venerdì 3 febbraio 2017

La liberazione della Virginia

Povera Raggi, cinta d'assedio sin dal giorno del suo insediamento, rea di scelte lente e poco felici e vittima del suo stesso immobilismo.
"Lasciatela lavorare" dicono i suoi sostenitori e, forse, hanno ragione, ma diciamo che il suo operato non aiuta a chiudere gli occhi e attendere che passino questi anni di mandato.
È probabile che faccia le spese del pressapochismo di tutta una società, ormai in avanzato stato di decomposizione, senza più valori sociali.
D'altronde di che vogliamo accusarla? Lei è colpevole, come lo è il suo popolo, ma non solo il suo popolo, di aver creduto che una categoria morale fosse requisito unico e sufficiente a ben governare la Cosa Pubblica. 
Abbiamo udito fino alla nausea il grido "onestà. onestà" ben sapendo che l'obiettivo era quello di ritornare all'assennatezza del "buon padre di famiglia", ma il grido e l'enunciato, da soli, non bastano, in altri Paesi ci sono le scuole che preparano la classe dirigente della Pubblica Amministrazione, da noi tutto viene lasciato al caso, basta che si sia onesti......ma per favore.
L'onestà rientra nei pre-requisiti di chi si occupa della Cosa Pubblica, chi contravviene in galera senza passare dal via, come al Monopoli.
L'illusione fatua che tutti possano fare tutto e che, comunque, saranno sempre meglio degli altri (esperti e ladri), è dura a morire. 
È una convinzione che si è diffusa capillarmente per l'ignavia e l'arroganza di una classe politica indecente, lontana anni luce dalla vita reale; aggiungiamoci la mancanza totale di una nuova classe dirigente, uccisa sul nascere dai vecchi baroni che da almeno trent'anni dominano la scena e il gioco è fatto. 
È un bel casino (mi si passi il francesismo)

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