sabato 22 dicembre 2018

Età.

Arriva l'età in cui l'imbecillità diventa insopportabile, sia la propria che quella altrui

venerdì 21 dicembre 2018

Tagli all'Editoria.

Che il popolo 5 stelle sia un popolo preda di credenze popolari o popolaresche, è cosa condivisa da molti italiani. È tuttavia vero che sono la forza più consistente risultata dalle elezioni di marzo 2018.
Come lo siano diventato è da vedere, anche se il sospetto che la loro fortuna elettorale si fondi su alcune visioni molto fantasiose della realtà, diventa ogni giorno più pressante.
Prendiamo uno dei cavalli di battaglia, i contributi statali all'Editoria che tanto piace ai fan del partito di Grillo.
Il Manifesto del 19/12/18 pubblica un interessante articolo sull'argomento, da cui si evincono come molti aspetti della questioni siano stati trattati con vere e proprie menzogne.
Qui troviamo il link dell'articolo e di seguito riportiamo i paragrafi che lo compongono e che smascherano  le falsità dei leader del Movimento a riguardo.


Tagli all’editoria, un emendamento pieno di bugie

Fact checking. Tra dicerie, propaganda e mezze verità facciamo una verifica dei fatti a proposito dell'abrogazione delle norme a sostegno dell’editoria che il governo vuole introdurre nel maxiemendamento alla manovra di bilancio
EDIZIONE DEL  19.12.2018
PUBBLICATO 18.12.2018, 23:59
AGGIORNATO 19.12.2018, 21:46
Abbiamo sottoposto alcune affermazioni di dirigenti giallobruni sull’editoria alla verifica dei fatti.
Vediamo.

1) TUTTI I GIORNALI PRENDONO SOLDI PUBBLICI

FALSO. Dopo anni di propaganda, pochi giorni fa è stato lo stesso sottosegretario Vito Crimi ad ammettere che su 18mila testate registrate in Italia, solo 150 prendono contributi pubblici (Crimi al Gr1 Rai del 16 dicembre). Come spieghiamo qui, solo editori con determinate caratteristiche accedono al fondo per il pluralismo.
I cosiddetti «giornaloni» (Repubblica, Corsera, Fatto, etc.) sono quotati in borsa e hanno normali azionisti che li finanziano. Usufruiscono (ma solo fino al 2019 se passa la manovra) di una trentina di milioni in agevolazioni e sconti per spese definite da diverse leggi.

2) L’EDITORIA È IL SETTORE CHE RICEVE PIÙ FONDI PUBBLICI

FALSO. Più volte all’inizio del suo mandato, il sottosegretario Crimi ha definito l’editoria come «il settore più assistito da parte dello stato».
Il sottosegretario calcolava una spesa pubblica di 3,5 miliardi di euro in 15 anni. Al di là della veridicità tutta da verificare di tale somma, basti un dato a smentire la sua affermazione: i sussidi pubblici alle fonti energetiche fossili dannose per l’ambiente (gas, carbone, petrolio, ecoballe, etc.) sono pari a 11,5 miliardi all’anno.
Il dato è ufficiale, fornito dal Ministero per l’Ambiente. Nel programma 5 Stelle c’era l’abrogazione di questi sussidi, ma nell’azione di governo e nella manovra non ce n’è traccia.

3) IN ITALIA NON ESISTONO EDITORI PURI

PARZIALMENTE VERO. Secondo un post apparso il 13 novembre sul blog delle stelle, «la stragrande maggioranza dei principali giornali italiani a tiratura nazionale è posseduto da editori in pieno conflitto di interessi». L’affermazione è inesatta.
Secondo un fact checking dell’Agi, tra le più importanti testate italiane alcune sono pubblicate da editori sostanzialmente «puri», cioè che non hanno interessi rilevanti fuori dall’editoria (testate Rcs e testate Riffeser), altre da editori «impuri» (gruppo Gedi e gruppo Caltagirone).
Guardando all’estero, invece, in Francia purtroppo gli editori «puri» non esistono proprio, mentre in Germania sono la norma. Mista invece la situazione in Gran Bretagna e Stati uniti.
Per paradosso, infine, i tagli all’editoria danneggeranno sicuramente molti editori «puri», cioè le testate pubblicate dalle cooperative di giornalisti, che per definizione non fanno altro che il proprio giornale, rivista o radio.

4) I GIORNALI CHE PRENDONO CONTRIBUTI PUBBLICI DIPENDONO DAL GOVERNO


La riforma Lotti aveva affidato al governo un puro ruolo amministrativo, sottraendo alla politica il potere di decidere volta per volta gli stanziamenti.FALSO.
 Proprio la varietà di testate che attingono al fondo per il pluralismo dimostra che non esistono giornali di per sé governativi: Avvenire è diverso da Libero, che è diverso dal manifesto o dal Primorski.
Al contrario, è proprio l’intervento di questo governo nella manovra che stravolge d’imperio, cancellandola, la libertà di informazione.
Per quanto riguarda il manifesto, nel Palazzo non abbiamo e non abbiamo mai avuto «governi amici».

