lunedì 27 marzo 2017

Caos e palle.

Strane letture del nostro mondo.
Risse alla morte fuori da una discoteca, per una parola di troppo nei confronti di una ragazza, consigli comunali, improvvisamente visrtuosi, che si azzerano i compensi previsti per il loro lavoro, cariche istituzionali che emulano Pancho Villa senza averne lo spessore, galline che si azzuffano per niente.
La strada aperta dal padrone di Arcore ha fatto proselitismo più, molto di più di quanto si potesse ipotizzare.
Piccoli populisti di merda crescono e crescono male, d'altronde è cosa nota che il connubio fra le "idee" liberticide della destra tutta e la diffusione di massa del moralismo, porta solo sventura a chi, come noi, ama la libertà individuale e collettiva, al di sopra di tutte le cose.
Sbagliava il poeta genovese quando affermò che "dal letame nascono i fiori", dal letame nasce il disprezzo per la società, il moralismo dozzinale di migliaia di deficienti, che diventa valore, riferimento per la parte più debole e con minor senso critico della società.
È dal puttaniere di Stato che nasce il moralismo bacchettone che sta trionfando sulla scena nazionale.
Un caos totale in cui l'approssimazione la fa da padrona, senza che i più si chiedano dove ci stia portando questo fondamentalismo della stupidità.
Ma di certo se i più pensano a e pochi pensano b, hanno ragione i più, lo dimostra la storia.... soprattutto quella di Galileo.

lunedì 20 marzo 2017

I limiti non ideologici.

Mandrie di bovini umanoidi si sono lasciati convincere da malpensanti che avere idee è sbagliato.
Ma come è sbagliato?
L'idea, il pensiero, il sogno sono la base di ogni realizzazione progettuale, avere una visione d'insieme è indispensabile per realizzare qualsiasi progetto, o almeno così credevamo.
Per facilitare il compito, ci eravamo pure divisi in due grandi correnti, contenitori, che declinavano nei vari modi possibili con il fattore caratterizzante del contenitore stesso.
Questo processo si chiamava ideologia, un termine che viene ai giorni nostri considerato quasi sacrilego, tanto da invitare i più a ispirarsi alla vecchia massima qualunquistica del "io non sono né di destra, né di sinistra, sono giusto".
Ma veramente il qualunquismo è giusto e ancora, davvero l'ideologia è un brutta deviazione dell'animo umano che possiamo solo rottamare?
L'ideologia è un utile strumento che fornisce la visione d'insieme, della quale non si può in alcun modo fare a meno, salvo volere creare dei brutti pasticciacci sociali che poi non abbiano soluzione.
È altrettanto vero che se l'ideologia contribuisce alla costruzione del progetto, non deve in alcun modo intervenire nella realizzazione, per non generare tutte quelle storture che anni di esperienza ci hanno fatto sperimentare.
L'ideologia serve a focalizzare l'idea di come vediamo il nostro progetto nel futuro, dal più semplice, al più ambizioso, poi subentrano le modalità attuative, che non possono rispondere agli stessi criteri, per il rischio di creare circoli viziosi intorno alla mera gestione del potere.
Ma quelli che sono oltre?
Mentono, sapendo di mentire, almeno in buona parte. Non si può essere sacerdoti e gestire il braccio secolare, lo ha fatto la Chiesa per secoli e ne è risultato il disastro con cui ci andiamo a schiantare ancora oggi a più di un secolo e mezzo dalla fine di quell'esperienza.
Non si può essere oltre, si deve essere ideologicamente schierati sul sogno da realizzare, poi si compiono laicamente i passi necessari e si segue l'andamento delle azioni con vigili controlli.
La corruzione e il malaffare non si annidano nelle idee e questo è bene che tutti lo abbiano ben chiaro.


sabato 18 marzo 2017

Il concetto e la rappresentazione.

