giovedì 1 maggio 2014

La colta ignoranza

"A volte capiva, a volte condivideva, a volte capiva e condivideva, ma più spesso non capiva. Era questo che rendeva inutile la condivisione. Infatti, se a menti allenate bene risulta logico che si possa condividere o non condividere, è opportuno inibire agli incomprendenti la divulgazione della loro visione non chiara."
Pensava questo, mentre rientrava al paese, dopo una lunga giornata nei campi ad osservare gli armenti che conducevano la loro normale vita quotidiana.
Strana vita quella degli ovini, sempre stretti in gruppo quasi a voler rendere più grossa la loro figura e allontanare così, o ridurre al minimo, il rischio di essere coinvolti e travolti da un'aggressione di predatori.
Ma non era  forse la stessa storia di sempre?
Non conosceva la storia di sempre, anzi, non conosceva la storia, forse non l'aveva mai conosciuta. Era figlio dell'ignoranza colta, quella strana creatura che aveva avuto momenti di grande popolarità presso i ceti inferiori, che portava alla lettura di intere librerie, senza capire cosa si stesse affrontando e che non permetteva di sganciarsi dalla bassezza del pensiero di appartenenza, pur nella convinzione di avere elevato il proprio essere.
Era quello che aveva portato la società a far prevalere il denaro sul pensiero, poiché fu finalmente defiinito in modo chiaro che la scalata sociale verteva soprattutto sull'accumulo di ricchezza materiale, piuttosto che sull'arricchimento del pensiero e dello spirito.
In realtà si era sentito deluso, per moltissimo tempo non aveva preso in considerazione che questa potesse essere una variante accettabile nella vita collettiva, ma aveva dovuto arrendersi all'evidenza.
D'altronde la possibilità che gli esseri umani potessero orientarsi in modo diverso era venuta chiaramente fuori, ma a parte l'entusiastico accoglimento a parole, nei fatti aveva fatto proselitismo per una sempre più minuscola rappresentanza.
Aveva ragione il suo ex amico quando affermava che nelle zone povere vogliono le stesse cose che vogliamo noi delle terre fortunate e agiate: una bella casa, una bella macchina, dei bei mobili, oggetti costosi. Aveva ragione nella prassi, frutto di una strategia perversa che mirava alla diseducazione dell'essenza, ma non nella verità profonda della vita.... quando ti sei comprato tutto, ti rendi conto che alcune cose non si possono comprare e difficilmente trovi chi te le dia, specie se è consapevole del tesoro che conserva dentro di sè.
Eppure, alcune volte, aveva avuto il dubbio. D'altronde se i più, e parliamo di una cifra molto consistente, pensavano determinate cose, all'esatto opposto delle sue, andava presa in considerazione l'ipotesi che fosse quella giusta.
Non c'era niente da fare il dilemma insolubile era proprio quello, stare male dalla parte giusta o stare bene dalla parte ingiusta.... e comunque, anche giusto e ingiusto, in questo caso, diventavano categorie eccessivamente restrittive e ambivalenti, nel senso che possono essere spostate indifferentemente da una parte e dall'altra, alla stessa stregua del concetto di bene e male.....
Il relativismo che si era impadronito del mondo lo portava in modo ondivago da una parte all'altra, sempre indeciso fra la terra e il cielo, e aveva impedito alle sue ali di svilupparsi in modo adeguato, ma non di spuntare..... come un tacchino, o uno struzzo..... e come lo struzzo spesso si copriva gli occhi nel vano convincimento di non essere visto.
E comunque, questo era e nulla avrebbe potuto mutarlo... la colta ignoranza aveva rovesciato il paradigma di riferimento, ribaltando il senso delle cose, sostituendo ai valori di difficile fruizione, disvalori di facile acquisizione, che avrebbero in pochi anni desertificato l'animo umano, alla stessa stregua di un virus indebellabile.

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