sabato 24 dicembre 2016

Gli attentatori e l'olio tunisino.

Riportiamo integralmente questa considerazione dell'on. Manlio Di Stefano, parlamentare italiano, sulla vicenda che ha coinvolto il cittadino tunisino Amri Anis, autore di una strage per fini religiosi, in un mercatino natalizio a Berlino, freddato in Italia qualche giorno dopo, da due agenta della Polizia di Stato.
Il fatto che l'onorevole Di Stefano sia un membro ai massimi livelli della classe dirigente di questo nostro povero Paese, può aiutarci a capire meglio come mai siamo arrivati a questo punto nella nostra vita collettiva.
A scanso di equivoci, ai fini di fermare subito eventuali accuse di voler gettare discredito su una qualsivoglia forza politica, la fonte è il profilo Facebook dell'onorevole Di Stefano, copiato e incollato integralmente, senza alcuna omissione e/o rettifica.

"ATTENTATI E COLPE DELLA POLITICA
Anis Amri, il terrorista di Berlino, è stato ucciso questa notte a Sesto San Giovanni. Degli ultimi 6 anni ne aveva passati 4 in Italia tra il riformatorio di Catania e il carcere Ucciardone di Palermo per atti di violenza e, nonostante fosse sotto "monitoraggio per atteggiamenti radicali anticristiani", è stato scarcerato nel maggio del 2015 per essere espulso. Inviato al Centro di Identificazione ed Espulsione di Caltanissetta le procedure si bloccarono per la mancata cooperazione della Tunisia che non riconobbe la nazionalità (per non prendersi indietro un delinquente...). Così la Procura di Caltanissetta fu costretta a rilasciarlo intimandogli di lasciare il Paese e lui, ovviamente, lo lasciò sì, ma non per tornare in Tunisia ma per andare in Germania, fare un attentato a Berlino e tornare senza problemi in Lombardia dove è stato ucciso stanotte.
Ora, in un caso così, le chiacchiere stanno a zero, non parliamo di un insospettabile, non parliamo di un rifugiato, non parliamo di uno dei tantissimi immigrati per bene che pagano le tasse e si spaccano la schiena tra di noi, parliamo di un clandestino che andava espulso verso uno dei pochissimi paesi con i quali l'Italia ha già un accordo per i rimpatri e che, invece, ha fatto i suoi porci comodi.
Perché, quindi, il rimpatrio non è avvenuto?
Perché Anis Amri non è stato caricato su un volo diretto a Tunisi e lì messo sotto sorveglianza?
Semplice, perché al Governo abbiamo dei poco di buono che non sanno farsi rispettare.
Ricordate quando ci dissero che l'Italia aveva fatto bene a liberalizzare l'importazione di olio tunisino? Avremmo rovinato l'economia pugliese ma avremmo sostenuto il Governo di Tunisi nella lotta al terrorismo e nella stabilità della regione garantendogli entrate economiche cospicue, ci dissero.
Uno quindi si aspetterebbe un Governo tunisino sull'attenti ogni volta che il Governo italiano lo chiama, ed invece porte in faccia.
Bella collaborazione abbiamo ottenuto in cambio, davvero complimenti, ci pisciano in testa e dicono che piove.
Il nostro Paese sta fallendo, da tutti i punti di vista, e questo avviene perché l'abbiamo affidato a incapaci, incompetenti e fannulloni buoni solo a parlare delle "classi dirigenti" altrui quando al loro interno la selezione l'hanno fatta tra gli scarti della società.
Questa gente va mandata a casa prima che sia troppo tardi, la polizia, che ringrazio, non potrà tenerci al sicuro in eterno senza una buona sponda politica."

Una chiave di lettura singolare e semplicistica, come non ci si aspetterebbe da un rappresentante delle Istituzioni dello Stato, ma tant'è. Questo è un esempio del livello medio dei nostri dirigenti politici e fatta qualche rarissima eccezione, è inutile che ci affanniamo, sono tutti uguali, questo è il segno dei tempi.

domenica 11 dicembre 2016

Bob Dylan e il Nobel per la letteratura.