Abbiamo ormai un repertorio piuttosto ampio di come gli scrittori vedano il futuro dell'uomo e della sua società e possiamo affermare che raramente queste visioni collimano con le grandi utopie del pensiero filosofico, che ipotizzano società di benessere e prosperità equamente suddivisa fra tutti.
Non il pensiero di costoro è concentrato su un potere opprimente che sventola un sogno chiamato "libertà" che è solo un feticcio irraggiungibile, ma per il cui ottenimento, l'essere è disposto a qualsiasi cosa, anche a credere nelle favole.
I grando sognatori della fantascienza disegnano futuri ben circoscritti, all'interno dei quali, l'umanità si muove in modo controllato, senza alcuna prospettiva di autodeterminazione, se non quella illusoria, messa a disposizione dal potere oppressivo.
La cinematografia, moderna arte di comunicazione di massa, vanta numerosi esempi di questa deprimente realtà, esempi che affondano le radici in una scarsa fiducia sull'essere umano come animale sociale, mentre tengono in grande considerazione lo stesso come sopraffattore e aguzzino dei più deboli.
Il vessillo è sempre lo stesso, quello della libertà, mentre la verità corre sui binari della violenta, ma anche subdola, sopraffazione, la cui parte terribile viene sempre celata alla visione del "parco buoi", che predilige di gran lunga l'ipotesi di un'agognata, quanto improbabile libertà, foriera di benessere assoluto, il premio del paradiso.
Possibile che ci siamo sbagliati così tanto, noi che amiamo la libertà, sia individuale che collettiva, al di sopra di ogni altra cosa?
È assai probabile, la vita quotidiana e le sue rappresentazioni future, basate sulla concretezza dei peggiori comportamenti dell'Uomo e della sua società, non lasciano molto spazio a interpretazioni diverse: la libertà è un concetto improbabile, oggetto di culto, venerato al pari di un dio, la cui esistenza è confinata nella mente e nel pensiero dei credenti.

Sono tutti ladri?

Ci fu un periodo, nella vita dell'Uomo, in cui le popolazioni vivevano in pace e armonia, senza contrapposizioni di sorta e l'interesse collettivo prevaleva su qualsiasi altra cosa. 
L'ambizione era proprio quella, promuovere e contribuire al benessere collettivo, senza alcun genere di interesse personale.
Questo era e questo è quello che rimpiangono le persone che oggi si sono riciclati come fustigatori di costumi, dirigendo, quando giornali, quando associazioni, quando movimenti.
Questa nuova ventata di gesuiti mancati ha invaso le nostre città, accompagnata da stuoli di beceri urlanti, ignoranti come capre ignoranti, come solo i poveri di spirito sanno essere, che assalgono ogni "infedele" al grido di "studia", qualche volta sostituito da "informati".  
Qualsiasi cosa della normale attività umana, essi la sanno non fare meglio, ma molto meglio.
Ed è qui il sopravvento dell'arte del non fare, scordandosi del vecchio e saggio adagio "chi va al mulino, si infarina". anche il modo di dire "avere le mani in pasta" porta alla memoria mani con pezzetti di impasto attaccati, ma è davvero questo il problema?
Sarebbe sciocco non riconoscere che una parte della classe politica ha, nel corso del tempo, privilegiato sempre di più interessi di consorterie legate ai centri di potere che le sostenevano, in alcuni casi trasformando la "Cosa Pubblica" in profitto privato.
Potremmo, quindi, arrivare a dire che in questi anni di crisi profonda, coloro che vogliono connotare moralmente la gestione del bene collettivo, hanno il sopravvento, È un film che abbiamo già visto nel anni 70, quando la teocrazia di Komheini si sostituì al governo "corrotto" di Reza Palhavi.
La nota stridente, rispetto a questa nuova nomenklatura moralista, è il familismo di cui si è fregiata, nella migliore tradizione del nepotismo, tanto caro agli italici sin da ben prima che l?italia si manifestasse come nazione. La nomina di parenti e amici nei ruoli delle sergreterie, portaborse ecc, con conseguenti elargizioni di denaro pubblico sotto forma di compensi e stipendi, hanno contributo a combattere la disoccupazione, se non altro fra parenti e amici.
Tuttavia in quest'ambito, suona strano che la nuova nomenklatura stigmatizzi l'eurodeputata Comi, per avere assunto la madre nella sua segretria (ovviamente non gratis). 
D'altronde, tutti ricordano che il bue era solito dare del cornuto all'asino.
A guardare con un po' di disincanto il panorama, ci rendiamo conto che la vita è sempre la stessa di secoli fa, i nuovi gesuiti diverranno i corrotti di domani, le avvisaglie, in nuce, ci sono tutte. Metodi antichi per nuove frontiere. Potremmo concludere con un altro motto di saggezza popolare; "ramazza nuova spazza meglio", salvo che poi si consuma e ............