5) IL TAGLIO AI GIORNALI È NEL CONTRATTO DI GOVERNO

FALSO. Proprio la Lega aveva escluso tale possibilità. Ribadendola poi in decine di interviste e interventi pubblici. Dimostrando la sua contrarietà, peraltro, nel primo passaggio alla camera della manovra, dove sia il relatore che il rappresentante del governo (entrambi leghisti) avevano espresso parere contrario all’emendamento 5 Stelle, provocandone il ritiro.
Ora, nel passaggio al senato, sarebbe solo un voltafaccia della Lega a dare il via libera al taglio.
6) L’EMENDAMENTO PATUANELLI ABOLISCE IL SOSTEGNO PUBBLICO ALL’EDITORIA
FALSO. Lasciando da parte la questione del canone Rai, l’emendamento 5 Stelle non abolisce affatto il fondo per il pluralismo, che rimane intatto intorno ai 180 milioni. Taglia i fondi fino a vietarne l’accesso, invece, solo a una ventina di testate più grandi sulle 52 ammesse al contributo. È perciò un emendamento «ad testatam» che colpisce voci diverse ma tutte critiche o scomode per la maggioranza.
Anzi, con l’ultimo comma del testo, si crea a Palazzo Chigi una specie di «fondo Crimi» a totale disposizione della presidenza del consiglio, al di fuori della legge e del controllo del parlamento, da destinare a vaghi progetti di «soggetti pubblici e privati» non meglio identificati per promuovere la «cultura della libera informazione plurale, della comunicazione partecipata e dal basso, dell’innovazione digitale e sociale, dell’uso dei media».
La discrezionalità del governo nell’utilizzo dei fondi pubblici (che infatti restano) sarebbe massima.

7) CON L’EMENDAMENTO PATUANELLI LO STATO RISPARMIA

FALSO. Non un euro viene tolto al fondo per il pluralismo. Viene invece vietato l’accesso a determinate testate (vedi sopra).

8) SENZA ORDINE DEI GIORNALISTI I PRECARI STANNO MEGLIO

FALSO. L’ordine dei giornalisti è un ente di diritto pubblico regolato dalla legge. Abolirlo lascerebbe il campo ad associazioni di diritto privato auto-organizzate. Nulla impedisce che nascano più o meno «forzatamente» associazioni di giornalisti vicini a un editore piuttosto che a un altro. Tipo: se vuoi scrivere qui ti fai rappresentare dall’associazione X. Con tutto quel che ne consegue.
L’ordine dei giornalisti, accogliendo un invito dello stesso Crimi, ha presentato al governo una proposta di autoriforma che attende risposta.

9) GLI EDITORI DI GIORNALI SONO INCAPACI DI INNOVAZIONE

FALSO. Non c’è settore industriale cambiato più della carta stampata. I fogli che avete in mano possono sembrarvi identici a quelli di 30 anni fa. Ma il modo di produrli non ha nulla a che vedere con quello dei nostri nonni.
Un grande giornale non è un pezzo di carta inchiostrata, è una struttura professionale e industriale in grado di far scrivere un essere umano su qualsiasi argomento in qualsiasi parte del mondo in qualsiasi momento dell’anno su diversi supporti.
Una struttura «pesante», simile a quella della protezione civile, sempre pronta in caso di emergenza.

10) LA CARTA È MORTA, IL FUTURO È DIGITALE

FALSO. Gli editori della carta stampata sono stati travolti dalla «rivoluzione digitale» ma l’85% dei ricavi viene ancora dalle copie cartacee. Ogni giorno si vendono 2,8 milioni di copie di giornali, che hanno 16,2 milioni di lettori.
La rivoluzione digitale, non appena la banda sarà disponibile, travolgerà anche le televisioni. Pubblicare un articolo su web non ha ostacoli tecnici, presto questo ostacolo cadrà anche per i filmati. I primi segnali di questo nuovo trend (vedi Netflix) sono già visibili.
Inoltre, a parte i «Gafa» (acronimo per Google, Apple, Facebook e Amazon) e gli «Ott» (i cosiddetti: “Over the top”) l’editoria digitale è priva di innovazione.
Il 98% dei giornali on line italiani dipende solo dalla pubblicità e fattura meno di 21mila euro all’anno (dati Agcom).

11) BASTA IL LIBERO MERCATO AD ASSICURARE IL PLURALISMO

FALSO. Non c’è settore culturale che non sia sostenuto – nelle forme più varie – da parte dello stato: libri, cinema, teatri, opere liriche, musei, mostre, monumenti. Nessuno di questi vivrebbe solo vendendo biglietti.
L’informazione rientra tra i diritti costituzionali dei cittadini che lo stato deve garantire.
Al contrario, il settore dell’editoria è in preda a fenomeni di concentrazione in ogni parte della filiera: 2 gruppi (Rcs e Gedi) diffondono da soli quasi la metàdelle copie. In molte zone del paese i distributori locali si riducono a uno per regione, i grandi distributori nazionali sono appena 2-3.
Il mercato, da solo, favorisce gli oligopoli. Nel caso dell’informazione, questo è tipico di regimi autoritari, e non di democrazie.

