domenica 29 aprile 2012

Siamo superiori?

C'è chi sostiene che il confronto con gli altri debba avvenire nella consapevolezza che il nostro interlocutore sbaglia e che comunque, quale che sia la sua posizione, lui presuppone sempre che noi non ci arriviamo e, quindi, sosteniamo posizioni indegne di attenzione.
Se questo è vero (e lo è nella maggior parte dei casi) la tesi da verificare e approfondire è la presunta superiorità che ognuno di noi vanta nei confronti degli altri.
Che occorra pagare un debito all'autostima è fatto acclarato, ma poi? Possibile che si sia così sordidi da non pensare neanche per un minuto che i nostri convincimenti sono suscettibili di variazioni, quando se ne trovino altri che siano più confacenti al nostro sentire?
Quasi che la convinzione di superiorità si fondi sul pilastro della coerenza, valore sentito dai più.
La coerenza impone di essere coerenti con sé stessi nelle azioni che vengono compiute. Bene, dunque la coerenza impone che non si abbia un comportamento critico nei confronti delle proprie idee, come se l'averle acquisite abbia già di per sé costituito filtro critico severo nella selezione e acquisizione.
Molti di questi si ergono a ruolo di soloni con la pretesa di spiegarci cosa pensiamo.
Spesso mi sento superiore a tante persone che si sentono superiori a me.... eppure, mi sembra di essere sempre disponibile ad accettare idee più convincenti delle mie.
Sembrerebbe che l'incoerenza la faccia da padrona. Non saprei, ma certamente, dovendo scegliere fra l'ottusità della coerenza e la fragilità del dubbio, so su quale versante schierarmi.

lunedì 23 aprile 2012

Libertà

Ho sentito, durante un'intervista televisiva,  Shel Shapiro affermare che quando lui e i suoi Rokes arrivarono in Italia, si ritrovarono di lì a pochi anni nel pieno della protesta giovanile e delle rivendicazioni del 68.
Pare che a loro britannici questa protesta generalizzata sembrasse singolare, poiché nel loro Paese, la libertà individuale non era mai stata messa in discussione.
Da noi purtroppo lo era stata. Per fortuna, ci sono state le lotte di quegli anni. Infatti, oggi, la nostra libertà individuale è di gran lunga minore rispetto a quella che avevamo quando eravamo ragazzi.
La dittatura mica si costruisce in un giorno.

mercoledì 18 aprile 2012

L'ineluttabile e la storia

Potremmo pensare che non sia così, ma se invece fosse (così)?  E se anche non fosse, non potrebbe essere che poi, inaspettatamente cambino le carte in tavola e tutto si prospetta in altro modo? E se, invece, l'immutabilità fosse lo stato naturale, cosa potremmo fare per cambiare un corso che è per definizione immutabile?
Che tutto sia scritto mi fa accapponare la pelle, né più né meno come il libero arbitrio, forse le cose sono molto più casuali di quanto non pensiamo e questo lo avevano capito i popoli che sono stati sterminati in nome di un ipotetico disegno divino.
La pesantezza del Sacro Destino batte la leggerezza del Divino Caso e manda in rovina l'umanità.

domenica 15 aprile 2012

Dio

Dio è in ognuno di noi
Dio è ognuno di noi
Dio ci ha creato a sua immagine
L'uomo ha creato Dio a sua immagine
Dio è eterno
Dio è onnipontente
Dio è misericordioso
Dio è buono
Dio è giusto

Ci sono enunciati che provocano reazione, spesso anch'essa di fede, magari di segno contrario, ma di fede.
Il credente e l'ateo sono due facce della stessa moneta. L'agnostico è il bordo zigrinato, la risposta non trovata, ma forse neanche cercata più di tanto.

sabato 14 aprile 2012

La realtà irreale e quella presunta.....

