sabato 24 dicembre 2016

Gli attentatori e l'olio tunisino.

Riportiamo integralmente questa considerazione dell'on. Manlio Di Stefano, parlamentare italiano, sulla vicenda che ha coinvolto il cittadino tunisino Amri Anis, autore di una strage per fini religiosi, in un mercatino natalizio a Berlino, freddato in Italia qualche giorno dopo, da due agenta della Polizia di Stato.
Il fatto che l'onorevole Di Stefano sia un membro ai massimi livelli della classe dirigente di questo nostro povero Paese, può aiutarci a capire meglio come mai siamo arrivati a questo punto nella nostra vita collettiva.
A scanso di equivoci, ai fini di fermare subito eventuali accuse di voler gettare discredito su una qualsivoglia forza politica, la fonte è il profilo Facebook dell'onorevole Di Stefano, copiato e incollato integralmente, senza alcuna omissione e/o rettifica.

"ATTENTATI E COLPE DELLA POLITICA
Anis Amri, il terrorista di Berlino, è stato ucciso questa notte a Sesto San Giovanni. Degli ultimi 6 anni ne aveva passati 4 in Italia tra il riformatorio di Catania e il carcere Ucciardone di Palermo per atti di violenza e, nonostante fosse sotto "monitoraggio per atteggiamenti radicali anticristiani", è stato scarcerato nel maggio del 2015 per essere espulso. Inviato al Centro di Identificazione ed Espulsione di Caltanissetta le procedure si bloccarono per la mancata cooperazione della Tunisia che non riconobbe la nazionalità (per non prendersi indietro un delinquente...). Così la Procura di Caltanissetta fu costretta a rilasciarlo intimandogli di lasciare il Paese e lui, ovviamente, lo lasciò sì, ma non per tornare in Tunisia ma per andare in Germania, fare un attentato a Berlino e tornare senza problemi in Lombardia dove è stato ucciso stanotte.
Ora, in un caso così, le chiacchiere stanno a zero, non parliamo di un insospettabile, non parliamo di un rifugiato, non parliamo di uno dei tantissimi immigrati per bene che pagano le tasse e si spaccano la schiena tra di noi, parliamo di un clandestino che andava espulso verso uno dei pochissimi paesi con i quali l'Italia ha già un accordo per i rimpatri e che, invece, ha fatto i suoi porci comodi.
Perché, quindi, il rimpatrio non è avvenuto?
Perché Anis Amri non è stato caricato su un volo diretto a Tunisi e lì messo sotto sorveglianza?
Semplice, perché al Governo abbiamo dei poco di buono che non sanno farsi rispettare.
Ricordate quando ci dissero che l'Italia aveva fatto bene a liberalizzare l'importazione di olio tunisino? Avremmo rovinato l'economia pugliese ma avremmo sostenuto il Governo di Tunisi nella lotta al terrorismo e nella stabilità della regione garantendogli entrate economiche cospicue, ci dissero.
Uno quindi si aspetterebbe un Governo tunisino sull'attenti ogni volta che il Governo italiano lo chiama, ed invece porte in faccia.
Bella collaborazione abbiamo ottenuto in cambio, davvero complimenti, ci pisciano in testa e dicono che piove.
Il nostro Paese sta fallendo, da tutti i punti di vista, e questo avviene perché l'abbiamo affidato a incapaci, incompetenti e fannulloni buoni solo a parlare delle "classi dirigenti" altrui quando al loro interno la selezione l'hanno fatta tra gli scarti della società.
Questa gente va mandata a casa prima che sia troppo tardi, la polizia, che ringrazio, non potrà tenerci al sicuro in eterno senza una buona sponda politica."

Una chiave di lettura singolare e semplicistica, come non ci si aspetterebbe da un rappresentante delle Istituzioni dello Stato, ma tant'è. Questo è un esempio del livello medio dei nostri dirigenti politici e fatta qualche rarissima eccezione, è inutile che ci affanniamo, sono tutti uguali, questo è il segno dei tempi.

domenica 11 dicembre 2016

Bob Dylan e il Nobel per la letteratura.

Questo il discorso inviato da Bob Dylan all'Accademia di Svezia

“Buona sera a tutti.
Estendo i miei più calorosi saluti ai membri dell’Accademia Svedese e a tutti gli altri distinti ospiti qui presenti stasera. Sono dispiaciuto di non poter essere qui con voi di persona, ma sappiate che sono assolutamente con voi nello spirito e onorato di ricevere un così prestigioso premio. Essere premiato con il Nobel per la Letteratura è qualcosa che non avrei mai potuto immaginare o ritenere possibile. Sin dalla mia infanzia ho avuto familiarità e ho letto e assorbito i lavori di coloro che sono stati ritenuti degni di tale riconoscimento: Kipling, Shaw, Thomas Mann, Pearl Buck, Albert Camus, Hemingway. Questi giganti della Letteratura i cui lavori sono insegnati nelle scuole, ospitati nelle biblioteche in giro per il mondo e di cui si parla in toni riverenti mi hanno sempre fatto una profonda impressione. Il fatto che io ora aggiunga il mio nome a una simile lista mi lascia davvero senza parole.
Non so se questi uomini e queste donne abbiano mai pensato di ricevere un giorno l’onore di un Nobel, ma suppongo che chiunque scriva un libro, una poesia, una commedia in qualche parte del mondo conservi forse questo segreto in un posticino ben nascosto dentro di sé. E’ probabilmente così ben sepolto che forse neanche lo sanno.