 

lunedì 13 marzo 2017

Il pacifico mondo acculturato del WEB(ete)

  • QUESTO E' UN COMUNISTA CHE HA PERSO I BUOI E' VA IN CERCA DI CORNE...
  •  Hai rintronati capita !!!
  • ci passo e se è vero accendo un cero alla madonnina anche se sono agonistica
  • Tra poco la raggi se né prende il merito
  • Pesticidi, fitofarmaci, diserbanti, e fertilizzanti chimici a volontà.. evviva le imposizioni biofasciste
  • Ma saranno cazzi suoi
  • Solo un cretino puo' scrivere certe cazzate
  • tu sei un def...t@ fasciorazzista, chi ti ha indottrinato il felpato con la ruspa?
  • Ci importa una sega del sindaco
  • Purtroppo abbiamo a che fare con Di balle , Di mail , borlosco e il mentecatto .
  • le merdine che leccano il culo ai parassiti non mancano mai
  • Sei cretino
  • Chissenefrega!!! Sai che cazzo gliene frega a lei del popolo italiano!!
  • aggiungo a voi zerbini se vi invontro vi investo con la macchina senza minimo pentimento. 
  • Entrambi sono la causa è si propongono come soluzione!!!
  • Le si e' arrugginito il cervello...ormai va a quattro neuroni,è uno di riserva
  • Un po' come inveire contro cappuccetto rosso mentre il lupo ti sbrana. Che idioti.
  • sei un'altro che non vede a un palmo dalla propria mano
  • Potrei consigliare un buon armaiolo... Anche se violenza non mi appartiene
  • questi tempi non torneranno più anche perchè è cambiato il mondo c'è la tenologia
  • un frustrata che non ha mai scopato come si deve...
  • NON INGUINARE L'ARIA..!! AVVELENATI CHE E' PIU' ECOLOGICO!!.
  • Non c'entra un cazzo, fai spam altrove idiota
 

Il fumo uccide

Qualche stecca di sigarette val bene una vita umana.

domenica 12 marzo 2017

La difesa legittima

Ed è così che il ladro è morto, il proprietario dell'osteria, con annessa tabaccheria, è sceso armato di fucile e accompagnato dal figlio, pare che sia partito un colpo mentre l'oste cadeva, dopo una colluttazione, sta di fatto che il delinquente, colpito alla schiena, è morto.
C'è subito la folta schiera dei pensatori mononeuronali che inneggia al prode difensore dei suoi beni, contro l'infame tentativo di sottrazione.
I più cauti si lanciano in un "se fosse andato a lavorare, invece che a rubare, sarebbe ancora vivo......forse, diremmo, dato il forte numero di incidenti mortali sul lavoro, ben 562 nel 2016, in calo rispetto all'all'anno precedente, ma pur sempre 80 vittime al mese. Comunque sia, di certo se non fosse andato a rubare in una zona dove l'ammazzamento del delinquente viene visto come unica pena equa, probabilmente non avrebbe incontrato proiettili sulla sua direzione.
Il leader della Lega Nord, si è subito dichiarato a sostegno dell'esercente, contro i perfidi lestofanti. Il Far West, insomma, è già cominciato senza troppe cerimonie e il farsi giustizia da soli viene visto sempre con maggiore benevolenza, in sede di consensi.
La faccenda spinosa, sta proprio nelle parole "farsi giustizia da soli"; possiamo considerare giustizia uccidere un ladro? E che pena dovremmo comminare a un assassino, ucciderlo enne volte?
Il fatto è che ai più sfugge il concetto di legittima difesa, che, guarda caso, ha una doppia interpretazione, più estesa quando parlino le destre liberticide e pressochè inesistente, quando parlino le sinistre incapaci di garantire il concetto stesso di sicurezza sociale.
Come solevano esprimersi i Padri della Chiesa, "in medio stat virtus", il fatto è che la minaccia alla proprietà privata non può essere considerata una colpa da punire con la morte, sarebbe bene che i vari sobillatori di popoli se lo mettessero nella zucca.
Altro è l'aggressione nella propria casa che coinvolga, oltre a noi stessi, i nostri cari. In quel caso l'uso letale delle armi non può che essere tollerato e giustifficato in nome del pericolo imminente per il nucleo alla base della nostra società, la famiglia.
Ma confondere le persone care coi beni materiali, rischia di generare un polverone che potrebbe diventare difficilmente arrestabile.
Se mi rubano l'auto o la bicicletta e io mi trovo nei paraggi, sono autorizzato a uccidere il ladro? È da considerarsi un controbilanciamento equo fra offesa e difesa?
In periodi come questi si perdono di vista i valori assoluti, che non sono quelli su cui si fonda una società, ma la vita stessa. Purtroppo sembra che non tutti se ne rendano conto.

