sabato 13 agosto 2016

Referendum? No grazie.

Perchè votare al referendum?
Le ragioni del Sì sono sostenute da Renzi, il nuovo che avanza, che apre, tuttavia, una procedura pericolosa, quale è quella di fare una cosa di questo genere senza il necessario confronto con le opposizioni e scegliere la rischiosa strada del referendum confermativo popolare.
Diciamolo subito, le modifiche della Costituzione sono scritte male, in modo poco chiaro e troppo articolato per essere parte della Carta di una Nazione, ma questo è, ci sono aspetti buoni, altri cattivi, ma complessivamente la proposta è comprensibile.
Su questo si dovrebbe ragionare.
Chi è favorevole dice che chi vota contro vuole lasciare inalterate le cose e continuare a mantenere una nazione ingovernabile, un Parlamento doppione e dei costi altissimi.
Argomentazioni risibili e smantellabili almeno in parte con un po' di buona volontà, ma non per la bravura dell'interlocutore, ma per la scarsa preparazione di chi il SI difende con slogan e frasi fatte.
Chi è contro si divide in due fazioni, quelli che votano contro a prescindere e quelli che votano contro Renzi, nessuno che entri nel merito delle motivazioni che dovrebbero indurre a votare NO.
Questo è il punto della questione, siamo arrivati all'assenza di ragionamento, come abbiamo già tristemente constatato, si parla per slogan e per partito preso. 
Pochi giorni fa, il vate della rivoluzione nelle urne, Grillo Giuseppe da Genova, ha dichiarato che l'elettore deve far prevalere l'istinto primordiale (sic) e votare dopo aver guardato in faccia chi propone la riforma.
La profondità dell'argomentazone si commenta da sola e se tanto mi dà tanto, anche guardare in faccia chi vota NO, non mette allegria, così, tanto per dare un assaggio potremmo citare Gasparri, Santanchè, Scilipoti e Razzi, per tacer di Giovanardi e Mussolini, insomma, anche Dibba e Di Maio si trovano in un'allegra brigata di farabutti.
Ora che abbiamo visto le orde schierate per le due risposte, forse è meglio comprensibile il perchè del non voto a questa ennesima manifestazione di forza della dittatura in atto nel nostro povero e martoriato Paese: le destre (fascista, neoliberista, sociale, conservatrice e quant'altro) si sono dati appuntamento sotto le due bandiere del sì e del no, in modo da monopolizzare l'evento.
Se fossi costretto, non voterei SI, perchè non piace quello che sta scritto sui fogli.
Se fossi costretto non voterei NO, perchè non posso in alcun modo accomunare il mio voto a quello dei liberticidi di questo Paese, purtroppo in maggiornaza.
Non sono costretto e quindi resterò alla finestra a guardare il minuetto che balleranno tutti questi figuri, compresi quelli che si "tagliano lo stipendio", ma non le diarie e i rimborsi e i finanziamenti.

Dinastie

Dopo la dinastia Ming, la grandezza dell'Impero è andata scemando.
Ora è il momento della dinastia dei Minghioni.

venerdì 12 agosto 2016

Marketing

L'ottimismo era esaurito. La vendita promozionale era stata un successo inaspettato.
Duecento e passa confezioni di ottimismo puro volatilizzate in poche ore.
Ora non rimaneva che pensare alla prossima campagna vendite.
I creativi della Società erano stati particolarmente brillanti, avevano creato bisogni e inventato soluzioni per soddisfarli.
La migliore trovata era stata il buonismo, un prodotto inesistente, con cui veniva venduto del banale buon senso, di quello che si trova a basso costo ovunque, ma che offriva l'impareggiabile opportunità di creare due aree di mercato contrapposte: da una parte quelli che avevano abboccato e avevano acquistato il buonismo in ogni tipo di confezione, non rendendosi conto di pagare quaranta volte (e forse anche di più) lo stesso buon senso che avevano sotto casa, da cui differiva solo per il contenitore più curato  e l'etichetta accattivante.
Dall'altra parte quelli che il buon senso non lo avevano mai acquistato, né ricevuto in regalo; quelli che neanche immaginavano che esistesse, tanto erano abituati a vivere sotto la legge della massa, una specie di Far West dei nostri giorni, dove la banda più forte stabilisce le regole per sé stessa, infischiandosene bellamente dei diritti degli altri, ammettendo che, ai loro occhi, gli altri potessero vantare una qualche sorta di diritto.
Diciamola tutta, il buon senso aveva abbandonato le teste della stragrande maggioranza delle persone, tanto che alcuni erano diventati buonisti, cioè utilizzatori di un buon senso di maniera, ai limiti della banalità, ma che nulla aveva a che vedere col buon senso quello dei nostri nonni, tanto per intenderci; altri erano diventati (o forse lo erano sempre stati) dei biechi individui, dediti esclusivamente alla tutela del proprio tornaconto personale, ma erano spesso convinti di essere dei fenomeni socialmente e moralmente realizzati.
Complessivamente uno spettacolo desolante, che lasciava pochi spazi a una semplice e lineare ragionevolezza.