12) I CONTRIBUTI PUBBLICI ESISTONO SOLO IN ITALIA


Il Canada nella sua manovra 2019 ha stanziato oltre 600 milioni di dollari e un dibattito sulla necessità della protezione pubblica di testate soprattutto locali è aperto anche negli Stati uniti, vista l’ecatombe di giornali statali o di contea.FALSO.
 A parte il canone per la tv pubblica (vedi Rai o Bbc solo per fare due esempi), forme di sostegno diretto o indiretto all’informazione esistono nella gran parte dei paesi europei, dalla Francia al Lussemburgo.
Ci sono zone dell’Occidente dove, semplicemente, l’informazione e il controllo democratico e trasparente del potere non esiste più.
L’Italia non può finire tra queste.

martedì 14 agosto 2018

"io non ti giudico"

Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. 
(Matteo 7, 1-5)

Il timore del giudizio altrui, porta molte persone a nascondersi e porgere agli altri un'immagine di sé non corrispondente al vero, quasi che la sincerità fosse un inutile orpello nei rapporti di relazione.
Solo una massa di cretini può ipotizzare che ci sia un metro di giudizio che è uguale per tutti.
La verità è che i parametri di analisi della vita, sono molto meno codificati di quanto i dogmi imposti abbiano voluto farci credere. 
In pratica, il giudizio di bene e male si annida in una variabile talmente soggetta a influenze di ogni genere, che ci troviamo spesso nella condizione di sentire più pareri contrastanti a fronte dello stesso evento.
Tutto normale, dunque, no, per niente, la particolarità sta nel fatto che i termini di giudizio non sono solo due, come il binomio "bene/male" potrebbe far supporre, no i pareri giudicanti possono essere tanti e differenti a seconda di quante siano le persone che si esprimono sul fatto, quando per sfumature, quando per diversa accezione dei termini.
In pratica è idiota sentirsi giudicati, poiché se anche fosse, il "giudizio" non fa riferimento a leggi universali e, pertanto, l'espressione giudicante varrà solo per la persona che la esprime, inutilmente, a questo punto.

Le certezze del nulla

Tutti mentono, questa è la frase lapidaria che si postpone quando non si hanno ragioni per giustificare un proprio comportamento ingannevole e/o truffaldino nei confronti nostri o di terzi. 
L'autoassoluzione passa attraverso una chiamata a correo, quasi a significare che nel grande gioco della vita, ciascuno recita un ruolo che non deve essere scoperto dai propri interlocutori, pena l'esclusione e, quindi, la dissimulazione offre una copertura perchè il bersaglio non venga individuato.
"Tutti mentono" è una notizia falsa, assurta a rango di verità per il numero infinito di volte in cui è stata ripetuta, in innumerevoli occasioni, fino ad avere un largo seguito di adepti autoconvintisi.
La frase sarebbe più corretta in un enunciato più preciso, ad esempio "tutti mentono se ne hanno motivo", oppure "tutti mentono se non vogliono esporsi" o, meglio ancora, "tutti mentono se non sono in grado di sostenere la verità".
Il fatto è che ciascuno decide di mentire di volta in volta, a seconda delle circostanze, e può darsi che sia più o meno bravo nel cimentarsi in questa nobile attività umana, ma ciò non toglie che ciascuno possa stabilire in piena autonomia "se" mentire oppure no.
Giustificare ai propri occhi le proprie menzogne attraverso un "tutti mentono", richiama un falso assioma, che, invece, se riportato a rango di ipotesi di lavoro, resta tutto da approfondire e dimostrare.
Mentire è una scelta e, come tale, offre la possibilità di non ricorrervi, spesso con dei danni immediati che possono tentarci di ricorrervi come strada più facile, ma resta comunque una scelta e le scelte, per quanto moltitudini ricorrano a quella che ci porta ad affermazioni assolute, offrono sempre altre opportunità, anche se raccontarsi verità di comodo, anziché dolorose, è più semplice.
Se davvero volessimo dare una visione corretta del mondo, potremmo dire che "Non tutti mentono (magari perché non ne hanno né motivo, né ragione)", purtroppo  a noi fa comodo crederlo.


domenica 5 agosto 2018

Credulità.

La gente crede più ad una grossa menzogna che ad una piccola; e se viene ripetuta abbastanza spesso la gente prima o poi ci crede. (Walter Langer)

Destini zodiacali.

Pensiamo davvero che Gesù Cristo sia stato un Capricorno?

Cretinocrazia all'attacco

Quelli dei governi di  prima erano peggio, molto peggio, erano collusi con le banche, hanno trovato subito 20 miliardi di euro per salvarle dal fallimento, togliendo risorse alle povere signore anziane che non arrivano a fine mese.

Hanno fatto accordi con le multinazionali del farmaco, rendendo obbligatori inutili vaccini, solo per intascare tangenti.

Hanno difeso a spada tratta gli interessi dei poteri forti, andando a pranzo da Soros e a cena dai rappresentanti di Bildeberg.

Hanno comprato inutili aerei da difesa, pagandoli venti volte il loro valore, nonché un Jet faraonico per portare il Capo del Governo a fare le vacanze a Torvaianica.

Per fortuna, tutto questo è finito e ora abbiamo a rappresentarci persone del popolo, per il popolo, che faranno solo gli interessi del bene collettivo.

  Questa è la nuova classe politica.

martedì 10 luglio 2018

La musica e l'anima.

