La struttura era molto provvisoria, una baracca rifinita, ma pur sempre una baracca. Aveva un pregio che la rendeva più preziosa di un palazzo storico nel centro della città: era davanti al mare. Ma non davanti in senso lato, proprio davanti, in senso stretto, anzi strettissimo. Bastava appoggiare lo schienale della sedia alla parete ovest della baracca e il mare era lì, che ti guardava cercando di capire cosa volessi da lui.
Cosa poteva cercare uno come me? Cosa poteva volere dal mare? Solo un poco di serenità, tranquillità, rilassamento. Devo ammettere che, in questo senso, il mare era molto comprensivo e, dopo avere capito le intenzioni di chi lo guardava con tanta insistenza, riprendeva il suo moto da risacca, dimostrandosi incurante dei presenti, con quel rumore sordo che contribuisce alla cicatrizzazione delle ferite del cuore e della mente.
Queste erano le giornate di sole di qualsiasi rigido inverno, ma anche di quelli meno rigidi, la baracca, la sedia e il mare. Il gestore di quel posto dovrebbe avere un riconoscimento in questa terra e nell'altro mondo, per l'opportunità che offre alle anime randagie, un encomio solenne per il contributo alla salute mentale di chi non avrebbe mai voluto fare ricorso agli usuali psico-farmaci.
L'iconografia tradizionale avrebbe previsto una birra, ma il freddo suggeriva cautela e indicava più consona alla contemplazione del mare, una bevanda calda, quale che fosse, dall'alcolico all'infuso, purchè l'energia diretta alla beatitudine dell'anima, non fosse in alcun modo deviata ai fini di riscaldamento del corpo.
Nelle giornate terse si poteva intravvedere la Corsica e l'Elba, poggiate con negligenza sulla linea dell'orizzonte, quasi fossero alla stessa distanza, mentre normalmente erano visibili, anche nella leggera foschia, sia la Capraia che la Gorgona.
Pur essendo da sud, la brezza leggerissima muoveva immaginari cristalli inesistenti di vera aria ghiacciata, così aguzzi da bucare senza pietà le parti di pelle esposte, era quindi bene coprirsi, seppure la tentazione fosse quella di aprire gli indumenti e procedere cantando al rito di adorazione di Aton, secondo gli insegnamenti della tradizione egizia.
Quello era il piccolo angolo di Paradiso terrestre, anzi marino, che ci era stato concesso in uso gratuitamente e grazie al quale riuscivamo a sopravvivere nella tempesta cervellottica, rappresentata dalla nostra vita quotidiana, così come ci era stata organizzata.
Seduti di fronte al mare, si perdono subito di vista le cose fondamentali della vita degli altri, non ha più senso l'economia, la finanza, la sopraffazione, la prepotenza, l'arroganza, la tracotanza e tutte quelle cose che rendono ingiusto un mondo che era (probabilmente) stato creato perchè tutti potessimo goderne. Seduto di fronte al mare ridiventavo il personaggio principale della mia vita e potevo dedicarmi a pensare, a fantasticare sui massimi sistemi e su un mondo che non sarebbe esistito, se non nelle mie visioni di quei momenti, concessi per la liberazione della mente da tutte le cattive nozioni che lo assediavano.
Era quello il mondo che volevo, non quello in cui ero costretto, ma a cui non volevo uniformarmi. Era quello il mondo che cercavo, ma mi aveva trovato lui.... erano anni che passavo di lì senza vedere nulla, poi un giorno che fui giudicato pronto, lui si manifestò e la mia vita è cambiata, forse troppo tardi, ma è cambiata.
Ora guardo il mare e ne traggo beneficio. Lui sa che lo guardo, ma sembra che non se ne curi, anzi semmai è contento, come se avesse acconsentito ad adottarmi a distanza, per quanto ravvicinata potesse essere. Io lo so che è così e lo guardo sempre con devozione e rispetto, come si guarda un padre o una madre. Forse per questo, fa finta di nulla, gli è bastato attraversare i miei occhi la prima volta....poi sono diventato suo figlio, forse non il prediletto, ma di certo suo.
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