Sinistra

Essere sollecitati da un conservatore a indicare cosa significhi essere di sinistra, è un esercizio mentale che non avevo preventivato di fare, ma che ha, invece, degli aspetti salutari, proprio al fine di chiarire a sè stessi, prima che agli altri, se avere idee progressiste significhi essere sempre e comunque contro tutto e tutti, in nome di un massimalismo che emargina i propri propugnatori nell'eremo della critica sterile e improduttiva.
Se in questa contestazione esiste un qualche fondamento di verità, e probabilmente esiste, occorre riconoscere che troppo spesso chi si dichiara di sinistra, dà per scontati numerosi principi, che non sono per niente scontati, a dire il vero. Detti principi non sono, talvolta, neppure univoci.
È in questo momento che entrano in ballo le più disparate dichiarazioni di intenti, che a vario titolo si richiamano a temi cari al pensiero di sinistra, sin dai tempi degli embrioni del socialismo utopistico di Fourier e Saint-Simon e che non sono mai stati abbandonati, ma semmai declinati in molti, molti e forse troppi, modi differenti, secondo scale di valori e d'importanza che collocano i sostenitori in un ventaglio che (a mio giudizio) diventa, o rischia di diventare, troppo ampio per essere credibile se paragonato alla realtù che viviamo.
Cerchiamo allora di stabilire quali siano i punti (a mio avviso) irrinunciabili per chi voglia dichiararsi di sinistra.
È evidente a tutti che i principi sono quelli di ugualianza sociale, di libertà sociale e di partecipazione collettiva alla cosa pubblica, conformemente alle possibilità individuali, senza trascurare i temi della libertà individuale, della giustizia, sia essa sociale che individuale.
Com'è chiaro a chiunque, una prima scrematura di fondamenti, tagliati in modo grossolano con l'accetta, risulta accettabile per moltitudini di persone, tutti vogliono la libertà, tutti vogliono la giustizia, tutti vogliono la pari dignità dei cittadini. 
Ma se gli enunciati così generici accolgono un favore tanto trasversale, allora la differenza sta nel paradigma con cui questi valori vengono declinati.
Dobbiamo pertanto applicarci con paziente lavoro di cesello, per meglio definire quando grossolanamente evidenziato a colpi di scure.  Qui le cose cambiano e di molto anche.
Una società, altro non è che un raggruppamento di individui che stabilisce attraverso delle regole un ordinamento giuridico-sociale a cui fare riferimento.
Nell'ambito di questo raggruppamento verranno stabiliti dei diritti e dei doveri per gli appartenenti, e queste regole varranno in tutti gli ambiti della vita collettiva e, qualcuno, anche in quella privata.
In uno stato moderno e "democratico" (orribile sistema), che cercheremo di rendere accettabile, i cittadini hanno:
  1. Diritto di voto
  2. Diritto alla libertà
  3. Diritto alla salute
  4. Diritto all'istruzione
  5. Diritto al lavoro
  6. Diritto alla giustizia
  7. Diritto all'informazione


Diritto di voto

I cittadini hanno diritto di eleggere i propri rappresentanti e questo è condivisibile da tutti, grossomodo.
Quelle che scatenano conflitti sono le modalità. Davvero pensiamo che un sistema equilinrato possa contare sul contributo devastante di esseri privi della benchè minima sensibilità verso il Bene collettivo?
A occhio, direi di no, il voto è uno strumento importante e, se riconosciuto universale, occorre che tutti ne siano all'altezza, nessuno escluso, perchè quello stupido segno di matita su un foglio incide nella vita delle persone e quindi occorre che sia utilizzato con la massima consapevolezza.
La democrazia non è un sistema semplice, fruibile a tutti, altrimenti diventa lo schifo di sistema liberticida che ci sta annientando.