Ci sono periodi in cui la vita sembra non offrire orizzonti di cui gioire, salvo l'apparire improvviso di un miracolo, una mano tesa del tutto inaspettata, sotto forma eterea, impalpabile, una di quelle forme che puoi solo illuderti di poter fare tua, ma che (in realtà) si aggira senza posa per il mondo, al solo scopo di dare aiuto a chi ne ha bisogno.
Il miracolo ha le sembianze di un nero ottantenne e di un bianco poco meno che settantenne, chitarrista il secondo e polistrumentista il primo; i signori Charles Lloyd e Bill Frisell.
Era stata una giornata calda, una di quelle che possono verificarsi nel mese di luglio, una giornata difficile, non si fanno mai incontri, semmai sempre e solo scontri. Una giornata di quelle che vorresti avessero un'altra impronta e, invece, hanno quell'impronta lì e non ci puoi fare nulla, se non accettare che le cose vadano come vogliono, rassegnandosi al fatto che tu puoi fare ben poco.
La fortuna ha voluto che siamo partiti verso le 19.00 con un conoscente, forse amico, sicuramente condivisore di passioni più o meno accentuate, in particolare quella per la musica, sia suonata che ascoltata. 
Meta della gita il Jazz Festival di Empoli, nella bellissima ambientazione della piazza Farinata degli Uberti, di fronte a una bellissima collegiata, di cui ignoravo l'esistenza, e una restaurata fontana dei leoni.
Sul sagrato erano già schierati strumenti e cavi in ordine più ordinato i primi, più casuale i secondi. Una batteria di marca sconosciuta, due amplificatori, un microfono Neumann al centro della scena e peluche assortite sotto un Fender valvolare.
L'attesa si preannunciava lunga, ma chissà, forse ne sarebbe valsa la pena.
Ci spostiamo presso un banco di alimenti, a lato della piazza, dove ci somministrano una dietetica porchetta adagiata dentro un inconsistente panino, una birra leggera e la cena è risolta (viva la dieta).
Non possiamo fare altro che vagare per la piazza alla ricerca di un caffé e una ritirata, ove poter svuotare i contenitori di liquidi organici. È un piano di semplice realizzazione e viene realizzato.
A questo punto non rimane che accomodarsi ai nostri posti: fila H, poltroncine 23, 24 e 25, in posizione sufficientemente centrale e ragionevolmente ravvicinata.
Sono le 21.40, quando una minigonna sale sul sagrato con un microfono, lanciando ringraziamenti tutt'intorno e dilungandosi nella competenza e bravura degli organizzatori, che hanno contagiato persino la capitale, Firenze, che ospiterà alcuni eventi da essi stessi proposti e organizzati. Il pippone non è eterno, per fortuna, e arriva il momento in cui viene annunziato il quartetto capitanato dal vegliardo Charles Lloyd, con Bill Frisell.  Reuben Rogers e Eric Harland.
I due anziani e i loro badanti prendono posto rapidamente e si capisce subito che ci sarà del filo da torcere per le nostre menti prevenute, la musica incomincia a fluire liscia, su una base solida, vagamente funky, portata aventi dai due giovanotti che cominciano a costruire un castello inespugnabile intorno ai due veterani, che cominciano a tessere le loro arie, con piglio che non ci si aspetterebbe.
Il concerto scorre tranquillo e cambia il senso della giornata. Quasi quasi non dormo, così mi perpetuo il benessere che provo (meritatamente) dopo giorni forse troppo complicati.


domenica 1 luglio 2018

Contratto inciuciato

Peter Gomez, autorevole direttore del ilfattoquotidiano.it, ha sostenuto e sostiene che la grave colpa del PD (partito democratico) sia stata quella di non rispondere al richiamo di alleanza di Governo (ora si chiama contratto, prima inciucio) lanciato dal Movimento Cinque Stelle (grillini), ignorando i segnali di contiguità che il programma del "cambiamento" rappresentava e rappresenta, aprendo così le porte alla Lega dell'instancabile Matteo Salvini.
Premesso che non era indispensabile formare un Governo con persone con cui non si condividono né ideali, né obiettivi, se lo si fa, significa che i provvedimenti presi in accordo sono accettati per buoni, con le idee di Paese che sottindendono. Ma non è questo il nodo focale.
Peter Gomez è lo stesso che sostiene (quando chiede i soldi in rete a sostegno del suo giornale digitale) di  rappresentare la libera informazione, un presupposto importante.
Vediamo come stanno insieme le due cose, l'istanza di alleanza di Governo sdegnosamente ignorata dal PD (partito democratico) con la libera (e corretta, aggiungeremmo) informazione.
I dem, come li chiamano quelli a la page, non hanno una strategia comune, non hanno un programma comune e non hanno una classe dirigente spendibile, essendo stata sputtanata brutalmente nei tre anni di Governo pre Gentiloni, tutta l'intellighenzia del giglio magico e con essi il tentativo di egemonizzare il pensiero di sinistra su posizioni quasi dorotee.
Questa debolezza intrinseca al partito, avrebbe rappresentato il più comodo alleato di Governo per i seguaci della Casaleggio S.r.l., avrebbero avuto i voti per realizzare un programma irrealizzabile, sapendo di non poterlo realizzare, ma avendo a portata di mano il capro espiatorio ideale a cui addossare le colpe del fallimento: l'alleato di governo.
Bene ha fatto il PD (partito democratico) a tirarsi indietro da questo abbraccio mortale, che lo avrebbe devastato più di quanto non lo abbia fatto la tornata elettorale non l'infausto (per esso) esito delle urne.
Male ha fatto il Movimento fondato da Grillo ad accettare l'inciucio (contratto) con la Lega che, al contrario del PD (partito democratico) una leadership forte, molto forte, fortissima, ce l'ha, e ha anche una classe dirigente di prima qualità, con pluridecennale esperienza amministrativa e di governo.
I fatti sono che la Lega in pochissimo tempo ha accresciuto in modo iperbolico il proprio consenso, mentre il Movimento dell'honestà ha perso consensi ovunque.
In pratica, l'estrema destra leghista se li sta divorando, con buona pace di tutti quegli ideali di progresso e di giustizia sociale che tanto cari sembrano essere a tutti, ma che in realtà non vengono perseguiti da nessuno.