Se qualcuno mi avesse mai detto che avevo anche una minima possibilità di vincere il Premio Nobel, avrei pensato che avevo forse le stesse possibilità di camminare sulla luna. Infatti, nell’anno in cui sono nato e per alcuni anni dopo, non c’era nessuno al mondo considerato abbastanza buono da vincere questo premio Nobel. Così riconosco di essere in una compagnia molto ristretta, a dir poco.
Ero fuori in strada quando ho ricevuto questa sorprendente notizia, e mi c’è voluto ben più di qualche minuto per metabolizzarla correttamente. Ho cominciato a pensare a William Shakespeare, la grande figura letteraria. Mi sono chiesto se si fosse riconosciuto come drammaturgo. Il pensiero che stava scrivendo letteratura forse potrebbe non essergli passato per la testa. Le sue parole erano scritte per il palcoscenico. Destinate a essere dette, non lette. Quando stava scrivendo Amleto, sono certo che stava pensando a un sacco di cose diverse: “Chi sono gli attori giusti per questi ruoli?”, “Come si dovrebbe mettere questa cosa in scena?”, “Voglio davvero ambientarlo in Danimarca?”. La sua visione creativa e le ambizioni erano senza dubbio al primo posto nei suoi pensieri, ma c’erano anche altre questioni più banali da considerare e affrontare: “Ci sono abbastanza finanziamenti?”, “Ci sono buoni posti sufficienti per i miei finanziatori”, “Dove lo vado a trovare un teschio umano?”. Scommetto che la cosa più lontana dai pensieri di Shakespeare fosse la domanda: “Questa è letteratura?”
Quando ho cominciato a scrivere canzoni da ragazzo, e anche quando ho cominciato ad avere qualche riscontro per le mie capacità, le mie aspirazioni per queste canzoni non andavano molto lontano. Pensavo che sarebbero state ascoltate nei bar, nei caffè, forse più tardi in posti come la Carnegie Hall o il Palladium di Londra. Se avessi davvero sognato in grande, avrei forse immaginato di fare un disco e poi di ascoltare le mie canzoni alla radio. Quello sarebbe stato davvero un gran premio per me. Fare dischi e ascoltare le tue canzoni alla radio significava che stavi raggiungendo un vasto pubblico e che avresti potuto continuare a fare quello che avevi progettato di fare.
Be’, ho potuto fare quello che avevo progettato di fare per un sacco di tempo ormai. Ho fatto dozzine di dischi e tenuto migliaia di concerti in ogni parte del mondo. Ma sono le mie canzoni il centro vitale di quasi ogni cosa che faccio. Sembrano aver trovato un posto nelle vite di molte persone attraversando molte diverse culture e sono grato per questo.
Ma c’è una cosa che devo dire. Come performer ho suonato per cinquantamila persone come per cinquanta persone, e posso dirvi che è più arduo suonare per cinquanta persone. Cinquantamila persone sono come una persona sola. Non così cinquanta. Ogni persona ha una sua individuale, separata identità, un mondo a sé stante. Possono percepire le cose più chiaramente. La tua onestà e come ti relazioni con la profondità del tuo talento sono messe alla prova. Il fatto che il comitato per il Nobel sia così piccolo non mi fa perdere di vista questo. Ma come Shakespeare, anch’io sono spesso occupato a inseguire i miei sforzi creativi e a concentrarmi su tutti gli aspetti delle banali questioni della vita: “Quali sono i migliori musicisti per queste canzoni?” “Sto registrando nello studio migliore?”, “Questa canzone è nella tonalità giusta?”. Alcune cose non cambiano mai, anche dopo 400 anni. Nemmeno una volta ho mai avuto il tempo di chiedermi “Le mie canzoni sono letteratura?”. Così devo ringraziare l’Accademia Svedese, sia per essersi presa il tempo di considerare questa grande domanda, sia per aver fornito una così meravigliosa risposta.
I miei migliori auguri a tutti voi, Bob Dylan”

10 dicembre 2016 – © The Nobel Foundation 2016.

lunedì 5 dicembre 2016

I numeri del sì e del no

Il Viminale annuncia che i cittadini che hanno partecipato al referendum costituzionale del 4 dicembre sono stati il 65,47% e cioé su 46.720.943 aventi diritto di voto, hanno votato 31.997.916.
Le schede bianche, nulle, o non assegnate, sono state 263.126, molte meno di quanto ci si potesse aspettare.
Hanno votato SI 12.709.515 italiani, hanno votato NO 19.025.275.
Il partito del NO, ha, quindi, vinto con uno scarto di 6.315.760.
Il primo dato oggettivo che se ne ricava è che, in tutti i casi, la minoranza degli italiani ha vinto un referendum costituzionale, perchè, comunque la si voglia mettere, 19 milioni di persone non sono la maggioranza di 46 milioni e rotti.
I democratici illuminati che frequentano il panorama politico dittatoriale del nostro tempo, affermano che chi sceglie di non partecipare al voto, non ha diritto di lamentarsi.
Scopriamo, di conseguenza, che il non partecipare a una consultazione referendaria (o più in generale all'inutile liturgia di questo simulacro di democrazia) fa perdere i diritti costituzionali al malcapitato che abbia avventatamente scelto questa via.
In realtà, noi paghiamo molto bene un popolo di fancazzisti, honesti e dishonesti, che non sono neppure in grado di decidere di comune accordo come modificare le regole del gioco, in modo che si eviti lo scempio di una legislatura ogni anno e mezzo.
Non lo sanno fare? non lo vogliono fare? prevalgono gli interessi di bottega?
Forse sì, per quanto sia lecito il sospetto che lo spirito agonistico abbia pervaso la vita politica, col risultato che l'importante non è curare il bene comune e l'interesse generale, ma solo vincere uno stolto campionato, peraltro ottimamente retribuito.
Questo è il risvolto meno gradevole della democrazia liberale, quella che ti opprime, facendoti credere che sei tu a decidere.
Ma è sempre più vicino il momento in cui il re sarà nudo. Sarà allora che mi piacerà osservare all'opera quelli che oggi fanno i puri difensori del popolo sovrano.
Siamo sempre quelli di Franza o Spagna, purché se magna.


venerdì 18 novembre 2016

L'altro che capita

John Lennon ebbe a dire che la vita è quello che succede, mentre sei impegnato a fare altro.
Per quanto paradossale, l'affermazione si porta dietro il corollario che è impossibile vivere la vita, poiché si suppone che sempre si stia facendo altro. 
Ne consegue che la non-vita domina le nostre esperienze, mentre la vita si approfitta delle nostre distrazioni per scorrere tranquilla, senza intralci di alcuna natura
Per dirla con un francesismo, la vita è proprio una stronza.

domenica 13 novembre 2016

Elezioni U.S.A.