Questo il discorso inviato da Bob Dylan all'Accademia di Svezia

“Buona sera a tutti.
Estendo i miei più calorosi saluti ai membri dell’Accademia Svedese e a tutti gli altri distinti ospiti qui presenti stasera. Sono dispiaciuto di non poter essere qui con voi di persona, ma sappiate che sono assolutamente con voi nello spirito e onorato di ricevere un così prestigioso premio. Essere premiato con il Nobel per la Letteratura è qualcosa che non avrei mai potuto immaginare o ritenere possibile. Sin dalla mia infanzia ho avuto familiarità e ho letto e assorbito i lavori di coloro che sono stati ritenuti degni di tale riconoscimento: Kipling, Shaw, Thomas Mann, Pearl Buck, Albert Camus, Hemingway. Questi giganti della Letteratura i cui lavori sono insegnati nelle scuole, ospitati nelle biblioteche in giro per il mondo e di cui si parla in toni riverenti mi hanno sempre fatto una profonda impressione. Il fatto che io ora aggiunga il mio nome a una simile lista mi lascia davvero senza parole.
Non so se questi uomini e queste donne abbiano mai pensato di ricevere un giorno l’onore di un Nobel, ma suppongo che chiunque scriva un libro, una poesia, una commedia in qualche parte del mondo conservi forse questo segreto in un posticino ben nascosto dentro di sé. E’ probabilmente così ben sepolto che forse neanche lo sanno.

Se qualcuno mi avesse mai detto che avevo anche una minima possibilità di vincere il Premio Nobel, avrei pensato che avevo forse le stesse possibilità di camminare sulla luna. Infatti, nell’anno in cui sono nato e per alcuni anni dopo, non c’era nessuno al mondo considerato abbastanza buono da vincere questo premio Nobel. Così riconosco di essere in una compagnia molto ristretta, a dir poco.
Ero fuori in strada quando ho ricevuto questa sorprendente notizia, e mi c’è voluto ben più di qualche minuto per metabolizzarla correttamente. Ho cominciato a pensare a William Shakespeare, la grande figura letteraria. Mi sono chiesto se si fosse riconosciuto come drammaturgo. Il pensiero che stava scrivendo letteratura forse potrebbe non essergli passato per la testa. Le sue parole erano scritte per il palcoscenico. Destinate a essere dette, non lette. Quando stava scrivendo Amleto, sono certo che stava pensando a un sacco di cose diverse: “Chi sono gli attori giusti per questi ruoli?”, “Come si dovrebbe mettere questa cosa in scena?”, “Voglio davvero ambientarlo in Danimarca?”. La sua visione creativa e le ambizioni erano senza dubbio al primo posto nei suoi pensieri, ma c’erano anche altre questioni più banali da considerare e affrontare: “Ci sono abbastanza finanziamenti?”, “Ci sono buoni posti sufficienti per i miei finanziatori”, “Dove lo vado a trovare un teschio umano?”. Scommetto che la cosa più lontana dai pensieri di Shakespeare fosse la domanda: “Questa è letteratura?”
Quando ho cominciato a scrivere canzoni da ragazzo, e anche quando ho cominciato ad avere qualche riscontro per le mie capacità, le mie aspirazioni per queste canzoni non andavano molto lontano. Pensavo che sarebbero state ascoltate nei bar, nei caffè, forse più tardi in posti come la Carnegie Hall o il Palladium di Londra. Se avessi davvero sognato in grande, avrei forse immaginato di fare un disco e poi di ascoltare le mie canzoni alla radio. Quello sarebbe stato davvero un gran premio per me. Fare dischi e ascoltare le tue canzoni alla radio significava che stavi raggiungendo un vasto pubblico e che avresti potuto continuare a fare quello che avevi progettato di fare.
Be’, ho potuto fare quello che avevo progettato di fare per un sacco di tempo ormai. Ho fatto dozzine di dischi e tenuto migliaia di concerti in ogni parte del mondo. Ma sono le mie canzoni il centro vitale di quasi ogni cosa che faccio. Sembrano aver trovato un posto nelle vite di molte persone attraversando molte diverse culture e sono grato per questo.
Ma c’è una cosa che devo dire. Come performer ho suonato per cinquantamila persone come per cinquanta persone, e posso dirvi che è più arduo suonare per cinquanta persone. Cinquantamila persone sono come una persona sola. Non così cinquanta. Ogni persona ha una sua individuale, separata identità, un mondo a sé stante. Possono percepire le cose più chiaramente. La tua onestà e come ti relazioni con la profondità del tuo talento sono messe alla prova. Il fatto che il comitato per il Nobel sia così piccolo non mi fa perdere di vista questo. Ma come Shakespeare, anch’io sono spesso occupato a inseguire i miei sforzi creativi e a concentrarmi su tutti gli aspetti delle banali questioni della vita: “Quali sono i migliori musicisti per queste canzoni?” “Sto registrando nello studio migliore?”, “Questa canzone è nella tonalità giusta?”. Alcune cose non cambiano mai, anche dopo 400 anni. Nemmeno una volta ho mai avuto il tempo di chiedermi “Le mie canzoni sono letteratura?”. Così devo ringraziare l’Accademia Svedese, sia per essersi presa il tempo di considerare questa grande domanda, sia per aver fornito una così meravigliosa risposta.
I miei migliori auguri a tutti voi, Bob Dylan”