I camini erano tutti intasati dai nidi delle cicogne...... fortuna che in un paese tropicale non capita quasi mai di dover accendere il caminetto. Sarebbe stata una bella seccatura il contrario.
Sarebbe, se , magari...... tutte parole dell'ipotesi, ovvero di ciò che non è, o, quanto meno, potrebbe non essere.
Il gustoso motto pisano "se la mi' nonna avesse avuto le palle, avevo tre nonni" spiega le speculazioni dell'irrealtà con disarmante semplicità e efficacia.

venerdì 13 aprile 2012

Le cose incoffesabili

Tutti sanno che il bicchiere può essere considerato mezzo pieno o mezzo vuoto a seconda dell'indole e dei convincimenti di chi lo guarda. Ma se sei piccolo abbastanza da nuotarci dentro e non toccare coi piedi e non arrivare ad arrampicarti sui buoi bordi, il bicchiere sarà sempre troppo pieno.
E mentre ero lì che nuotavo per sopravvivere, ho maledetto il giorno in cui mi sono tuffato senza portare con me il giubbotto di salvataggio o il corpetto in neoprene. Infilarsi in una situazione del genere è da deficienti e io rispecchiavo in toto questa splendida condizione, in cui mi ero reso conto di brillare.
Ero stato giovane, prima allora, e avevo pensato che tutto si potesse gettare dietro le spalle con indifferenza e senza pagare pegno. In verità, avevo avuto il sospetto di sbagliare, ma accumulare errori non è forse l'attività preferita degli uomini, poichè altrimenti non avrebbero, poi, da dedicarsi all'autocommiserazione dei rimorsi e dei rimpianti quando giunga il tempo in cui l'irruenza giovanile si attenua e ci si confronti con curve discendenti, che pensavamo non riguardarci.
Poi accade che gli eventi si susseguano inesorabilmente, a volte coinvolgendoci nostro malgrado, a volte passandoci accanto, e a volte travolgendoti e lasciandoti tramortito.
Il sentire non cambia, è sempre lo stesso, cambiano le situazioni, ma noi siamo sempre quelli e le cose incoffessabili ce le portiamo dentro anche quando, per malcelato pudore, le confessiamo a noi stessi.

 

mercoledì 11 aprile 2012

L'angolo e l'angolazione

Dietro l'ultimo sasso che separa il letto del fiume dalla cascata, si nasconde il punto di non ritorno e tutto il suo bagaglio di esperienze e di misconosciute leggi della fisica, che non si stanca di ripetere alla nausea.
Non è stato semplice arrivare lì e prendere responsabilmente il proprio posto nel ruolo che la sorte gli aveva riservato, non lo sarebbe stato per nessuno, ma lui si è sentito più appagato degli altri, quasi che una predestinazione così precaria, destinata a un bilico eterno, per quanto momentaneo, fosse frutto di chissà quali meriti a lui ascrivibili.
Agli occhi di qualunque altro essere, la cui mente sia ottenebrata dai prosciutti delle agevolazioni che il benessere porta con sé, potrebbe sembrare cosa da poco, ma la verità sgradita è che nessuno che non abbia un po' di consapevolezza di sé, può ambire a posizionarsi dove non c'è altra scelta che la prosecuzione del moto rettilineo già in atto.
Quando ci si posizioni al cospetto del punto di non ritorno, si sa che anche le dissertazioni filosofiche devono necessariamente sottostare a tempistiche determinate dagli eventi e non ci sono ulteriori spazi di manovra, che ci consentano di rimandare ulteriormente, ciò che rimandabile non può essere.
E ora si trova proprio nella posizione esatta che il punto di non ritorno deve avere, come un Highlander che si appresti al cambio della guardia di fronte a Buckingham Palace, si trova lì determinato a fare fino in fondo il suo dovere. 
Malgrado il susseguirsi degli incontri, nessuno di questi rientra in una casistica massificata, non è possibile, è contrario alla sua delicata sensibilità, anche se sa bene che nulla può fare per alterare il corso degli eventi. Conosce bene i suoi doveri e fare qualcosa di diverso dal riferimento che nient'altro può essere, è il suo compito principale.
Vivere nel paradosso che c'è un punto di non ritorno per tutti, salvo che per il punto di non ritorno medesimo. Vivere nella consapevole condanna che quello che per tutti è un attimo, per lui è l'eternità, con buona pace del tempo e delle sue convenzioni.
Nei momenti in cui non lavora, riflette e pensa e si convince che non potrà fare questa vita per sempre e che, come tutti, arriverà il momento in cui vorrà andare in pensione e godersi i frutti di anni e anni di abnegazione e sacrificio.
Spera che il Fato sia benevolo e conceda questo beneficio. Sarebbe dura non avere una simile prospettiva, perché qualsiasi altra soluzione, compreso il suicidio, non è percorribile.

