Mi piacerebbe conoscere quel cretino che ha stabilito che la sincerità sia annoverata fra le virtù.
Come tutte le caratteristiche comportamentali, anche la sincerità ha una lama doppia, che rischia di portare tagli alla nostra anima, oltre che alla nostra vita.
La sincerità è un mito strettamente correlato a un altro mito fortissimo della nostra decadente società: il mito della verità. Pare che tutto ciò che appartiene a queste due categorie sia bene.
La netta divisione fra bene e male e le categorie accataste quando all'una, quando all'altra, quando non agli esatti contrari, che però passano per entità negative, poichè contrapposte a quelle benevole, tale divisione, dicevamo, rischia di generare integralismi che sono indegni dell'essere umano.
Oltretutto, la sincerità vanta la presunzione di descrivere la verità, come se si trattasse di un bene assoluto la cui univocità è indiscussa e indiscutibile.
Come sanno ormai anche i bambini, la verità è un fatto talmente soggettivo che anche nella giurisprudenza si parla di verosimile, poichè la raccolta degli elementi che la compongono non risponde mai a parametri assoluti.
La sincerità è quindi una categoria che mina la verità con la propria interpretazione di ciò che appare, contrapposto a ciò che è, ma non si sa.... o quanto meno non si può decifrare in senso assoluto, ma solo relativo.
Non che gli antagonisti godano di privilegi migliori, ma in questo momento il focus è orientato verso il falso bene generato dalla sincerità.
Non è un caso che fin da epoche remote, si invitava a fare esercizio comportamentale cum granu salis, a definire l'impossibilità di un approccio perfetto, peculiarità riconducibile solo agli dei, che non avevano fatto dono della perfezione ai mortali.
Con buona pace dei buoni sentimenti, dovremmo prendere atto che la verità è sempre relativa e che di solito facciamo nostra quella che sentiamo più vicina, ma solo perchè risponde meglio alle nostre esigenze del momento..... col mutare delle esigenze anche le verità si adeguano.