Sono tempi bui, c'è voluta una minaccia di morte virale, per scuotere il sistema fino alle fondamenta. E ce ne vuole, il tanto decantato popolo, anzi Popolo, quello che ha sempre ragione, quello che è sovrano, quello che è anima di follie come uno vale uno, quel popolo lì ha voluto mostrarsi in tutta la sua più totale mancanza di senso del collettivo.
I fatti sono noti a tutti, la lotta contro un agente invisibile porta a lottare per il mantenimento delle proprie abitudini e dei propri stili e così, anche stavolta il popolo italico ha dimostrato che non sa essere popolo, ma solo insieme di tante piccole, quanto insignificanti individualità.
Quindi affollamenti che considereremo ingiustificati, alla luce degli allerta lanciati da tutti gli organi di tutela della salute pubblica, tanto che si è dovuto ricorrere a decreti governativi per limitare la libertà di tutti e, probabilmente, non è finita qui.
L'indifferenza ha lasciato ben presto il posto all'ansia e poi al timore, che è ben presto diventato paura. Sono bastate le immagini di un pugno di camion militari che trasportavano bare, per diffondere l'allarme.
Improvvisamente l'italiano medio ha scoperto che si muore. ha scoperto che le movidas non sono sinonimo di elisir di lunga vita e che un nemico silente si può e si deve combattere, cambiando seriamente il paradigma di riferimento.
Questo improvviso cambiamento getta ben nuove luci sui nostri convincimenti e sul nostro pensare la nostra vita, sia individuale, che collettiva.
La nostra vita, fatta di rapporti virtuali, superficiali e di facili tornaconto, per la prima volta dal tempo della guerra, mostra la sua fragilità e la sua inconsistenza, di fronte al primo vero ostacolo che dimostra a tutti come sottile sia la linea rossa che demarca il respiro. Proprio quel respiro che il virus contribuisce a minare.
Eppure, nel frastuono dei riti scaramantici, della paura di perdere il proprio status privilegiato di "vivo", pochi si soffermano sul fatto che è un buon periodo per morire, in questa terribile vicenda si muore in pace.
Si muore da soli, dicono i sanitari esperti solo di soccorso e non di etica. Si muore sempre da soli e, nel momento del trapasso, poco importa che ci sia qualcuno, la natura provvede a fornirci quel tanto di inconscienza che basta per passare il guado senza rendersene conto. La porta del nuovo stato si apre quasi senza cigolio alcuno.
È in questi frangenti che il funerale diventa un rito collettivo, tanto confortante, quanto inutile, di chi resta. Ed è questo che manca, mancano i funerali, manca il poter dire "è spirato tra le mie braccia", manca il ritrovarsi vivi intorno a una salma per poter affermare la propria essenza, manca quel rito che proietta un mondo dei "Più" una dimensione che diventa Paradiso o Karma a seconda delle esigenze di sopravvivenza di chi le pratica.
Paradossalmente viene indicato come critico uno dei pochi punti positivi di questa sventurata epoca, in cui ci si è convinti che morire in compagnia sia possibile e che sia un'esperienza migliore del morire da soli. De André ci aiuta sempre, quando si tratti di esplorare le pieghe peggiori dell'animo umano e chiudiamo con lui.
La morte verrà all'improvviso
avrà le tue labbra e i tuoi occhi
ti coprirà di un velo bianco
addormentandosi al tuo fianco
nell'ozio, nel sonno, in battaglia
verrà senza darti avvisaglia
la morte va a colpo sicuro
non suona il corno né il tamburo.
avrà le tue labbra e i tuoi occhi
ti coprirà di un velo bianco
addormentandosi al tuo fianco
nell'ozio, nel sonno, in battaglia
verrà senza darti avvisaglia
la morte va a colpo sicuro
non suona il corno né il tamburo.