martedì 10 aprile 2012

Le pessime abitudini

Ci sono abitudini che è bene perdere. Una di queste è guardare i dibattiti televisivi mentre faccio colazione. Meglio sarebbe non guardarli affatto, ma aiutano a capire che razza di classe "dirigente" stiamo mantenendo.
La cosa preoccupante in sé non è l'assoluta imbecillità delle tesi sostenute dalle varie Santanchè, miracolate della politica sesso trota e baby doll, non sono neppure i miliardi di euro di soldi pubblici bruciati in tanti anni di corsa all'arricchimento e nemmeno la corsa al "loro sono peggio di noi"  che è diventato il tormentone di questi ultimi decenni di vita politica e sociale.
Un uso corretto della ragione, ci farebbe ammettere che le grandi parti politiche di questo Paese hanno ceduto il posto a formazioni cialtronesche e caricaturali di quello che è un normale confronto.
La maldestra destra è fritta con un'impanatura di furto e ridicolo che li rende acidi e incapaci di proporsi per un pranzo che non sia quello dove mangiano solo loro, come ai tempi d'oro facevano i prodi democristiano doc.
La disastrata sinistra viene affidata a macchiette che non sanno o non si sono accorti e continuano a inventare vagoni di scuse pur di non assumersi responsabilità decisionali. D'altronde l'atteggiamento è comprensibile, laddove abbiano assunto ruoli amministrativi, non hanno resitito alle sirene del malaffare e della corruzione e si sono adeguati al pessime abitudini degli avversari, che venivano aggravate dalla vantata superiorità morale.
La cosa grave è che le varie Mussolini, Di Girolamo, Finocchiaro e Bindi, stanno recitando il ruolo delle parti, al fine macabro di consegnare questo Paese a una bella dittatura, che ora è solo in fase preliminare, col caudillo Monti che è pacato, ma inflessibile come Mastro Titta.
La cosa in sé mi preoccuperebbe quasi nulla, se non fosse che fra le teste predestinate c'è anche la mia.