Doveva vincere Hilary, una donna alla Casa Bianca. ma... the Lady is a Trump

La corte del re Fripp

Ci sono cose che muovono le corde più profonde del cuore.
Per quanto mi riguarda, pensavo che questo privilegio, o presunto tale, fosse appannaggio esclusivo di Mr. Hammill, sia da solo che col solido e immarcescibile gruppo.
Si può, quindi, immaginare la meraviglia nello scoprire come i quarant'anni e passa di musica, prodotta  Mr. Fripp e allegra brigata Cremisi, abbiano minato profondamente la mia sicurezza.
Vero che il signor Fripp non è così prolifico come lo è stato il genio del Generatore, ma dalla sua può vantare un atteggiamento che ha sempre privilegiato l'espressionismo artistico, avvicinandosi più a un principio jazzistico, che non ai dogmi del rock e la sua coerenza parla attraverso una discografia ricchissima di "live album" contenenti brani più che conosciuti, di volta in volta trasformati in qualcosa di diverso, se non negli enunciati, nell'animo di chi lo suona e di chi lo ascolta.
Allo stesso tempo, la filosofia del Re si è andata orientando verso un'impostazione da esecutori di musica classica, per cui i brani, pur subendo i necessari e inevitabili aggiornamenti delle riesecuzioni, mantengono fedele le linee più note che li hanno indissolubilmente legati agli ascoltatori più fedeli.
Gran bel lavoro, con un organico bizzarro, quanto bizzarro ha saputo e sa essere Mr. Fripp, da quando lo abbiamo incontrato, più o meno casualmente, per la prima volta.
Tutti i musicisti del progetto sono degni di nota e nessuno in particolare prevale, dando forma e sostanza al pensiero Crimsoniano che il gruppo sia l'entità che conta, i singoli sono solo modesti (ma non troppo) comprimari.
E così apprezziamo un rinato Mel Collins, con tutte le sua ance e i suoi flauti; l'inaspettato Jakko Jakszyk, britannico a dispetto del patronimico, che copre bene le parti di seconda chitarra e quelle vocali (compito, quest0ultimo, tutt'altro che semplice dato che i predecessori si chiamavano Lake, Wetton e Belew); Un gigantesco Tony Levin a stelle e strisce con basso contrabbasso e Chapman stick, che ha sostenuto tutte le sue parti con puntuale precisione e creatività.
Le pelli sono state battute da tre ottimi soggetti; Gavin Harrison, che ha avuto il ruolo di accompagnato principale in gran parte del programma; Pat Mastellotto che ha curato le parti più specificatamente percussive e gli scambi più "brufordiani" con una tecnica che tanto da vicino ricorda Steve Gadd; in ultimo, ma non da meno, Jeremy Stacey che ha brillato nelle parti di piano e tastiera (montata di fianco alla sua batteria), senza tralasciare importanti interventi percussivi, quando l'altro ruolo glielo abbia permesso.
Alla fine, il gigante, il demiurgo, il pensiero stesso del gruppo e della musica, mr. Robert Fripp, su cui troppe parole sono state spese, senza che una sola di esse riuscisse a descriverne in modo compiuto la capacità compositiva e organizzativa, esecutiva e interpretativa.
Una formazione da sogno per un concerto che ha mosso l'anima.

domenica 6 novembre 2016

I tempi cambiano

"È così, i tempi cambiano" disse il penitente informatico col silicio.

La caduta

La caduta è libera quando si può esprimere senza limitazione alcuna.
Stile si occupava dell'abbinamento dei tessuti e dei colori, ma anche del taglio e della forma.
La caduta di Stile sembrò uno scherzo del destino.

sabato 5 novembre 2016

Il mattino.

Il mattino ha loro in bocca e li mastica con pazienza certosina.

martedì 1 novembre 2016

Bastano le scuse?

Enza Blundo è una senatrice della Repubblica, cioè un alto rappresentante del nostro Parlamento.
Il triste giorno del terremoto che ha colpito Norcia, l'eroica rappresentante lancia una nota teoria complottista (Bufala) sui social network con questa frase: "Il Tg1 apre dichiarando una scossa di 7.1 e poi la declassa a 6.1! Ancora menzogne per interessi economici del governo".
La Blundo senza macchia e senza paura, non sa che il decreto pensato da Monti nel 2012, che creava scaglioni di rimborso dei danni subiti a seconda dell'etità della scossa, non passò, ma pare che l'ignoranza abbia ora trovato cittadinanza anche fra gli "honesti", mentre prima era esclusivo appannaggio dei vari Scilipoti e Razzi.
Non contenta della vergognosa menzogna (divulgata con honestà), la Nostra ha cercato di farsi bella correggendo il post nel modo seguente: "Il Tg1 apre dichiarando una scossa di 7.1 e poi la declassa a 6.1! Quello che mi preoccupa è la finzione mediatica, perché può fare danni maggiori del sisma stesso! Massima solidarietà e vicinanza per tutti coloro che sono stati danneggiati", in cui sparivano "gli interessi economici del governo".
Alla fine, di fronte a tanta frittata, la Blundo pubblica le sue scuse: "Chiedo scusa a tutti per le dichiarazioni scritte questa mattina. Sono state parole dettate dall’emotività che può coglierci in alcuni momenti di particolare tensione e sconforto in relazione, tra l’altro, ad esperienze vissute. Il lavoro da fare e’ tanto, spero che da domani si possa passare ad altro".
Grillo, se fosse stato nei suoi panni storici di grande comico, avrebbe urlato "Scusa"?
Delle banali scuse ed è tutto finito? La malafede è da dimenticare quanto prima, per passare ad altro?
I gruppi parlamentari hanno inscenato una timida dissociazione, adducendo la solita noiosa litania del tutti posso sbagliare. No, miei cari signori e signore, non  tutti possono, in particolar modo quelli che fanno della questione morale la loro unica grande bandiera.
Il nemico (politico) non va colpito a qualunque costo con la menzogna e la calunnia, il nemico (politico) fornisce da solo grandi occasioni di critica, senza bisogno che si cerchi di trovare il fango sotto le macerie delle zone disastrate.
Da un partito che si autodefinisce "honesto" mi sarei aspettato una forte reprimenda e una censura esemplare di fronte a comportamenti che nulla hanno a che vedere col ruolo istituzionale che si è chiamati a ricoprire.
Non c'è stato, succede quando l'unica qualità vantata è l'onestà e il complottismo dietrologico di bassissima lega.

