mercoledì 26 febbraio 2014

Il sonno negato

È poco gratificante, quando non del tutto avvilente, appartenere a una generazione senza presente né passato, una generazione che avrebbe potuto giocarsi in modo creativo, rivoluzionario il proprio futuro, immaginando spazi di progresso, libertà e giustizia, fino ad allora inesplorati, come una vasta prateria in cui seminare il valori di una nuova corsa all'oro; una generazione sconfitta dalla precedente, perchè non ha saputo costruire nuovi dei, diversi dal vitello d'oro dei propri avi.
La generazione del dopoguerra, quella del boom economico, quella che "c'era tutto da costruire" e che avrebbe potuto prendere in mano le sorti di un grande progetto di società.... quella stessa generazione che si è trovata esautorata e costretta a seguire schemi prefissati, lasciando nel cassetto i sogni di voli ad alta quota, quelle ambite virtù di giustizia e ugualianza, che avrebbero migliorato la società e i cittadini.
La generazione accecata dai bagliori degli specchi montati a bella posta sulle mura nemiche, quella che ha scambiato per rivoluzione rivendicazioni sindacali al limite della demenzialità, la generazione che scendeva in piazza per difendere la classe conservatrice, quella operaia; la generazione che ha perso, quella che ha perso  perchè aveva solo la passione, ma non aveva strategia, quella che si era convinta che quelle illusioni di giustizia si sarebbero perpetuate solo laddove fossero state cristallizzate in leggi. 
Una generazione che aveva fatto male i propri conti, l'immaginazione non era andata al potere, si era fermata nel salotto buono della Marzotto di turno, a condividere una tazza di tea e pettegolezzi, con il fior fiore dell'aristocrazia, sia sociale che intellettuale. 
Ci sarà pure un motivo se le rivoluzioni le hanno sempre fatte le avanguardie, a volte intellettuali, a volte aristocratiche, a volte entrambe. Il popolo (nel migliore dei casi) è sempre e solo riuscito a fare qualche moto....due misere sillabe che sono scomparse in modo altrettanto repentino di come sono arrivate.
Una generazione che ha scalato le classi sociali, mutuando i valori del sogno in valuta più sonante e spendibile con le mani che avevano in mano le leve. Quelle stesse persone per cui la parola ugualianza si sbiadiva in modo lento e inesorabile, per lasciare spazio alla nuova dea, la ricchezza, che poi era la dea preesistente da schiede intere di generazioni.
Una generazione bastarda, uscita dagli orrori di una guerra, che non aveva vissuto né conosciuto se non attraverso la stucchevole retorica dei libri scolastici. Una generazione che si sentiva onnipotente e che avrebbe voluto, potuto e dovuto cambiare tutto.
Una generazione che è scappata di fronte ai propri doveri, che non ha combattuto i propri padri, e che anzi in massima parte ne ha sostituio le salme nella vita civile, quando questi hanno seguito l'ordinarietà delle leggi naturali.
Appartengo a quella generazione, più precisamente alla schiera che della propria generazione è stata vittima, quelli che hanno creduto ai nuovi ideali, che hanno contribuito con alacrità a rinnovare gli dei e ad abbattere le statue dei vitelli d'oro, quelli che sono stati distratti dagli ideali, perchè nella vita pratica non c'era posto per tutti; le risorse, si sa, non sono infinite.
Nonostante tutto questo, sono, mio malgrado, sopravvissuto al limite che mi ero prefissato dei 30 anni e la vita è passata sulle barche che trasportavano i luoghi comuni e le sicurezze della "normalità", così come veniva descritta da una società protesa all'autoconservazione ad ogni costo, che doveva necessariamente convertire gli stimoli di idee "rivoluzione", in più rassicuranti messaggi di possibili, per quanto lontani, miglioramenti diffusi.
Appartengo a quella parte della generazione che non avrebbe dovuto sopravvivere e che, paradossalmente non è sopravissuta, sconfitta e umiliata dall'altra componente della stessa generazione, quella dei seguaci della tradizione, quelli conquistati e acquistati dagli immobilizzatori.
Appartengo a quella generazione che "non ha voluto" come sostengono molti analisti del "volere è potere".
Appartengo a quella parte di generazione che non aveva sonno per tutti e lo ha distribuito solo a una minima parte, gli altri, quelli della parte sbagliata, sono sopravvissuti, seppure con una certa riluttanza, rimpiangendo per il resto dei loro giorni, di non avere potuto far parte di quella schiera i cui giorni si erano fermati quando le prime luci del fallimento non erano ancora visibili.

Dai diari di Patrizio Oriani

Nessun commento:

Posta un commento