sabato 9 giugno 2018

Dalla fantasia alla realtà

Ci corre l'obbligo di rivalutare quei geni di Magnus & Bunker che, in tempi assolutamente lontani, avevano percepito e preannunciato l'arrivo di un supereroe anomalo, che sovvertiva il paradigma a cui ci avevano abituato i suoi predecessori, quelli che spendevano la propria esistenza curando la difesa dei più deboli.
Lui no, lui depredava i poveri per donare ai ricchi ed era (probabilmente) per questo motivo che si era meritato quel nomignolo, un povero ubriacone che non aveva capito il mondo e si adoperava nel modo sbagliato, sotto l'influenza nebbiosa dei fumi dell'alcool.
Superciuck compare nel fumetto di Alan Ford nella lontana estate del 1971 e diventa parte integrante delle storie che ruotano intorno all'attività del gruppo TNT.
Questa l'intuizione, ma chi mai avrebbe potuto immaginare nel '71 che quel supereroe si sarebbe incarnato nella realtà politica italiana e avrebbe addirittura conquistato forti posizioni di potere? Nessuno, chiaramente nessuno. 
Nella logica delle cose c'è che i più deboli e poveri comprendano che la loro salvaguardia è appesa alla loro capacità di unire le forze e arginare, per quanto possibile, lo strapotere della classe più ricca e potente.
Be', disilludiamoci, quello che è accaduto col libero e democratico voto degli italiani, non ha spiegazioni se non nell'autolesionismo di cui avevamo apprezzato le caratteristiche nell'arguto libello "Il Discorso sulla servitù volontaria" (Discours de la servitude volontaire o Contr'un) del mai troppo apprezzato Étienne de La Boétie, che intorno alla metà del 1500 aveva intuito il nocciolo di un pensiero che fu poi ripreso dai padri del pensiero anarchico e non solo..
« Vorrei solo riuscire a comprendere come mai tanti uomini, tanti villaggi e città, tante nazioni a volte, sopportano un tiranno che non ha alcuna forza se non quella che gli viene data, non ha potere di nuocere se non in quanto viene tollerato. Da dove ha potuto prendere tanti occhi per spiarvi se non glieli avete prestati voi? come può avere tante mani per prendervi se non è da voi che le ha ricevute? Siate dunque decisi a non servire più e sarete liberi!». 
Sta di fatto che il popolo ha eletto a proprio "conducator" due leader di due forze che hanno promesso e pianificato di favorire le classi più abbienti, ovviamente a danno delle più deboli.
Come sia potuto accadere tutto questo è da ricercare nell'incapacità delle forze, che hanno detenuto il potere per oltre tre decenni, di lavorare in modo da contemperare le esigenze pur lecite dell'economia, con quelle, altrettanto sacrosante della larga base elettorale e, soprattutto, di comunicare correttamente e compiutamente il proprio operato, in modo da condividere il cammino con quel popolo a cui dovevano rendere conto e che avrebbero dovuto non tutelare al meglio contro ogni avversità.
Il periodo di grave crisi economico sociale, non ha favorito la lettura degli eventi, così come la comparsi di figure molto discutibili, che hanno basato i loro interventi su base autoreferenziale, pensando a più riprese di poter controllare le reazioni, sbattendo la faccia contro un muro di realtà avversa.
Tuttavia, per quanto sia comprensibile e condivisibile  lo strappo coi vecchi tiranni, lo è meno questo abbraccio mefitico coi nuovi, che non si nascondono (va a loro merito) dietro bugie, esponendo chiaramente il loro pensiero di dissesto in tempi medio-brevi del Bene collettivo, adducendo spiegazioni su improbabili, se non impossibili benefici che le loro scelte porterebbero alla collettività.
È vero che le favole piacciono e, dopo periodi di grande carestia e incertezza, sentirsi raccontare che tutto questo può essere lasciato alle spalle e si può ritornare a stare bene come nel passato, è una prospettiva oltremodo allettante.
Abbiamo avuto modo di vedere davanti al Parlamento che ci rappresenta tutti, il nuovo Presidente del Consiglio che ci ha illustrato un piano d'azione in cui c'è tutto per tutti. una pianificazione che solo un deficiente potrebbe disprezzare, in pratica si prospetta una drastica riduzione delle tasse, assistenza a chi si trova temporaneamente in difficoltà, in attesa di un'occupazione, livello dei servizi inalterato, quando non accresciuto, il tutto pagato con la riduzione dei benefici dei parlamentari e con il taglio delle pensioni oltre i 5.000 euro netti. Tutto questo, senza ovviamente dimenticare di ridurre in modo significativo il nostro debito pubblico e migliorare la vita di tutti i cittadini.
Chi avrebbe mai detto che una cosa così enunciata si sarebbe potuta attuare in modo tanto semplice?
Eppure questo è quello che accade e il futuro, come sempre dalla notte dei tempi, diventerà presente molto presto.