domenica 23 ottobre 2016

martedì 18 ottobre 2016

Musica

"La musica balcanica ci ha rotto i coglioni, è bella e tutto quanto ma alla lunga… rompe i coglioni"
"Il complesso cileno affisso sul muro promette spettacolo, un colpo sicuro.
"Non sopporto i cori russi, la musica finto rock, la new wave italiana, il free jazz punk inglese,.
neanche la nera africana."
La musica andina, che noia mortale, sono piu` di tre anni che si ripete sempre uguale"
"io non capisco perché tutti quanto continuano insistentemente a suonare questa musica di merda"



Grazie a Elio e le Storie Tese, Franco Battiato e a Lucio Dalla

venerdì 14 ottobre 2016

La meta prima del navigatore

Non sapevo quale fosse la direzione da prendere e non c'era nessuno nei paraggi.
Decisi di sedermi su una delle pietre angolari che sorreggevano l'architettura della mia vita, per poter meglio pensare al modo di uscire dal quel cul de sac in cui mi ero, più o meno volontariamente, infilato.
L'ombra di un pensiero mi aiutò a capire da che parte provenisse la luce e in quella direzione mossi i miei passi incerti nella loro apparente sicurezza. Non so ancora se arrivai da qualche parte, il fatto certo è che ancora cammino e la meta cambia in ogni istante, come se la direzione fosse una certezza instabile e variasse col variare della luce e dell'ombra dei pensieri.

martedì 11 ottobre 2016

Il buonismo e l'imbecillità.

Mi sono chiesto frequentemente come possa essere definito il "buonismo" neologismo idiota coniato per identificare coloro che non condividono atteggiamenti squadristi nei confronti dei diversi. Diversi da chi? Non saprei, diversi e basta, che poi siano finocchi, negri, disoccupati, oppositori, o altro ancora non è dato di approfondire.
Dopo una lunga riflessione "buonista" sono arrivato alla conclusione che sono buonisti coloro che ritengono che le decine di migliaia di morti nel Mediterraneo (solo nel 2016 siamo già a 3.000) siano un prezzo eccessivo che l'umanità tutta sta pagando e che tutte le politiche di contrasto, e perchè no, di affondamento delle barche piene di disgraziati, siano argomenti che solo dei cretini possono porre in essere.
Chiunque sostenga il tema del respingimento, abbia il coraggio di imbracciare le armi e provvedere direttamente acché legioni di affamati non sbarchino più sulle nostre coste. Abbia il coraggio di ucciderli e di guardarli in faccia mentre muoiono.

sabato 8 ottobre 2016

Si può vivere sui social?

Non ho letto Eco nel suo scritto in cui afferma che internet ha dato voce a legioni di imbecilli, ma penso che sia difficile porsi in antagonismo con questa affermazione.
La realtà è che in rete, per tutta una serie di motivi, ciascuno si sente depositario della verità rivelata e fin qui nulla di male, solo una umana esternazione della vanagloria che ci contraddistingue come esseri viventi; ma quel che è più grave e che ciascuno si senta autorizzato a divulgarla e difenderla strenuamente con ogni mezzo, non escludendo l'insulto quale tattica prediletta per l'annientamento del nemico.
In sintesi, i social network riescono a valorizzare il peggio che c'è in ognuno di noi, dando vita a un serraglio che alla lunga diventa difficilmente sopportabile.
Gli argomenti sono i più disparati, dalla cucina alla politica, allo sport, al costume. Fatto sta che ogni cosa diventa divisiva e conduce a demonizzazioni nel più idiota dei modi.
Oggi ho cancellato il mio account Facebook, l'impatto con l'insulto su qualsiasi cosa lo trovo oltremodo doloroso e inconcepibile. 
Mi verrebbe da dire a tutti questi esaltati da stadio "vieni a dirmelo in faccia, poi ti do io qualcosa in faccia". 
Appare nella sua più sconcertante evidenza che tale atteggiamento solleverebbe fiumi di sdegno da parte degli estimatori tout court del rifiuto della violenza.
Posso essere d'accordo con costoro?
È evidente che non posso. La parola è un oggetto sacro e va usato con molta attenzione e discernimento, le parole in libertà rischiano diesacerbare gli animi, quando poi ai concetti stupidi si accompagnano insulti gratuiti, be', allora l'unica cosa da contrapporre è un po' di sana e dolorosa (per chi la riceve) violenza, in modo che l'imbecille di turno si renda conto che il pensiero di un essere adulto differisce in modo considerevole dai pensierini che la maestra ci faceva comporre nel primo ciclo di studi.
Tutto ciò porge il fianco a una critica automatica: chi sei tu per ergerti sopra gli altri e stabilire cosa sia bene e cosa sia male?
È vero non sono nessuno, sono semplicemente una persona che si sforza di ragionare con la propria testa e, a volte, ci riesce ai limiti della sufficienza minima. Ma posso difendere il mio diritto a non essere insultato perchè la penso diversamente da qualcun altro e stabilire che non voglio tollerare che il dileggio e la denigrazione siano divenute l'unica arma dialettica che i più usano per argomentare le proprie sterili tesi.
Allo stesso modo, mi arrogo il diritto di richiedere un'ordalia a coloro che giudicherò cretini oltre il limite consentito dall'umana sopportazione. Sarà il giudizio di Dio a stabilire il torto e la ragione.

sabato 13 agosto 2016

Referendum? No grazie.

