mercoledì 2 dicembre 2015

La libertà ai tempi dell'Isis

Il concetto di libertà è come un organismo unicellulare; al pari di esso, si adatta ai momenti e alle situazioni in cui si trova a dover vivere. Al pari di esso cerca nell'adattabilità e nella capacità di essere flessibile un proprio spazio vitale, incurante del passato e del futuro, uno spazio che sia fruibile solo nel presente.
Il nostro pensiero è assuefatto a una visione della libertà come valore assoluto, unico e immutabile. In realtà, non sappiamo se sia effettivamente così, o se a fronte di una negazione totale dei privilegi che insieme formano il nostro essere liberi, si possa considerare il concetto di libertà come un'entità invariabile, immutabile, senza limiti o confini: che c'è, o non c'è.


Il comune denominatore

Non è difficile cercare di instaurare rapporti umani, purchè non ledano i confini che ciascuno si crea nello spazio prospiciente il territorio comune. In altre parole, ciascuno tenta di allargarsi finché gli viene concesso.
Questo dimostra che non esiste una benchè minima volontà di autoregolamentazione degli esseri umani.
Tutti sono propensi a usare parole come rispetto, attenzione, ma solo a parole, nei fatti le cose sono ben diverse.
La tendenza a sconfinare in territori illeciti è comune a entrambi i generi, sia i maschi che le femmine possono vantare questa peculiarità come loro tratto intimo, salvo poi negare le evidenze, come spesso succede, poiché a nessuno piace assumersi le proprie responsabilità e anni di pessimo riflusso, ci hanno insegnato che è molto gratificante prendersi i meriti, specie se di qualcun altro, mentre le responsabilità sono costantemente da ricercare altrove, sicuramente lontano da noi. 
I rapporti conflittuali, quindi, si sprecano e ciascuno ritiene di avere la logica della ragione dalla propria parte, spesso a supporto di posizioni indifendibili.
Mi è stato fatto osservare di recente, che se uno è il comune denominatore di tutta una serie di rapporti conflittuali, sarebbe opportuno che si facesse delle domande, prima di chiamarsi fuori da ogni responsabilità.
Mi piacciono poco queste chiamate a correo, che tanto ricordano quel Craxi che in Parlamento asseriva che le sue pratiche venivano seguite da tutti e che quindi non era da condannare.
Ma nel caso delle relazioni umane, non ci sono Craxi che tengano. 
Tuttavia, per onestà intellettuale la considerazione maligna e maliziosa è stata ammessa, per quanto rifacentesi a una discutibile logica dei grandi numeri e cioé: se tutti si comportano con te in modo conflittuale, è estremamente probabile che sia tu il problema e non gli altri.
Questo teorema risponde a pieno alla logica della maggioranza che fa legge. Purtroppo, sappiamo bene che non sempre è così, anzi la massificazione dei comportamenti e dei sentimenti sta portando a un graduale, ma inesorabile imbarbarimento dei costumi, che è sotto gli occhi di tutti.
Sono stati sterminati sei milioni di ebrei in nome di una logica di maggioranza e la storia offre innumerevoli spunti per confutare in modo drastico e definitivo la tesi che giustifica la maggioranza a danno della virtù.
È vero che in un mondo dove tutti siano ladri, il furto potrebbe essere depenalizzato, cionondimeno resta un atto riprorevole e se una minoranza, per quanto sparuta, lo sostenesse, non sarebbe da considerare in modo negativo solo poiché i più rubano.
Essere il comune denominatore di una serie di comportamenti sbagliati di terzi, non significa necessariamente essere in torto, ma solo che si ha a che fare con un'umanità che si rifiuta di crescere e di prendersi le proprie responsabilità.
La smania di espandere i propri confini in territori altrui è così forte nella maggioranza delle persone ed è probabilmente legata alla voglia di correre e non fermarsi, poichè la sosta favorisce il pensiero e questo non piace a molti, anche a quelli che ci sarebbero portati (a pensare).
Ciascuno dovrebe limitarsi a pensare al proprio territorio, ai propri atti e ai propri pensieri, evitando di proiettare le proprie contraddizioni, addossandole ai pensieri di altri, la cui unica colpa è darci ascolto anche nei momenti in cui sarebbe più utile ed educativa una scrollata di spalle e un repentino allontanamento.
Ma mi rendo conto di come questo concetto sia troppo sofisticato, è quindi meglio continuare nella conflittualità che tanto piace alle menti semplici, a quelli che si sento ai margini, a quelli che si sento esclusi, a quelli che si sentono violati, a quelli che si sentono incompresi, a quelli che pensano di avere compreso tutto.
Quella stessa conflittualità da cui ci si può chiamar fuori in ogni momento, in nome di quella inviolabilità del proprio spazio vitale, sancita dalla volontà divina.