C'è chi sostiene che il confronto con gli altri debba avvenire nella consapevolezza che il nostro interlocutore sbaglia e che comunque, quale che sia la sua posizione, lui presuppone sempre che noi non ci arriviamo e, quindi, sosteniamo posizioni indegne di attenzione.
Se questo è vero (e lo è nella maggior parte dei casi) la tesi da verificare e approfondire è la presunta superiorità che ognuno di noi vanta nei confronti degli altri.
Che occorra pagare un debito all'autostima è fatto acclarato, ma poi? Possibile che si sia così sordidi da non pensare neanche per un minuto che i nostri convincimenti sono suscettibili di variazioni, quando se ne trovino altri che siano più confacenti al nostro sentire?
Quasi che la convinzione di superiorità si fondi sul pilastro della coerenza, valore sentito dai più.
La coerenza impone di essere coerenti con sé stessi nelle azioni che vengono compiute. Bene, dunque la coerenza impone che non si abbia un comportamento critico nei confronti delle proprie idee, come se l'averle acquisite abbia già di per sé costituito filtro critico severo nella selezione e acquisizione.
Molti di questi si ergono a ruolo di soloni con la pretesa di spiegarci cosa pensiamo.
Spesso mi sento superiore a tante persone che si sentono superiori a me.... eppure, mi sembra di essere sempre disponibile ad accettare idee più convincenti delle mie.
Sembrerebbe che l'incoerenza la faccia da padrona. Non saprei, ma certamente, dovendo scegliere fra l'ottusità della coerenza e la fragilità del dubbio, so su quale versante schierarmi.