giovedì 7 giugno 2012

Il futuro.

Ha ragione chi afferma che bisogna vivere il presente, l'attimo fuggente di letteraria memoria. La prassi non è agilissima nell'esser perseguita, ma è percorribile con molta concentrazione e tanta buona volontà.
Il neo della faccenda, sta nell'impossibilità emotiva dei più, di vivere sempre nel presente. Lo stress generato nella testa di chi non ha dimestichezza col pensiero e la realtà, ha un impatto devastante.
Col passare del tempo, ci siamo convinti che il futuro e, quindi, il rimandare, siano stati predisposti a uso e consumo di chi non ha, al fine di evitare tardive, quanto inopportune richieste di nuova divisione della ricchezza, col solo scopo di riequilibrare un poco la disparità sociale presente anche (ma non solo) nelle società più agiate.
Enunciare "gli ultimi saranno i primi" significa allontanare l'orizzonte del benessere e della sofferenza che deriva dalla disegualianza, a vantaggio di chi ha, al punto da far sospettare, con qualche margine di ragione, che sia la stessa classe abbiente a perfezionare questa filosofia del rimando per evitare le brutte sorprese che l'acquisizione della consapevolezza porta spesso con sè.
In soldoni, potremmo dire che il futuro è reazionario, decisamente di destra, progettato e ipoteticamente prospettato al solo fine di mantenere lo status quo.
Ma non illuda questo fatto coloro che sperano nel "sol dell'avvenire", il presente non è di destra, ma nemmeno di sinistra. Infatti, non richiede l'elaborazione e la programmazione di piani quinquennali, tollerando solo l'immediatezza del comportamento coerentemente intelligente..

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