sabato 3 novembre 2012

Riassetti territoriali.

Del comun di santa Zita

Ecco vien Bonturo Dati,                                             
Ecco Cino ed ecco Pecchio,
Che spazzarono le vie:

Ecco il Feccia ed ecco il Truglia,
Detti ancor bocche di luccio:                           
Il miglior di tutti è Nello,

Tutti a nuovo in bell’arnese,
Col mazzocchio e con la spada:
Il fruscío de le lor séte                                    
Empie tutta la contrada.

Il fruscío de le lor séte
Gran dispregio han su le ciglia:
Parlan tutti in una volta.                                  
Grave d’anni e piú di gloria
(Tre ferite ebbe di punta,
Due di mazza a la Meloria),

Stando a capo de i pisani,                                          
Come vecchio e maggior deve,
Cosí disse onesto e breve.

Di contese e cristïani,                                      
Noi veniamo a segnar pace
Colucchesi, noi pisani.

Prometteste: or ce li date.
E viviam, fratelli, in pace,                                
Se viviamo in libertate. –

Qui Bonturo si fa innanzi
Di tre passi, e parla adorno
Con retorici colori.                                         

Bel castello è Avane, e corte
Fu de i re d’Italia un giorno.
Vi si sente a mezza notte
Pequerceti un suon di corno.

Vi si sente a mezza notte                                 
Dietro ad una lepre nera

D’una lepre ebbe contesa                               
Con l’abate Sighinulfo,
Qual de’ due l’avesse presa:

Onde il re venuto in ira
Una mazza, e tutte gli ebbe                             

Gran ricordi, e, come a seggio
Pure Avane ed i suoi boschi
Noi vogliam che vi sian dati.                           

Tra le rocce grige e ignude

Ma su alto oh come belli                                
Ma su alto oh come lieti
Ne l’april svarian gli ulivi!

Le fanciulle fan corona,                                  
E di canti la collina
E di canti il pian risona,

Mentre pregni d’abondanza
Scricchiolando. Il ricco Buti                           
Noi cediam, pisani, a voi.

Ma d’Asciano in van pensate:
Quando a voi lo conquistammo,
Su le torri del castello
Quattro specchi ci murammo,                        

A ciò che le vostre donne,
Quando uscite a dameggiare,
Negli specchi dei lucchesi
Le si possan vagheggiare. –

E qui surse tra i lucchesi                                
Uno sconcio suon di risa.
A i pugnali sotto i panni
Miser mano quei di Pisa.

Con un cenno di comando                            
Frenò l’ire, e, su i lucchesi

– Otto giornidisse, e tese
Contro Lucca avea le mani, –
E vedrete quali specchi                                 
Han le donne de i pisani. –

Sette giorni: e a Pisa, in ponte,
Di sol dodici denari.                                     

Stava presso la candela,
Copennoni del comune

E sonava a piú riprese                                  
De la tromba, e urlava forte:
Viva il popolo di Pisa
A la vita ed a la morte!

Mercatanti e buoni artieri;                            
E voi conti di Maremma

Voi di Corsica visconti,
Voi marchesi de’ confini;
Voi che re siete in Sardegna                         
Ed in Pisa cittadini;

Voi che in volta dal levante
Mainaste or or la vela:
E si spenga la candela,                                 

Fuori porta del Parlascio,
Su, su, popolo di Pisa,

Fuori porta del Parlascio,                             
Con gran cuore, a lancia e spada!
Messo ha in punto la masnada.

Tutto ferro l’ampio busto,
Ed il grande capo ignudo,                             
Sta su ’l grande caval bianco

Che ben quattro partigiane
Regge, e, come fosser ceci,
De’ lucchesi i verrettoni                                
Regge infitti a dieci a dieci. –

Va col sole di novembre,
Va la fiera cavalcata.                                    


Forte odora per le ville                                
La vendemmia già matura:
Ahi, quest’anno san Martino

O lucchesi, il vostro santo
Non è piú, mi par, con voi.                          
Il pisan cacciasi avanti

Fugge innanzi a quella furia,                         

Lucca dietro le sue torri
Teme l’ultima giornata.                                

I pisani oltre le mura
Togli su, pantera druda,
Togli su questi bocconi.

Tali specchi, o Lucca bella,                         
Pisa manda a le tue donne: –
E rizzaron su la porta

E due specchi in vetta in vetta,
Grandi e grossi come bótti,                         
V’appiccarono: ed intorno

Ma Tigrin de la Sassetta,
Trasse a corsa pecapelli                           
Un lucchese che fuggiva,

E la spada per le reni
Una volta e due gli fisse;
Tinse il dito entro quel sangue,
Su la porta cosí scrisse:                              

Manda a te, Bonturo Dati,
Che i lucchesi hai consigliati,
Da la porta a San Friano
Questo saluto il popolo pisano.

Giosué Carducci (1875)

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