venerdì 26 dicembre 2014

I cavalieri erranti.

Solo i numerosissimi errori commessi dai cavalieri erranti ne decretarono la scomparsa, non fu un clamoroso caso politico, come quello ben più triste di Jacques de Molay, solo distrazione, incuranza e comportamenti talmente superficiali da azzardare l'ipotesi che la Corporazione dei Cavalieri Erranti sia stata istituita a bella posta, al fine di concentrare la tipologia dei cavalieri cretini in un'unica grande congregazione, da non dover eliminare se non con la metodologia dell'autodistruzione che, in questo caso, come la storia ci ha testimoniato, ha funzionato benissimo.
Ciononostante, il mito del cavaliere errante è stato decantato nella letteratura europea con una visione romantica ante-litteram, quasi a significare il prevalere del fascino di questa figura il cui aspetto errabondo dominava rispetto a quello più semplicemente errante.
Il girovagare senza meta né posa di questi soggetti, dovuto esclusivamente alla poca chiarezza di idee e alla povertà dell'apparato intellettivo, venne invece attribuito, con un geniale colpo di mano culturale nell'ambito della correttezza interpretativa, alla spasmodica ricerca di situazioni, che le ingiustizie avevano sparso un po' ovunque, ove l'eroe potesse dare mostra del suo coraggio e della sua dedizione alla nobile causa del trionfo del Bene.
Compito, quindi, del cavaliere divenne, almeno nella teoria, quello di cercare il rifugio dove il Bene avrebbe dovuto penetrare per sconfiggere il Male e, dando sfoggio della propria abilità nelle armi, della propria arguzia strategica, risolvere ogni dramma mediante la soppressione del Cattivo, consentendo così il trionfo della Gioia.
Queste scialbe, quanto mitiche figure hanno popolato l'immaginario di scrittori e poeti, nonché animato la fantasia popolare per interi secoli, ritardando in modo colpevole il normale sviluppo di una società in cui la cavalleria era divenuta un inutile orpello.
La propensione alla scarsa capacità di valutazione e, quindi, all'errore, ha giocato per un buon periodo di tempo a favore di quanti vedevano nei cavalieri un sogno da proporre al popolino, ai fini esclusivi di mantenere le mani libere nell'uso e gestione del Bene collettivo.

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