martedì 17 aprile 2018

Chi non voleva esserci

Chi non voleva esserci è migrato altrove, dove cade la pioggia di altri temporali, dove la terra è asciugata da altri soli, dove ululano i lupi a un'altra luna e dove si seguono nuovi sentieri per le stesse mete.
Chi non voleva esserci non c'è stato, ha preferito bagnarsi in altre acque, godere del profumo di altri prati, dove pascolano altri armenti guidati da altri pastori e dove si segue un altro corso d'acqua per arrivare allo stesso mare.
Chi non voleva esserci si è eclissato come il sole dietro la luna o come la luna dietro al sole, come un ladro dopo il furto e come un amante dopo l'amore, come una vergogna di un essere senza pudore, come un soffio leggero sui petali del soffione.
Chi non voleva esserci, ha preferito altro, un nuovo mondo, un nuovo bosco, nuova aria sotto un altro cielo, nuove nuvole e nuovi venti freddi, oppure caldi a seconda del bisogno.
Chi non voleva esserci e ambiva a un'altra vita è stato servito, sotto ogni stella, per quanto sia diversa, le cose sono uguali dappertutto e anche le persone cambiano solo di fisionomia, per il resto è tutto come è sempre stato, la stessa legge regola il mondo e tutte le cose e la ricerca del nuovo cozza contro la logica del tempo.

sabato 17 marzo 2018

Il non detto.

Il tempo aiuta a vedere le cose con più chiarezza. mano a mano che il problema si allontana, per quanto la sua portata sia tutt'altro che ridimensionata, ma non è certo questo l'obiettivo dell'operazione. 
Il fine è di uscire dal conflitto interiore con la forza necessaria per riconoscere i propri errori ed evitarne in futuro, per quanto le sfide che la vita propone, cambino sempre abito e siano spesso troppo insidiose.
La fine di un rapporto fra due persone, a prescindere dal genere, ha sempre dei fondamenti nel non detto. Per "non detto" non intendiamo necessariamente una bugia, anche se la menzogna è il dato più ricorrente, ma può darsi che si verifichi un atteggiamento falsato dal convincimento di essere più forti di quanto, poi, in realtà, la vita ci dimostri e che questo ci porti a sopravvalutare la nostra capacità di muoversi con lealtà e trasparenza all'interno dei sentimenti.
Il fatto è che ammettere le proprie debolezze da subito, non aiuterebbe, nella mente di questi soggetti, la relazione a partire e consolidarsi, pertanto si rimanda il confronto con sé stessi al momento in cui la nostra convinzione di essere diversi da come siamo in realtà, non troverà conforto nel cambiamento in meglio che riusciremo a fare. Un salto qualitativo basato sull'inconsistenza.
Questo porta a commettere una serie di passi falsi che rompono in modo irreparabile qualsiasi opportunità di cambiamento e crescita del rapporto interpersonale, perché fa crollare uno dei basamenti principe che è la fiducia reciproca.
Per quanto spesso sottovalutato,il parametro di fiducia è un vero e proprio must di ogni genere di avvicinamento fra persone. Tutti, chi più chi meno, nel rapportarci a nuove conoscenze, abbiamo la nostra dose di cautela, che, a seconda dei casi, può sconfinare nella diffidenza, salvo poi rientrare per lasciare il posto a una disponibilità nei confronti dell'altra persona, che getta le basi per un rapporto più solido.
Alcuni casi, segnalano la presenza di patologie che portano a una diffidenza cronica, che induce il soggetto colpito a non aprire le porte più nascoste agli altri. 
Si può in questi casi pensare che la persona in oggetto possa imbastire relazioni, più o meno superficiali, con altri? Il quesito, apparentemente semplice, apre in realtà un universo di scenari che potrebbero portare.
Resta il fatto che la nostra personale posizione è che non lo possa fare.
La mancata chiarezza e il nascondere dati importanti nell'avvicinarsi agli altri, porta inevitabilmente squilibri e forzature che vanno al di là della buona fede presunta o dichiarata dalla parte che ammette la carenza.
Sarebbe come non rivelare al partner sessuale di essere sieropositivo al HIV.
Un tema complesso, in verità, che meriterebbe ben più che una cartelletta in un blog .



sabato 3 febbraio 2018

Stati fluidi


Ancora nuvole e pioggia, pioggia e nuvole, nuvole che diventano pioggia e, nonostante queste evidenze schiaccianti, pioggia che cade dalle nuvole e fornisce la sua versione di non colpevolezza, come ad affermare di essere inconsapevole che il proprio stato fisico le consente di bagnare tutto ciò che trova.