Perchè votare al referendum?
Le ragioni del Sì sono sostenute da Renzi, il nuovo che avanza, che apre, tuttavia, una procedura pericolosa, quale è quella di fare una cosa di questo genere senza il necessario confronto con le opposizioni e scegliere la rischiosa strada del referendum confermativo popolare.
Diciamolo subito, le modifiche della Costituzione sono scritte male, in modo poco chiaro e troppo articolato per essere parte della Carta di una Nazione, ma questo è, ci sono aspetti buoni, altri cattivi, ma complessivamente la proposta è comprensibile.
Su questo si dovrebbe ragionare.
Chi è favorevole dice che chi vota contro vuole lasciare inalterate le cose e continuare a mantenere una nazione ingovernabile, un Parlamento doppione e dei costi altissimi.
Argomentazioni risibili e smantellabili almeno in parte con un po' di buona volontà, ma non per la bravura dell'interlocutore, ma per la scarsa preparazione di chi il SI difende con slogan e frasi fatte.
Chi è contro si divide in due fazioni, quelli che votano contro a prescindere e quelli che votano contro Renzi, nessuno che entri nel merito delle motivazioni che dovrebbero indurre a votare NO.
Questo è il punto della questione, siamo arrivati all'assenza di ragionamento, come abbiamo già tristemente constatato, si parla per slogan e per partito preso. 
Pochi giorni fa, il vate della rivoluzione nelle urne, Grillo Giuseppe da Genova, ha dichiarato che l'elettore deve far prevalere l'istinto primordiale (sic) e votare dopo aver guardato in faccia chi propone la riforma.
La profondità dell'argomentazone si commenta da sola e se tanto mi dà tanto, anche guardare in faccia chi vota NO, non mette allegria, così, tanto per dare un assaggio potremmo citare Gasparri, Santanchè, Scilipoti e Razzi, per tacer di Giovanardi e Mussolini, insomma, anche Dibba e Di Maio si trovano in un'allegra brigata di farabutti.
Ora che abbiamo visto le orde schierate per le due risposte, forse è meglio comprensibile il perchè del non voto a questa ennesima manifestazione di forza della dittatura in atto nel nostro povero e martoriato Paese: le destre (fascista, neoliberista, sociale, conservatrice e quant'altro) si sono dati appuntamento sotto le due bandiere del sì e del no, in modo da monopolizzare l'evento.
Se fossi costretto, non voterei SI, perchè non piace quello che sta scritto sui fogli.
Se fossi costretto non voterei NO, perchè non posso in alcun modo accomunare il mio voto a quello dei liberticidi di questo Paese, purtroppo in maggiornaza.
Non sono costretto e quindi resterò alla finestra a guardare il minuetto che balleranno tutti questi figuri, compresi quelli che si "tagliano lo stipendio", ma non le diarie e i rimborsi e i finanziamenti.

Dinastie

Dopo la dinastia Ming, la grandezza dell'Impero è andata scemando.
Ora è il momento della dinastia dei Minghioni.

venerdì 12 agosto 2016

Marketing

L'ottimismo era esaurito. La vendita promozionale era stata un successo inaspettato.
Duecento e passa confezioni di ottimismo puro volatilizzate in poche ore.
Ora non rimaneva che pensare alla prossima campagna vendite.
I creativi della Società erano stati particolarmente brillanti, avevano creato bisogni e inventato soluzioni per soddisfarli.
La migliore trovata era stata il buonismo, un prodotto inesistente, con cui veniva venduto del banale buon senso, di quello che si trova a basso costo ovunque, ma che offriva l'impareggiabile opportunità di creare due aree di mercato contrapposte: da una parte quelli che avevano abboccato e avevano acquistato il buonismo in ogni tipo di confezione, non rendendosi conto di pagare quaranta volte (e forse anche di più) lo stesso buon senso che avevano sotto casa, da cui differiva solo per il contenitore più curato  e l'etichetta accattivante.
Dall'altra parte quelli che il buon senso non lo avevano mai acquistato, né ricevuto in regalo; quelli che neanche immaginavano che esistesse, tanto erano abituati a vivere sotto la legge della massa, una specie di Far West dei nostri giorni, dove la banda più forte stabilisce le regole per sé stessa, infischiandosene bellamente dei diritti degli altri, ammettendo che, ai loro occhi, gli altri potessero vantare una qualche sorta di diritto.
Diciamola tutta, il buon senso aveva abbandonato le teste della stragrande maggioranza delle persone, tanto che alcuni erano diventati buonisti, cioè utilizzatori di un buon senso di maniera, ai limiti della banalità, ma che nulla aveva a che vedere col buon senso quello dei nostri nonni, tanto per intenderci; altri erano diventati (o forse lo erano sempre stati) dei biechi individui, dediti esclusivamente alla tutela del proprio tornaconto personale, ma erano spesso convinti di essere dei fenomeni socialmente e moralmente realizzati.
Complessivamente uno spettacolo desolante, che lasciava pochi spazi a una semplice e lineare ragionevolezza.