venerdì 3 marzo 2017

Il paese

Sul ciglio della strada si annidava un pericoloso covo di vipere, molto vicine alla palpebra del sentiero. 
Nessuno passava mai da quella strada che correva lunga e diritta, forse per questo si manteneva in una forma strepitosa, asciutta, a due sole corsie in totale solitudine.
Vicino c'era un bosco di ginestre e pioppi innestati con eucalipti; i pioplipti, tanto impronunciabili, quanto ombrosi, per via del carattere scontroso che non lasciava spazio a una normale vita di relazione.
Non avevo con me il siero antivipera, né l'automobile ed è per questo che avevo deciso di affrontare il bosco e le sue meraviglie, per arrivare al paese.
Il sentiero del bosco si snodava attraverso due catene non interrotte, forse c'erano stati legati dei cani, una volta, anche più di una, forse, ma due erano.
Il mago del lago di Tomo leggeva molti libri e non li memorizzava per non sprecare spazio nel suo prezioso HD cerebrale, ma tutti si chiedevano cosa li legge a fare, allora? "Per passare il tempo" rispondeva lui gioioso, "l'unico problema è che non posso fare le parole crociate, perchè non ricordo quasi nulla.".
Il paese si avvicinava, perchè sapeva che ero pigro, e a me non pareva vero che mi risparmiassero un pochino di fatica. Questa è la verità.
Quando il paese e io fummo nelle stesse coordinate, presi un caffé al bar di Romualdo, in fondo ero lì per quello. Poi girai i tacchi, facendo risultare le scarpe molto più scomode.
Quella notte non riuscii a dormire, in compenso, vegliai tutta la notte, per addormentarmi sul far dell'alba.



giovedì 2 marzo 2017

La vita è un diritto?

Non saprei dire se la vita sia un diritto, mi verrebbe da dire, così d'impatto, che sia più un dovere, un contributo necessario a questa strana contraddizione disallineata dal cosmo, che abbiamo chiamato vita. 
La abbiamo talmente nobilitata, da darle essenza del soffio di Dio, cioè di un'Entità che è al di sopra di tutto e che tutto può, anche creare contrapposizione nell'ambito suo creato.
La vita pone, quindi, questioni etiche fin dalla sua stessa definizione, la prima domanda che necessiterebbe una risposta è quanto potere abbia l'Uomo sulla vita e quanto questa ne abbia su di lui. Quanto incidano i diritti dell'Uno e dell'altra sulle rispettive libertà.
La  o le risposte sono tutt'altro che semplici e quasi mai univoche. Non esiste un manuale delle istruzioni a cui fare riferimento e quelli che ci sono, soddisfano solo la parte dei seguaci che li hanno compilati o eletti a proprio modello comportamentale.
Certo che se dovessimo addivenire alla conclusione che la vita è un dovere, invece che un diritto, questa avrebbe la libertà e l'arbitrarietà di separarsi dall'Uomo, ma non sarebbe percorribile il sentiero contrario. Tuttavia, se affermiamo che la vita è un diritto, mettiamo nelle mani dell'Uomo anche la libertà di scegliere se avvalersi o meno di questo diritto, metteremmo cioè nelle mani di ogni singolo individuo la facoltà di interrompere il rapporto con la vita, quando questo venga, a insindacabile giudizio del singolo, ritenuto non adeguato alle aspettative minime di dignità e merito. 
La questione della morte "somministrata" in modo assistito a un tetraplegico non vedente che aveva espresso la volontà di interrompere il suo percorso di contrasto col cosmo, ci lancia una sfida sociale che non è possibile non cogliere, perchè se è vero che ciascuno di noi può decidere di chiudere la sua esperienza di vita coi mezzi che ritiene più opportuni, purchè ne abbia il coraggio e la capacità, altrettanto non si può dire di quegli esseri che il Fato ha costretto in condizioni di grave inabilità.
Quindi la domanda è possono godere queste persone, nel pieno delle loro facoltà mentali, godere di una libertà estrema, in cui non possono essere equiparati ai loro simili "abili"?
Se la risposta è sì, e da un punto di vista laico non può essere diversa, occorre mettere a punto legislazioni e strutture che possano assistere chi non ce la fa.
Assodato questo, la faccenda si complica e si ritorna dal campo delle libertà a quello dei diritti, infatti, perchè un "disabile" può accedere a questo genere di "aiuto", mentre una persona che non abbia quella determinata tipologia di problemi, ma che comunque scelga, in assoluta libertà e autonomia, di chiudere la sua esperienza di vita, non può richiedere di usufruire dello stesso trattamento?
L'autodeterminazione dell'interruzione della vita può essere esclusivo appannaggio dei non autosufficienti o, dal momento che passa il concetto di diritto, debba diventare un'opportunità a disposizione di qualsiasi cittadino che ne faccia richiesta?
Di più, possono accettare lo Stato e la Società di diventare esecutori materiali di suicidi e togliere così al verbo la connotazione di riflessivo che la contraddistingue?
E chi sia psicologicamente più debole e in affanno, merita in questa nuova società di essere soppresso su richiesta?
Non ho risposte, anzi le ho, ma le domande sono (forse) sbagliate.