La pioggia sembra incurante dei malanni da raffreddamento che, inevitabilmente, si porta dietro, sottolineando come i benefici per l'agricoltura siano innegabili e valgano bene qualche spiacevole effetto collaterale. 
Che sarà mai una polmonite in confronto a un campo di grano, poesia di un amore profano? E in effetti più che la paura di essere presa per mano, la pioggia ha la consapevolezza di essere inafferrabile, sia nello stato di nuvola che in quello di goccia.
Forse, ha ragione lei, è solo pioggia, nuvole e pioggia, simile in modo imbarazzante alle lacrime, se non fosse per il diverso coefficiente di salinità, che farebbe pensare a una superiorità intellettiva delle lacrime, che (tuttavia) non è in alcun modo comprovata, così come non lo è l'origine emotiva sia dell'una, che dell'altra..
Solo pioggia, lacrime e nuvole che scuriscono gli orizzonti, già bui di per sé, per fortuna solo fino a quando tornerà il sole e il ciclo si ripeterà, addensando nuvole e pioggia, magari altrove, per quanto sarà comunque sul bagnato che la pioggia cadrà.

Spazi vitali

"Un altro giorno" è la categoria che ricorre più frequentemente nelle nostre esili vite, con una cadenza almeno quotidiana. 
Oggi è un altro giorno rispetto a ieri e anche rispetto a domani, ma anche domani è un altro giorno....e così le nostre giornate scorrono e si riempiono di inutili comparazioni e attese di futuri migliori, ma migliori rispetto a cosa? 
Al''oggi? Be' probabilmente sì, perchè se "del doman non v'è certezza", figuriamoci del dopodomani, quindi l'unico metro che abbiamo è il presente e persino il passato, almeno in taluni casi.
E poi siamo sicuri che le nostre città siano grandi abbastanza per contenere tutti noi col nostro corredo di dubbi, per tacere delle incertezze e delle cazzate che, con pervicacia inattesa alle menti più illuminate, ostinatamente proferiamo con imbarazzante periodicità quotidiana?
E se non lo fossero (grandi abbastanza) cosa dovremmo fare? perseguire un'ottimizzazione e recupero degli spazi vitali, affidandoci ad architetti del tempo e ingegneri dell'archiviazione delle speranze?

venerdì 12 gennaio 2018

Tutto scorre.

E così, alla fine tutto scorre.
La vita è quello che succede mentre sei impegnato a fare altro (John Lennon).
In effetti gli eventi non ti aspettano, succedono, si susseguono con l'incedere che la Sorte ha stabilito, che è poi quello che scandisce la vita stessa, la naturale sequenza degli avvenimenti che segnano il nostro passaggio  e si può solo cercare di sistemarli nella credenza delle esperienze