10 dicembre 2016 – © The Nobel Foundation 2016.

lunedì 5 dicembre 2016

I numeri del sì e del no

Il Viminale annuncia che i cittadini che hanno partecipato al referendum costituzionale del 4 dicembre sono stati il 65,47% e cioé su 46.720.943 aventi diritto di voto, hanno votato 31.997.916.
Le schede bianche, nulle, o non assegnate, sono state 263.126, molte meno di quanto ci si potesse aspettare.
Hanno votato SI 12.709.515 italiani, hanno votato NO 19.025.275.
Il partito del NO, ha, quindi, vinto con uno scarto di 6.315.760.
Il primo dato oggettivo che se ne ricava è che, in tutti i casi, la minoranza degli italiani ha vinto un referendum costituzionale, perchè, comunque la si voglia mettere, 19 milioni di persone non sono la maggioranza di 46 milioni e rotti.
I democratici illuminati che frequentano il panorama politico dittatoriale del nostro tempo, affermano che chi sceglie di non partecipare al voto, non ha diritto di lamentarsi.
Scopriamo, di conseguenza, che il non partecipare a una consultazione referendaria (o più in generale all'inutile liturgia di questo simulacro di democrazia) fa perdere i diritti costituzionali al malcapitato che abbia avventatamente scelto questa via.
In realtà, noi paghiamo molto bene un popolo di fancazzisti, honesti e dishonesti, che non sono neppure in grado di decidere di comune accordo come modificare le regole del gioco, in modo che si eviti lo scempio di una legislatura ogni anno e mezzo.
Non lo sanno fare? non lo vogliono fare? prevalgono gli interessi di bottega?
Forse sì, per quanto sia lecito il sospetto che lo spirito agonistico abbia pervaso la vita politica, col risultato che l'importante non è curare il bene comune e l'interesse generale, ma solo vincere uno stolto campionato, peraltro ottimamente retribuito.
Questo è il risvolto meno gradevole della democrazia liberale, quella che ti opprime, facendoti credere che sei tu a decidere.
Ma è sempre più vicino il momento in cui il re sarà nudo. Sarà allora che mi piacerà osservare all'opera quelli che oggi fanno i puri difensori del popolo sovrano.
Siamo sempre quelli di Franza o Spagna, purché se magna.