lunedì 9 aprile 2012

Ancora sulla breccia

Fu così che ci ritrovammo davanti al monumento ai caduti.
C'eravamo tutti, dal primo all'ultimo, non avrebbe potuto essere diversamente e sono certissimo che lo pensavamo tutti.
Eravamo sempre stati molto amici, noi quattro, un'amicizia che si era formata lentamente e che aveva vissuto di azoto liquido e carbonella, che si era nutrita di salsicce alla brace e vino del contadino, di miscela che variava dal 2 al 5 e, soprattutto, di sogni che sfuggivano agilmente dalle dita nodosamente ricurve nel tentativo di ghermirli, quasi fossero stati granelli di sabbia fra gli artigli di un falco.
Raffaele era sempre stato il più deciso, perennemente in bilico fra la scelta giusta e quelle sbagliate.
Per primo aveva intuito la soggettività delle ricette del vivere e aveva sostituito la teoria con la pratica, incamminandosi verso scelte che erroneamente considerai sbagliate, ma che erano semplicemente le sue.
Era una sorta di miracolo della natura, che riusciva a individuare la pagliuzza lunga nel mare di quelle corte, come se fosse la cosa più naturale del creato. Difficilmente si univa alle lunghe camminate che noi altri facevamo fra le nuvole. La sua gretta praticità lo aveva convinto che il cielo è per le ali e la terra per le suole.
Giulio nascondeva con malcelata esperienza il bagaglio di timidezza e sicurezza che la sua posizione di altoborghese agiato gli prospettava. Un poeta alla fine, un fuggitivo della realtà e dalla realtà, che si chiedeva spesso fino a quando avrebbe potuto arrampicarsi sul sesto grado di un pensiero, senza corre il rischio di cadere nella vita vera.
Un rifugiato nella fantasia che aveva chiesto inutilmente asilo politico, ottenendo solo sprazzi di esile speranza, che gli bastavano, evidentemente, per prolungare i tentativi di adattamento all'aria inquinata del vivere quotidiano.
Anche Luca si avventurava volentieri nel vuoto fatto di nulla con cui ci riempiavamo le tasche e troppe volte ci trovavamo a infierire sui sospiri che l'assenza di risposte portava dai nostri polmoni alle nostre labbra. 
Era il più taciturno, talvolta perchè non aveva niente da dire, altre volte perchè non sapeva come dire quello che avrebbe voluto in tempi ragionevoli, risolvendo spesso l'impasse con una smorfia del viso che trasformava un ghigno in sorriso.
Molte volte avevamo passato intere nottate a inseguire un filo inesistente nei labirinti dei nostri pensieri, con l'unica rassicurante certezza che non avremmo incontrato alcun minotauro e col dubbio crescente che non avremmo incontrato neppure un'uscita.
C'ero io, infine, votato al sogno fin dalla tenera età, col mito dell'eroe che mi attraeva quasi fossi un pezzo di ferro in balia di una calamita. Il sogno era la linfa, la bibita con cui accompagnavo la pizza e che mi permetteva contemporaneamente di non strozzarmi e di digerirla.
Il sogno mi accompagnava nella teoria di un mondo pratico che mi rendeva disadattato e che mi portava sulle panchine del parco a montare divagazioni che disegnavano le cose in modo nettamente diverso da come erano, quei disegni fatti di penseri e considerazioni che il martello del tempo avrebbe preso a modello per forgiarle nel modo più consono al mio sentire, ma solo nella mia fantasiosa inconsistenza.
La realtà era che sull'incudine del tempo era il mioprogetto che veniva rimodellato in funzione della durissima realtà..
Eravamo quattro, con un importante carico di anni dietro le spalle e l'orizzonte sempre più vicino. Quell'orizzonte il cui movimento smentiva l'infondata teoria per cui la linea ottica resta sempre alla stessa distanza dal punto di osservazione dato.
Nel corso di millenni, la fisica non ha osservato con la dovuta attenzione quel fenomeno. Un occhio un po' più attento avrebbe permesso di verificare che la linea dell'orizzonte è suscettibile di variazioni inversamente proporzionali rispetto alla misurazione del tempo.....e mano a mano che la sabbia passa nella strozzatura della clessidra, la linea dell'orizzonte si avvicina inesorabilmente al punto di osservazione, fino al momento in cui questo viene inglobato e superato dall'orizzonte stesso, con tutto il suo contenuto di progetti e sogni.
 

domenica 8 aprile 2012

Pasqua

È inutile, la pioggia fa rumore. Le finestre del tetto sono impegnate nel respingere i ripetuti attacchi delle gocce che, rimbalzando, compongono questa sinfonia ritmica che mi tiene compagnia.
Sono passati i giorni della siccità, le danze della pioggia sono servite a qualcosa, a poco, ma un poco di sollievo verrà provato dalle provate falde acquifere.
È un'immagine perfetta del moto perpetuo che bene rappresenta il ciclo della vita: l'acqua scende dal cielo e alla fine del giro, l'acqua sale dalla terra. 
Tutto scorre e tutto ritorna.
Ogni tanto il suono si interrompe, ma è solo qualche nuvola che si trattiene per dare sollievo ad altre porzioni di terra assetate, poi la melodia ricomincia, lasciando una sensazione di sospensione nel vuoto.
È Pasqua e la resurrezione della Terra si equipara a quella della carne. 
Chiunque sia che regola i segnali, fa bene a ricordarci che siamo ospiti.