Sinistra

Essere sollecitati da un conservatore a indicare cosa significhi essere di sinistra, è un esercizio mentale che non avevo preventivato di fare, ma che ha, invece, degli aspetti salutari, proprio al fine di chiarire a sè stessi, prima che agli altri, se avere idee progressiste significhi essere sempre e comunque contro tutto e tutti, in nome di un massimalismo che emargina i propri propugnatori nell'eremo della critica sterile e improduttiva.
Se in questa contestazione esiste un qualche fondamento di verità, e probabilmente esiste, occorre riconoscere che troppo spesso chi si dichiara di sinistra, dà per scontati numerosi principi, che non sono per niente scontati, a dire il vero. Detti principi non sono, talvolta, neppure univoci.
È in questo momento che entrano in ballo le più disparate dichiarazioni di intenti, che a vario titolo si richiamano a temi cari al pensiero di sinistra, sin dai tempi degli embrioni del socialismo utopistico di Fourier e Saint-Simon e che non sono mai stati abbandonati, ma semmai declinati in molti, molti e forse troppi, modi differenti, secondo scale di valori e d'importanza che collocano i sostenitori in un ventaglio che (a mio giudizio) diventa, o rischia di diventare, troppo ampio per essere credibile se paragonato alla realtù che viviamo.
Cerchiamo allora di stabilire quali siano i punti (a mio avviso) irrinunciabili per chi voglia dichiararsi di sinistra.
È evidente a tutti che i principi sono quelli di ugualianza sociale, di libertà sociale e di partecipazione collettiva alla cosa pubblica, conformemente alle possibilità individuali, senza trascurare i temi della libertà individuale, della giustizia, sia essa sociale che individuale.
Com'è chiaro a chiunque, una prima scrematura di fondamenti, tagliati in modo grossolano con l'accetta, risulta accettabile per moltitudini di persone, tutti vogliono la libertà, tutti vogliono la giustizia, tutti vogliono la pari dignità dei cittadini. 
Ma se gli enunciati così generici accolgono un favore tanto trasversale, allora la differenza sta nel paradigma con cui questi valori vengono declinati.
Dobbiamo pertanto applicarci con paziente lavoro di cesello, per meglio definire quando grossolanamente evidenziato a colpi di scure.  Qui le cose cambiano e di molto anche.
Una società, altro non è che un raggruppamento di individui che stabilisce attraverso delle regole un ordinamento giuridico-sociale a cui fare riferimento.
Nell'ambito di questo raggruppamento verranno stabiliti dei diritti e dei doveri per gli appartenenti, e queste regole varranno in tutti gli ambiti della vita collettiva e, qualcuno, anche in quella privata.
In uno stato moderno e "democratico" (orribile sistema), che cercheremo di rendere accettabile, i cittadini hanno:
  1. Diritto di voto
  2. Diritto alla libertà
  3. Diritto alla salute
  4. Diritto all'istruzione
  5. Diritto al lavoro
  6. Diritto alla giustizia
  7. Diritto all'informazione


Diritto di voto

I cittadini hanno diritto di eleggere i propri rappresentanti e questo è condivisibile da tutti, grossomodo.
Quelle che scatenano conflitti sono le modalità. Davvero pensiamo che un sistema equilinrato possa contare sul contributo devastante di esseri privi della benchè minima sensibilità verso il Bene collettivo?
A occhio, direi di no, il voto è uno strumento importante e, se riconosciuto universale, occorre che tutti ne siano all'altezza, nessuno escluso, perchè quello stupido segno di matita su un foglio incide nella vita delle persone e quindi occorre che sia utilizzato con la massima consapevolezza.
La democrazia non è un sistema semplice, fruibile a tutti, altrimenti diventa lo schifo di sistema liberticida che ci sta annientando.

Diritto alla Libertà.

L'essere umano deve essere libero, anche quando sia cittadino. La libertà è un concetto complesso che richiede lo sviluppo di un grande senso di responsabilità. Purtroppo la dittatura democratica, che ha rovinato le vite di molti, si basa sul concetto di repressione delle libertà individuali e collettive, per lasciare posto a tutta una serie di proibizioni che limitano il volere dell'individuo.
Ci aiuteremo con un paradosso per meglio esporre il concetto di responsabilità individuale.
Lo Stato mamma premurosa ha stabilito che le persone che viaggiano su veicoli a due ruote lo facciano indossando un casco, per la loro salvaguardia e per non incidere negativamente sul bilancio collettivo.
Un essere umano deve essere libero di scegliere se indossare o non il casco, se preservarsi o meno. È ovvio che, laddove la scelta procuri danni che richiedono l'intervento della sanità pubblica, chi ha deciso di non indossare il casco pagherà gli interventi sanitari fino all'ultimo centesimo. Si chiama responsabilità.

Diritto alla salute

In un'organizzazione collettiva di società la salute e l'assistenza sono diritti irrinunciabili. Una sanità di "sinistra" prevede che gli interventi siano totalmente gratuiti per i redditi bassi e onerosi per quelli più alti. Va stabilito il limite oltre il quale la sanità deve essere a carico del cittadino e in che percentuale. La scelta democratica di curare tutti gratuitamente a prescindere dal reddito è una misura di destra che ovviamente favorisce i più ricchi a discapito dei più poveri. La sanità privata deve essere vietata o rigorosamente regolamentata e controllata dallo Stato.

Diritto all'Istruzione.

È un dibattito trito. La scuola deve essere solo pubblica, a totale carico dello Stato e in grado di esprimere livelli di eccellenza assoluta. Per conseguire questi ambiziosi risultati i controlli meritocratici su corpo docente e impiegatizio devo essere rigorosi e devono prevedere l'allontanamento di coloro che non contribuiscono al raggiungimento dei livelli alti previsti.
La scuola pubblica, se necessaria, può essere consentita, senza alcun contributo dello stato. a patto che sia controllata da appositi organi di Stato, che mirino a valutare il perseguimento dei programmi statali e la preparazione dei discenti 

Diritto al lavoro.

