Chi non è mai restato affascinato dagli echi monodiaci del canto gregoriano è un babbeo.
In realtà la spiritualità correlata al'andamento dell'unica linea melodica di queste preghiere in musica coinvolge l'ascoltatore con la sua semplicità tematica e lo avvicina a schemi che sollevano lo spirito oltre la normale soglia delle miserie umane, per nutrire con pascoli più lussureggianti l'anima.
L'uno è fatto così, avvicina alla meditazione, alimenta il pensiero alto e la capacità di elaborarlo.
Ma poi l'uomo creò la polifonia, la lode a Dio a più voci, ciascuna che seguiva una sua propria linea, che realizzava una perfetta armonia, impastandosi con le altre voci, portando godimento al corpo, oltre che nutrimento allo spirito.
Laddove le singole note tutte uguali per tutte le voci che componevano il coro, incoraggiavano la preghiera per il fine comune, allo stesso modo la polifonia mascherava da preghiera un sordido desiderio di piacere individuale, mediante accoppiamenti illeciti di voci, taluni contro natura.
Un appetito che non fu più possibile saziare e che, anzi, generò composizioni sempre più ardite a quattro, cinque, sei e più voci..... una vera orgia di suoni, lasciva e peccaminosa.
La polifonia ha invaso le orecchie e i cuori di tutti col suo fascino di sfida di un ordine immutato nei secoli, che si era ritenuto, fino ad allora, immutabile.
Il fascino delle deviazioni che concorrono comunque a un risultato finale degno, forse ha allontanato l'umanità da quel dio assoluto, ma forse (e dico forse) ha posto l'uomo in una posizione molto più vicina alla propria essenza, fornendogli un metodo in più per conoscersi e capire che non esiste una sola strada.
Il fascino delle deviazioni che concorrono comunque a un risultato finale degno, forse ha allontanato l'umanità da quel dio assoluto, ma forse (e dico forse) ha posto l'uomo in una posizione molto più vicina alla propria essenza, fornendogli un metodo in più per conoscersi e capire che non esiste una sola strada.
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