costituito immensi quartieri dove i vicini di ballatoio non si conoscono e meno che mai si parlano.
Alla fine degli anni 60, inizio dei 70, l'aria si popolò di nomi improbabili e di colloqui a base di codici da adepti e segnali militari. La Citizien Band imperversava nelle città e fuori, con scorno immenso delle Autorità postali, che, con la loro Polizia, non riuscivano a estorcere le dovute tasse di concessione dai possessori del "baracchino".
Anche in quel caso la tecnologia ci mise la mano e la nascita di strumenti utilizzabili in auto, alimentò un immenso gioco di Guardia e Ladri che finì con l'ennesima sconfitta dei buoni da parte dei cattivi.
Ora è la volta di internet e dei social network. Ora tocca a loro riempire il vuoto lasciato dalla mentalità e pratica paesana, per dare spazio all'insulso mondo moderno, ma non è la stessa cosa e quello che è più clamoroso è che se ne rendono conto tutti.

lunedì 7 gennaio 2013

Passate le feste

Passata è ora la festa,
odo grande richiesta.

E finalmente siamo arrivati alla tanto attesa campagna elettorale, per eleggere il Parlamento degli onesti che, stavolta, rispecchi davvero il popolo immacolato che lo vota.
Le prospettive sono sempre le stesse, la vagante sinistra tace, in attesa di trovare un modo ragionevolmente plausibile per perdere le elezioni; l'odiosa categoria dei viscidi "moderati" che fanno coorte intorno all'incantatore di serpenti, si ripropone nel vecchio cavallo di battaglia di salvatori della Patria e la "novità" civica, costituita dal vecchio e colto professore, che (probabilmente) ha davvero salvato l'Italia dal tracollo in cui l'aveva trascinata la follia-antistato del Cavaliere di Arcore, ma lo ha fatto in un modo da accentuare le già ampie disegualianze che caratterizzavano l'italico popolo, riuscendo laddove anche i più feroci golpisti avevano fallito: mettere una nazione in ginocchio.
Il nodo è sempre quello, dall'inizio dei tempi e non ci sarà alcuna possibilità di scioglierlo; le tasse, ovvero come convincere le genti italiane a pagarle, come instillare nel nostro incosistente popolo il senso di Nazione e quindi far nascere all'interno di ogni individuo l'obbligo morale di attiva e spontanea partecipazione alla "cosa pubblica", anche con pagamenti in denaro.
Già, "morale", che termine desueto, che inutile pensiero.
In realtà, la morale italiana è famosa nel mondo. È vero, siamo geniali, forse come pochi altri popoli, siamo attenti e troviamo soluzioni creative a ogni pie' sospinto, ma quanto parlano di noi, i non italiani sorridono.
Non hatto torto del tutto, noi siamo i voltagabbana, siamo quelli pronti a saltare sul carro del vincitore, siamo quelli la cui Nazione finisce giunti sulla soglia di casa, dal marciapiede in là è "terra di nessuno", siamo quelli che la colpa o i doveri sono sempre di qualcun altro, meglio se del Governo, come se non ci rappresentasse..
Tutti i miei conoscenti e amici evasori giustificano appassionatamente il loro operato, chiamando in causa il livello elevato della pressione fiscale, che li fa sentire autorizzati a un comportamento considerato legittimo (del resto recentemente avvallato da autorevoli "statisti"), cioé quello di non pagare il dovuto, ma il minimo che consenta loro di non subire i temuti accertamenti dell'Agenzia delle Entrate.
Difficilmente si può contrastare un argomento così fondato, come dar loro torto, la pressione è realmente notevole. D'altra parte, è risaputo che anche un'aliquota minima, sarebbe comunque troppo, sarebbe contrario alla logica dominante, per qual motivo versare una parte dei propri soldi, al fine di mantenere una struttura di servizi collettivi? Già, perchè dare dei soldi faticosamente guadagnati e avere in cambio "solo" una Nazione,  è troppo poco.... non fu d'altronde Wiston Churchill, l'aristocratico vittoriano, considerato da molti un grande statista, che, al domani della sconfitta elettorale nell'immediato dopoguerra, esclamò con disappunto "17% di tasse, dove andremo a finire di questo passo..."? C'è poco da fare, anche gli statisti più illustri pagano mal volentieri il tributo dovuto allo Stato, che hanno contribuito a formare.
E allora diamo il via alla pantomima, che è sempre quella, tutti si lanciano a rotta di collo per la discesa delle facili promesse, non pagheremo tasse, o ne pagheremo in modo significativamente inferiore, avremo maggiori servizi, perché lo Stato e i suoi dipendenti diverranno improvvisamente virtuosi, la lotta all'evasione fiscale sarà dura e implacabile, fino a divenire non necessaria perchè lo Spirito Santo scenderà sugli italiani e li renderà fieri di partecipare alla spesa collettiva; anche la malavita avrà le ore contate e sarà bellamente sgominata dai propri simili in divisa nell'arco di una sola legislatura
Pensandoci bene, sono certo che sarà così, come dicono loro.......



..... almeno fino al 24 febbraio.