Una Società di sinistra si fonda sul lavoro e non può in alcun modo tollerare forme di sfruttamento di uomini su altri uomini, per le quali devono essere previste pene detentive non inferiori a 30 anni. 
Il lavoro non è un favore che l'imprenditore fa al lavoratore, ma uno scambio consenziente fra persone con pari dignità. 
Il lavoro sarà adeguatamente retribuito e regolamentato secondo criteri che non vadano a ledere la dignità dell'individuo. L'importo minimo della retribuzione oraria sarà decretato annualmente dallo Stato, sulla base di rigorose analisi economico-politiche di cui il Governo sarà responsabile civilmente e penalmente. 
L'ingresso e l'uscita dal lavoro avranno ampia flessibilità, laddove giustificato dalle esigenze delle aziende e anche la flessibilità oraria dovrà essere patteggiata con disponibilità di entrambe le parti.

Diritto alla Giustizia.

La Giustizia è un diritto dei cittadini che possono rivolgersi agli organi preposti, al fine di ottenere il riconoscimento dei propri diritti. I ricorsi alla Giustizia, se pretestuosi, ovvero ingiustificati, devono essere puniti in base al potenziale contributivo del ricorrente.

Diritto all'Informazione

Il diritto all'informazione è inalienabile. Tutti gli atti pubblici sono consultabili con l'eccezione di quelli che riguardano la sicurezza dello Stato. La falsificazione di atti pubblici, ovvero la falsificazione dei dati in essi contenuti a qualsiasi titolo è considerata tradimento nei confronti dello Stato























domenica 8 maggio 2016

Illegittima difesa

Dal momento che anni di politiche approssimative in tema di sicurezza e controllo del territorio hanno lentamente portato al degrado sociale che è sotto gli occhi di tutti, da più parti, in special modo da quelle dei seminatori d'odio e di dittatura, fervono i preparativi per superare l'attuale CCP per quanto attiene l'eccesso di legittima difesa.
Non essendo giuristi, non staremo qui a disquisire il punta di forchetta, ma fa specie la posizione assunta da più parti della destra populista italiana, per cui se uno si difende in casa propria, non deve essere indagato, né perseguito.
Il Dux del nord Matteo Salvini, ha correttamente messo in luce alcuni paradossi dell'attuale sistema, ma da qui al tutto è consentito, come dice lui, ce ne corre.
Tendenzialmente l'argomento ha due sfaccettature importanti, la prima riguarda il pericolo dell'incolumità personale, il secondo la violazione della proprietà.
Appare in tutta evidenza che nel primo caso, l'azione penale dovrebbe essere pressoché nulla, in quanto, a fronte di uno Stato latitante, il cittadino non può essere limitato nel compiere ogni azione difensiva atta a salvaguardare sé stesso e i membri della famiglia, perfino nel malaugurato caso che tale azione provochi la morte del o degli aggressori.
Più complesso è affrontare l'argomento difesa dei propri beni.
La domanda principe è: la difesa dei miei beni vale la morte di un individuo, per quanto spregevole esso sia?
La mia risposta emotiva è certamente sì, ma è chiaro come tale risposta sia sbagliata.
Il cittadino può essere giustificato e non condannato quando ci si trovi di fronte ad azioni che provocano il ferimento o la morte di malviventi, il cui comportamento non ha dato luogo a pericolo alcuno per l'incolumità personale dei derubati?
È evidente che non lo è. Nessuno può sentirsi autorizzato a sparare a un'altra persona, a meno che non corra seri pericoli per la propria incolumità. E pur prenendo atto di quanto complicato sia trovare il discrimine fra il giusto e l'ingiusto, non possiamo avvallare le tendenze criminogene che alcuni importanti esponenti politici stanno tendando di banalizzare per trasformare la nostra società in un incontrollabile covo di giustizieri.

sabato 30 aprile 2016

Sette e dintorni

In questi giorni di dubbi e di contese amministrative, di posizionamenti dialettici settari e di contese in punta di ignoranza, la numerologia solleva e pone alla luce dell'attenzione, interrogativi che sembravano sopiti sotto la polvere delle strade della storia.
Erano davvero sette i re di Roma? Sette come i nani di Biancaneve e come i Vizi Capitali? Erano sette, o abbiamo stabilito così in ottemperanza a un'osservanza numerologica della cui ragione abbiamo perso financo la memoria?
E che dire delle sette virtù teologali che sono tre? Un trasformismo numerico che fa male all'anima e alla capacità di comprendere, o una necessità di fede per collimare virtù e trinità?
E tacciamo delle sette virtù cardinali, ridotte a quattro, forse in nome di un allineamento mentale e geografico con i punti dell'orientamento, cardinali anch'essi.
E alla fine di questo faticoso processo riscontrare che tre teologali e quattro cardinali fanno sette, per quanto non si possano sommare mele e pere, lascia seminata l'erba dell'incertezza nel nostro già confuso pensiero, come se intorno a noi si stesse combattendo una guerra numerica senza quartiere, perchè i quartieri sono solo quattro e non sette.
Solo il cielo ci può aiutare in questi momenti di profondo sbandamento, solo l'infinitamente grande può soccorrere il nostro ego, che soggettivizza la propria grandezza assumendola a unità di riferimento.
E può succede che ci rendiamo conto che ci sbagliamo, Dubhe, Merak, Phecda, Megrez, Alioth, Mizar e Alkaid ce lo testimoniano, sono le stelle dell'Orsa Maggiore e sono sette non settarie, che ci piaccia o no.