martedì 9 gennaio 2018

SUL MENTIRE di Francesco Tontoli

Ho sentito il mio amico riguardo a cosa scrivere per l’articolo di oggi, non sapendo proprio da dove iniziare. Stavo pensando di fare le orecchie a questo foglio Word, di prendere a scarabocchiarlo, aggiungervi orli e linee di fuga. Avevo in mente di riempirlo di niente, e proporlo come succoso commento alla mia rivista di riferimento. La redazione avrebbe capito e io mi sarei battuto il petto inventando molte scuse. Avrei addotto un funerale, un incidente senza gravi conseguenze, uno stato psichico di assoluta prostrazione e affaticamento, una depressione dovuta alla disaffezione . Campione di pigrizia e detentore assoluto del record di rimandare gli impegni, spostare appuntamenti, allungare il brodo, mi riconosco nella figura del mentitore per necessità con attitudine professionale alla giustificazione. Anche a quella non richiesta.
Con me al comando , un luogo di lavoro diventerebbe un posto privo delle più elementari certezze spazio-temporali. Il relativismo si trasformerebbe in una dottrina di fede, e la bugia dovuta a qualsiasi specifica causa (soprattutto la causa dell’assoluta indolenza intellettuale) governerebbe la produzione, il traffico ferroviario e quello aereo. Le automobili rimarrebbero semplicemente immobili per scelta strategica .
Dopo aver ascoltato l’ennesima descrizione della mia più classica arrampicata sugli specchi, che giustifichi l’infinita serie di mancate risposte alle sue chiamate telefoniche, il mio pazientissimo amico mi ha proposto proprio di scrivere qualcosa che riguardasse questa piccolezza futile e a volte necessaria, che si chiama in modo sbrigativo “bugia”. Il mentire come arte ma non riferito alla strategia dell’inganno e del potere, ma a quello meno subdolo del rinvio, della proroga, della sospensione sine die, della procrastinazione a un tempo futuro, possibilmente felice e sgombro da nubi minacciose. Cioè ad un “mai” secco e rotondo.
L’etimo riferisce che la parola bugia deriva dall’arabo, ma forse anche dal provenzale, e ce la traduce come “inganno”, “astuzia”, “furbizia”, ma anche “cattiveria”, “nequizia”. Insomma uno stato psicologico in cui il soggetto dissimula in modo più o meno verosimile all’esterno (ma anche all’interno di sé stesso, tenendo presente che il bugiardo più efficiente è colui che crede alle proprie bugie) qualcosa di inconfessabile che lo esporrebbe all’ira, alla vendetta, alla rappresaglia, oppure semplicemente alla giustizia del suo antagonista.
So a chi state pensando. State pensando a Odisseo. E a chi se no? Ce lo hanno proposto come modello di intelligenza umana che si oppone al disordine, al caos e alla forza bruta. L’uomo capace di condurre contro il destino avverso una battaglia che si vince solo con la pianificazione delle proprie strategie di sopravvivenza. Tirarsi fuori dai guai attraverso l’invenzione di modelli di narrazione verosimili che disorientano e seducono l’avversario più sospettoso, crudele e brutale . Polifemo, e altri personaggi del mondo esterno sconosciuto e ostile, sono rappresentati come forze primitive, prive di malizia e di elaborazione di modelli che simulano percorsi diversi da quello unico e vero. Il mondo senza la bugia è arcaico e pastorale, privo di curiosità e delle capacità che ci spingono a superare colonne, infrangere tabù, abbattere idoli, aprire frontiere.
Ulisse, ma anche Sherazade, la schiava condannata, che per rimandare la propria esecuzione adotta la strategia propria della narrazione come antidoto e come via di salvezza. Ritarda l’ora certa della propria morte narrando appunto le meraviglie e le contraddizioni della vita.
Ulisse e Sherazade, due bugiardi professionali .
Io invece credo di essere una via di mezzo. Un bugiardo senza professione. Uno di quelli che delega le responsabilità, le divide e le sminuzza riducendole in briciole digeribili. Le scioglie in un bicchier d’acqua e le ingolla solo quando sono rospi disciolti allo stato liquido, trasformandoli in gassose bolle di propositi differibili, di questionari inintellegibili, di santini da tenere nel taschino della giacca per miracoli che non si verificheranno. Posseggo un pettine incapace di sciogliere nodi , viluppi e intrichi . Il terreno su cui cammino ha retto il mio peso specifico per coincidenze astrali che il caso ha voluto mi si ponessero davanti per puro capriccio, senza per ora precipitarmi in nessun orrido. La scadenza di una bolletta telematica incombe sulla mia testa dura e tagliente come una lama di carta che fa scempio delle mie carni. Nel sogno vengo inseguito da creditori molesti e armati di ogni sorta di oggetto destinato all’offesa. Mi circondano persone la cui diffidenza sul mio conto (soprattutto corrente) è condivisibile perfino da me stesso.
Ed è per questo che considero dire bugie un’arte certosina, raffinata , destinata a un animo nobile che la sviluppi e la faccia propria, senza ridurla a esibizione delle proprie miserie quotidiane. Non ho bisogno di dimostrare quanto io sia bugiardo . Lo sono per necessità, perché mi ritengo intelligente, e della bugia mi nutro, compiacendomi della stupidità altrui. Aggiro le difficoltà usando l’arma della menzogna e della dissimulazione, anche se ritengo la bugia molto più innocente delle prime due. Quest’ultima è spontanea e immediata, istintiva e quasi del tutto priva del senso di malizia. Assume quasi un aspetto di difesa della propria integrità. E’ uno schermo, un filtro, un velo, una piccola variazione sul tema, una fuga musicale destinata ad esaurirsi. Si consuma brevemente nello spazio , e il tempo la divora e la sminuzza, la rende piccola e quasi irrilevante nell’economia della contingenza universale . La bugia è nuda molto più della verità , ha mille destini. La verità ne ha uno e indifferibile che si chiama morte. La bugia è facile da dimenticare, anzi è fatta per essere dimenticata. La bugia serve a rimandare una verità semplice che per questo ci sembra stupida e incompleta. La bugia la arricchisce di variabili , le dona plasticità, adattabilità, scorrevolezza.
La menzogna invece è qualcosa di molto più complesso. Ha bisogno di una teatralità certificata, di un attore che la reciti con scrupolo e dedizione. Il mentitore professionale a differenza del bugiardo è un uomo che ha trasformato la bugia in architettura complessa, in edificio ampio e arioso. Il bugiardo suona musica da camera, mente consapevolmente a sé stesso e a pochi intimi, la madre, un amico, la moglie. Chi diffonde menzogne invece cura scientificamente i particolari minimi, deve ricordare tutto, e spesso dimentica perfino che è stato lui stesso a propagare il morbo. Orchestra le armonie degli archi e dei fiati in modo da essere suadente e mellifluo. Una musica scorrevole, senza accidenti, accordi semplici e credibili, che diffonde da orecchio a orecchio in un crescendo di toni e di eco. La menzogna si nutre di sé stessa costruendo altre menzogne parallele come universi corrispondenti. La menzogna parla attraverso un megafono, la bugia è qualcosa che scappa a mezza bocca. La menzogna porta al discredito, alla diffamazione di qualcuno che è ritenuto il nemico da abbattere. La bugia è una trascurabile umana alterazione dell’ordine divino, una timida contestazione dell’autorità, presto scoperta e messa all’indice. Le menzogne quando vengono scoperte ci appaiono ancora credibili, sono edifici diabolici e affascinanti autocostruentesi. Il mentitore confeziona menzogne con stanpanti 3D , il bugiardo usa ancora il copincolla di facile falsificazione, e altrettanto facile smascheramento. Il mentitore ha sempre frecce al suo arco, il bugiardo usa ancora fionde con l’elastico. Il bugiardo si sbugiarda, il mentitore non si smentisce mai.
Si mente perché l’altro che sente
Apprezzi lo sforzo l’amore e il coraggio
Si mente per lo stupido vantaggio
Di narrare a sé stessi una storia da niente
Si mente non per logica e paura
Ma per fottere la nostra natura.