 

venerdì 6 aprile 2012

La sosta

Meno male che il caffè era stato allungato dall'acquazzone, troppo ristretto mi avrebbe fatto male. 
La brioche era oggettivamente inzuppata di un misto fra acqua e caffè, ma solo quel quarto che non avevo ancora mangiato, il resto era già al sicuro, affidato alle amorevoli cure dei miei succhi gastrici.
Mi trovavo a metà strada fra il gorgo del fiume e il larice piangente e stavo meditando sul proseguire o meno il cammino, stanco com'ero della quotidianità.
La domanda può sembrare oziosa di per sé, ma è vero che ero consapevole che avrei dovuto proseguire comunque il cammino. Mica potevo fermarmi lì per il resto dei miei giorni, ma avevo bisogno di quella pausa mentale che si nasconde dietro alle possibilità offerte dalla sorte e dall'arbitrio.
Non era necessaria risposta, bastava che la domanda venisse fatta e io l'avevo fatta, ascoltata e sottoposta ad attenta valutazione. La decisione non dipendeva dalla domanda, ma dalla necessità.
Poco più in là, c'era un merlo che mi guardava interessato, forse aveva avuto anche lui lo stesso dubbio o la stessa necessità di porre un limite ai suoi limiti, magari domandandosi sull'opportunità di farlo. Stava seduto due tavolini più in là, in un posto lasciato libero da una nuvola di fumo e sorseggiava con lentezza un frullato alla frutta dal colore rosato e dal sapore ignifugo.
Per un solo istante lo guardai con intenzione, convinto che volesse dirmi qualcosa, ma solo per mascherare che avrei voluto io dire qualcosa, così tanto per spartire la responsabilità delle decisioni, poi distolsi lo sguardo, era evidenteche voleva solo pensare e sorseggiare in pace la sua bevanda ed era ovvio che non avesse la minima intenzione di condividre scelte altrui, ne aveva già troppo delle sue.
Riempii la borraccia di acqua e vino e mi alzai prendendo tutto il mio bagaglio, con un cenno del capo salutai gli astanti e uscii dalla porta.
Optai per il sentiero dell'elfo, quello che conduceva verso il monte e la valle, dopo aver attraversato due ombre secolari. I carri erano ancora a trazione animale, ma nessuno si sognava di usarli, dovendo tener fede al giuramento di Belem.
Fu così che mi rimisi in cammino.

mercoledì 4 aprile 2012

La tela

I colori erano lì, ne avevo comprati un quantitativo considerevole, dato che avevo deciso di mettermi a dipingere. Era stata una scelta non facile, sia mio padre che mia sorella avevano ricevuto il dono della mano dotata e il disegno sgorgava con estrema facilità e semplicità dalle matite tenute dalle loro dita. Mia sorella si era anche avventurata nelle tecniche pittoriche, con risultati istintivi, ma buoni. per essere una che aveva in avversione lo studio e qualsivoglia forma di impegno intellettivo.
Questa la molla, la ricerca della rivalsa per il torto che il dio creatore spesso commette, concedere doni superiori a chi non li apprezza e non li sfrutta per tutta la vita.
Forse per questo motivo ho studiato arte e forse per questo motivo oggi voglio la mia rivincita. 
La mia mano non è dotata, o lo è molto ma molto meno, ma conosco le tecniche e le modalità espressive che si sono sviluppate nelle arti visive attraverso i secoli. Conosco la storia di molti artisti e ho visto un numero infinito di loro opere e da ciascuna di esse ho appreso un piccolo contributo alla mia visione complessiva.
Ho imparato a guardare, vedere e quindi osservare. anche se sono pienamente consapevole che la conoscenza dei Grandi non significa che la lora capacità espressiva si trasferisca per osmosi. Quindi potrei essere un buon conoscitore, ma restare un pessimo imbrattatele, per di più tormentato dal continuo paragone coi maestri e dal disappunto per non avere avuto lo stesso dono naturale dei miei consaguinei.
Comunque, i colori ci sono e anche i pennelli, tanti, vari di forma e grossezza e materiale. C'è anche un cavalletto di uno splendido colore mogano, regolabile per le varie esigenze che si prospetteranno.
Manca la tela, l'ultimo brandello di scusa che mi separa dal cimento.