Diritto alla Libertà.

L'essere umano deve essere libero, anche quando sia cittadino. La libertà è un concetto complesso che richiede lo sviluppo di un grande senso di responsabilità. Purtroppo la dittatura democratica, che ha rovinato le vite di molti, si basa sul concetto di repressione delle libertà individuali e collettive, per lasciare posto a tutta una serie di proibizioni che limitano il volere dell'individuo.
Ci aiuteremo con un paradosso per meglio esporre il concetto di responsabilità individuale.
Lo Stato mamma premurosa ha stabilito che le persone che viaggiano su veicoli a due ruote lo facciano indossando un casco, per la loro salvaguardia e per non incidere negativamente sul bilancio collettivo.
Un essere umano deve essere libero di scegliere se indossare o non il casco, se preservarsi o meno. È ovvio che, laddove la scelta procuri danni che richiedono l'intervento della sanità pubblica, chi ha deciso di non indossare il casco pagherà gli interventi sanitari fino all'ultimo centesimo. Si chiama responsabilità.

Diritto alla salute

In un'organizzazione collettiva di società la salute e l'assistenza sono diritti irrinunciabili. Una sanità di "sinistra" prevede che gli interventi siano totalmente gratuiti per i redditi bassi e onerosi per quelli più alti. Va stabilito il limite oltre il quale la sanità deve essere a carico del cittadino e in che percentuale. La scelta democratica di curare tutti gratuitamente a prescindere dal reddito è una misura di destra che ovviamente favorisce i più ricchi a discapito dei più poveri. La sanità privata deve essere vietata o rigorosamente regolamentata e controllata dallo Stato.

Diritto all'Istruzione.

È un dibattito trito. La scuola deve essere solo pubblica, a totale carico dello Stato e in grado di esprimere livelli di eccellenza assoluta. Per conseguire questi ambiziosi risultati i controlli meritocratici su corpo docente e impiegatizio devo essere rigorosi e devono prevedere l'allontanamento di coloro che non contribuiscono al raggiungimento dei livelli alti previsti.
La scuola pubblica, se necessaria, può essere consentita, senza alcun contributo dello stato. a patto che sia controllata da appositi organi di Stato, che mirino a valutare il perseguimento dei programmi statali e la preparazione dei discenti 

Diritto al lavoro.

Una Società di sinistra si fonda sul lavoro e non può in alcun modo tollerare forme di sfruttamento di uomini su altri uomini, per le quali devono essere previste pene detentive non inferiori a 30 anni. 
Il lavoro non è un favore che l'imprenditore fa al lavoratore, ma uno scambio consenziente fra persone con pari dignità. 
Il lavoro sarà adeguatamente retribuito e regolamentato secondo criteri che non vadano a ledere la dignità dell'individuo. L'importo minimo della retribuzione oraria sarà decretato annualmente dallo Stato, sulla base di rigorose analisi economico-politiche di cui il Governo sarà responsabile civilmente e penalmente. 
L'ingresso e l'uscita dal lavoro avranno ampia flessibilità, laddove giustificato dalle esigenze delle aziende e anche la flessibilità oraria dovrà essere patteggiata con disponibilità di entrambe le parti.

Diritto alla Giustizia.

La Giustizia è un diritto dei cittadini che possono rivolgersi agli organi preposti, al fine di ottenere il riconoscimento dei propri diritti. I ricorsi alla Giustizia, se pretestuosi, ovvero ingiustificati, devono essere puniti in base al potenziale contributivo del ricorrente.

Diritto all'Informazione

Il diritto all'informazione è inalienabile. Tutti gli atti pubblici sono consultabili con l'eccezione di quelli che riguardano la sicurezza dello Stato. La falsificazione di atti pubblici, ovvero la falsificazione dei dati in essi contenuti a qualsiasi titolo è considerata tradimento nei confronti dello Stato