lunedì 3 ottobre 2011

Il successo

Da qualche giorno mi chiedo cosa determini il successo di un essere umano e quando questi possa considerare di avere raggiunto il proprio fine e, quindi, avere avuto successo.
Probabilmente il tempo che avanza acuisce la necessità, o presunta tale, di fare dei bilanci e porsi domande sulla propria vita e sul senso che le abbiamo impresso.
Il problema, quando si entra in questi labirinti, è che non tutti sono d'accordo su cosa stabilisca il successo. Nella storia dell'umanità si è andata spesso consolidando la convinzione che la bilancia sia mossa dal verbo avere, con buona pace di Fromm.
Nel mondo contemporaneo, il denaro è un parametro molto ricercato per stabilire il grado di successo di ciascuno, ma anche la popolarità è un parametro importante. Diciamo che le sinergie fra diversi requisiti concorrono a muovere la classifica verso i primi posti.
Sappiamo quindi che molti di noi spendono la propria vita arrabattandosi fra mille problemi di concretezza quotidiana e che, alla fine, cercheranno la dignità nella pensione che si saranno guadagnati e nelle quattro mura che ospiteranno i loro uiltimi anni.
Una desolazione, in pratica costoro saranno vissuti inutilmente e non potranno vantare un palma res di successo. Degli esseri senza alcun significato umano, ecco!
Di contro ci sono tendenze di pensiero che mirano a svalutare ciò che si ha, privilegiando, nel giudizio finale, ciò che si è. Ed è qui che casca l'asino, perché chi ha, sarà ben felice di tenersi le sue cose e plaudire a chi "è", mentre chi è, avrà nel profondo del cuore l'amarezza di invidiare in qualche modo chi "ha" poichè questi gli ha portato via parte di ciò che la natura gli aveva riservato.
Come si vede, non c'è uscita e chiedere che senso ha la vita può portare a un circolo vizioso in cui il buon senso è l'unica cosa che manca.

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