giovedì 31 marzo 2016

Il gusto e il giallo

Che mattinata insopportabile.
Dove sono finiti i bei tempi in cui potevamo farci giustizia da soli?
I tempi sono cambiati, non c'è più la quattro stagioni, oggi fanno solo la margherita, in onore della sopraggiunta primavera, e per giunta senza le foglioline di basilico fresco.
La mozzarella di bufala dilaga anche in rete, con disappunto dei pescatori.
Anche la bufala senza mozzarella non se la passa male in rete.
Il popolo vuole il voto, io preferirei il giudizio, ma le menti "semplici" si trovano a proprio agio con un numero, un approccio mentale meno stressante e articolato, più netto.
Già, il popolo bue o popolo vacca da mungere.... comunque sia, sempre bovini, dotati di omaso abomaso reticolo e rumine, per digerire tutto quello che non è comprensibile, l'onniscemenza elevata a valore (nutrizionale) assoluto.
I paladini dei bisognosi con le spade sguaiate.
L'incapacità di non essere invasati, manco fossero gerani.
E poi le pensioni, la redistribuzione, rubare ai ricchi per donare ai poveri, la moderna Sherwood ne noantri, chiù PIL per tutti.
Si è perso il sesso della misura, ma non era un metro e trentatre? o forse solo trenta centimetri di dimensione artistica?
Si stava davvero meglio quando si stava peggio? E quando c'era Lui avrebbe mandato l'esercito a invadere l'india, per farne bivacco per i manipolatori di verità?
E le parità? e le disparità? Sembra che tutto sia immobile qual piuma a Trento.
I moderni conservanti sono a base di acido scorbutico, un po' come lo siamo noi che non sappiamo adattarci a questo risotto senza zafferano.

giovedì 25 febbraio 2016

La sopravvivenza della notte.

Un'altra notte bianca, di quelle che fanno incontrare i pensieri, prima che le idee.
Una notte senza sonno e senza sogni, senza riposo per la testa che continua a macinare le sue piccole elaborazioni, come sempre.
Una notte di visioni, di riflessioni e di conteggi sulla caducità del genere umano, come di tutte le cose che portano in sé il mistero della vita.
Una notte buia, artificiosamente illuminata dai lampioni a led che il Comune ha sostituito nell'ottica di un risparmio energetico che non si realizza mai.
Una notte senza auto che passano, con qualche raro motorino e il fastidioso rumore dei trolley che accompagna ai vari bed and breakfast i turisti atterrati coi voli di tarda ora.
Una notte di bagliori lunari, a rammentarci che si può brillare anche di luce riflessa e ispirare comunque poeti e artisti.
Una notte come tante ce ne sono state.... 
Una notte come tante ce ne saranno, con o senza di noi.

lunedì 11 gennaio 2016

Il Lato oscuro della Forza (dell'Ordine)

Due ore inutili passate in questura per una denuncia, fanno capire che la diminuzione dei reati nel nostro Paese è tutta merito delle Forze di Polizia.
Dopo due ore di attesa, alle 13.00 esce una solerte funzionaria delle "Forze dell'ordine" e informa noi sudditi che non funziona il sistema e che raccolgono le denunce a mano, per cui ne potranno redigere al massimo altre due.
All'osservazione "guardi che siamo almeno otto", senza una piega "ho detto due, gli altri potranno ripresentarsi il pomeriggio"
La raffinata strategia per combattere il crimine si fonda sulla rinuncia dell'estenuato malcapitato a informare chi dovrebbe tutelarlo dal torto subito.
Un modo originale ed efficace per diminuire le percentuali dei reati commessi che il Ministro dell'Interno (uno per l'altro) sciorina con lo scopo di evidenziare quanto importante sia stato il "lavoro" da lui svolto.
(Il lato oscuro della forza)

domenica 3 gennaio 2016

Le bestemmie la Tv e le solite polemiche.

L'osservatore Romano ha stigmatizzato la RAI, colpevole di avere permesso che una bestemmia passasse tra gli SMS degli auguri di capodanno.
Ovviamente, ne è scoppiato un caso politico, come si può sbagliare, nel nostro Paese di Guelfi e Ghibellini, qualunque quisquilia è buona per far discutere, come sempre in modo acceso e poco riflessivo, in pratica prende forma la formula dell'aprire bocca e darle aria, una metodologia che ha sempre dato i buoni frutti dell'immobilismo, di cui la nostra cara Italia vanta il primato mondiale.
Guardando la cosa con un po' di astrazione dalle passioni, potremmo dire che la bestemmia è un atto che offende il credo di un numero di persone piuttosto consistente; potremmo anche dire che ci sono stati taluni che hanno visto nell'atto censorio (per quanto postumo) un vile attentato alla libertà di parola; potremmo infine aggiungere che la pratica della bestemmia come intercalare ha un buon seguito, soprattutto in determinate zone del nostro Paese..... e allora?
In realtà, l'intercalare perde quella valenza di oltraggio alla fede, certo si può ricorrere a termini più edulcorati, nessuno si offende per lo "zio can" del veneto o per il "porco zio" del toscano, ma è questione di lana caprina, se non addirittura di vaga ipocrisia applicata.
Che il livellamento del linguaggio abbia subito un brusco imbarbarimento è sotto gli occhi di tutti, la dialettica è stata da tempo sostituita con l'insulto più o meno pesante, che è arrivato fino ai vertici dello Stato. 
Davvero pensiamo che sia colpa della RAI? Non è piuttosto l'incapacità relazionale di qualche disadattato, che non trova niente di meglio per esistere, che inviare un SMS contenente la pietra dello scandalo?
Ma anche in questo caso, l'anno nuovo non ha portato nulla di edificante, siamo sempre il solito popolo di mentecatti che attribuisce responsabilità alle Istituzioni, piuttosto che ammettere la propria indelebile ignoranza e volgarità. Eccelliamo anche in questo.