Sul ciglio della strada si annidava un pericoloso covo di vipere, molto vicine alla palpebra del sentiero.
Nessuno passava mai da quella strada che correva lunga e diritta, forse per questo si manteneva in una forma strepitosa, asciutta, a due sole corsie in totale solitudine.
Vicino c'era un bosco di ginestre e pioppi innestati con eucalipti; i pioplipti, tanto impronunciabili, quanto ombrosi, per via del carattere scontroso che non lasciava spazio a una normale vita di relazione.
Non avevo con me il siero antivipera, né l'automobile ed è per questo che avevo deciso di affrontare il bosco e le sue meraviglie, per arrivare al paese.
Il sentiero del bosco si snodava attraverso due catene non interrotte, forse c'erano stati legati dei cani, una volta, anche più di una, forse, ma due erano.
Il mago del lago di Tomo leggeva molti libri e non li memorizzava per non sprecare spazio nel suo prezioso HD cerebrale, ma tutti si chiedevano cosa li legge a fare, allora? "Per passare il tempo" rispondeva lui gioioso, "l'unico problema è che non posso fare le parole crociate, perchè non ricordo quasi nulla.".
Il paese si avvicinava, perchè sapeva che ero pigro, e a me non pareva vero che mi risparmiassero un pochino di fatica. Questa è la verità.
Quando il paese e io fummo nelle stesse coordinate, presi un caffé al bar di Romualdo, in fondo ero lì per quello. Poi girai i tacchi, facendo risultare le scarpe molto più scomode.
Quella notte non riuscii a dormire, in compenso, vegliai tutta la notte, per addormentarmi sul far dell'alba.
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